Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 18379 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 18379 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il 07/01/1993
avverso l’ordinanza del 08/11/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza dell’8 novembre 2024 la Corte di appello di Roma ha, tra l’altro, rigettato l’istanza, proposta da NOME COGNOME intesa alla sostituzione della pena detentiva di un anno di reclusione, inflittagli con sentenza del Tribunale della stessa città del 31 marzo 2017, divenuta irrevocabile il 10 novembre 2023, per il reato di cui all’ad. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, con la corrispondente pena pecuniaria o, in subordine, con il lavoro di pubblica utilità.
Ha, a tal fine, formulato una prognosi negativa in relazione all’adempimento, da parte del condannato, delle prescrizioni connesse all’invocata sostituzione, giustificata dal suo curriculum criminale, che reca traccia di ulteriori condanne per reati della stessa indole e, specificamente, della recente commissione di altra violazione della normativa in materia di sostanze stupefacenti che costituisce, ha rilevato, «indice di una pervicace propensione delittuosa, protrattasi, nel caso di specie, per un ampio arco temporale (si vedano analoghe condanne per reati commessi dal 2012 al 2018), a fronte della quale si richiede un trattamento repressivo e rieducativo di particolare ed appropriata intensità, non garantita dalla pena sostitutiva».
NOME COGNOME propone, con l’assistenza dell’avv. NOME COGNOME ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, con il quale lamenta violazione di legge e vizio di motivazione per avere il giudice dell’esecuzione imperniato il giudizio sui suoi soli precedenti penali e senza tener conto, come previsto, della gravità del fatto per cui è intervenuta la condanna che, nel caso di specie, è stato riconosciuto come di «lieve entità» e, quindi, scarsa offensività, al pari di quello, della stessa natura, da lui commesso a distanza di alcuni anni.
Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché vedente su censure manifestamente infondate.
La giurisprudenza di legittimità ha ribadito, anche a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150 e, precipuamente, dell’introduzione dell’ad. 545-bis cod. proc. pen., che, in tema di pene sostitutive di pene detentive
brevi, il giudice è vincolato, nell’esercizio del suo potere discrezionale, alla valutazione dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sicché il suo giudizio, se su punto adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità (Sez. 3, n. 9708 del 16/02/2024, Tornese, Rv. 286031 – 01)
La verifica della sussistenza dei presupposti per l’adozione di una sanzione sostitutiva è, pertanto, legata agli stessi criteri previsti dalla legge per l determinazione della pena, onde il giudizio prognostico positivo, cui è subordinata la possibilità della sostituzione, non può prescindere dal riferimento al complesso degli indici individuati dall’art. 133 cod. pen. (Sez. 2, n. 25085 del 18/06/2010, COGNOME, Rv. 247853 – 01).
Ne discende – è stato, da ultimo, precisato – che il giudice «non può argomentare la prognosi negativa in ordine all’adempimento delle prescrizioni da parte dell’imputato facendo esclusivo riferimento ai suoi precedenti penali (Sez. 2, n. 8794 del 14/02/2024, COGNOME, Rv. 286006 – 02), ma può, nondimeno, trarre elementi di valutazione dalla natura e dal numero di essi, oltre che dall’epoca di commissione degli illeciti» (Sez. 2, n. 45859 del 22/10/2024, COGNOME, Rv. 287348 – 01), fermo restando il dovere: di valutare la congruità della pena attraverso i criteri sia di gravità del fatto che di pericolosità del soggetto; di indicare, in chiav prognostica, le ragioni per cui gli elementi considerati rendono la pena sostitutiva inidonea a raggiungere la finalità rieducativa (Sez. 5, n. 39162 del 04/10/2024, F., Rv. 287062 – 01); di assicurare il bilanciamento tra le istanze volte a privilegiare forme sanzionatorie consone alla finalità rieducativa, quali le pene sostitutive, e l’obiettivo di assicurare effettività alla pena (Sez. 5, n. 17959 del 26/01/2024, Avram, Rv. 286449 – 01).
3. Il provvedimento impugnato è coerente con i canoni ermeneutici testé richiamati, perché imperniato sulla considerazione del vissuto criminale di Collicenza il quale, si legge nel suo certificato penale, vanta tre condanne per reati in materia di narcotraffico, commessi tra il 2012 ed il 2018, ed è stato autore, secondo quanto indicato dalla Corte di appello, di altro analogo episodio nel maggio del 2022, ciò che ne attesta la spiccata capacità a delinquere ed induce a ritenere l’inefficacia, a fini rieducativi, delle invocate sanzioni sostitutive, compresa quella richiesta in via subordinata, comportante prescrizioni sul cui rispetto non è possibile, alla luce del vissuto criminale di Collicenza, confidare.
A fronte di un percorso argonnentativo esente da tangibili vizi logici e coerente con la cornice normativa di riferimento, il ricorrente ascrive al giudice dell’esecuzione di avere espresso una valutazione monca, perché non preceduta dalla necessaria, concorrente considerazione del ridotto coefficiente di offensività della condotta che gli è valsa la condanna alla pena della cui esecuzione si discute,
comprovato dalla qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
L’obiezione, pur astrattamente pertinente, non giova alla causa di Collicenza, perché parametrata al solo inquadramento del comportamento illecito e non anche alle concrete connotazioni del fatto accertato.
In proposito, va considerato che dall’inserimento dell’episodio criminoso tra quelli di «lieve entità» non discende, per necessità, il riconoscimento della sua modesta – in termini assoluti – offensività, connesso, tra l’altro, a natura e quantità della sostanza stupefacente illecitamente detenuta o commerciata, da cui dipende, peraltro, la commisurazione del trattamento sanzionatorio.
Nel caso in esame, il ricorrente si è, come detto, limitato a segnalare la qualificazione della condotta ai sensi del citato comma 5 e non ha spiegato perché quella determinata vicenda, al pari di quelle analoghe delle quali egli è stato, in epoca sia precedente che successiva, protagonista, non osta alla formulazione di una prognosi ottimistica in ordine all’attitudine rieducativa della pena sostitutiva ed al rispetto delle prescrizioni eventualmente ad essa connesse.
La genericità, sotto questo aspetto, del motivo di impugnazione appare tanto più evidente, del resto, ove si osservi che – per quanto si evince dalla documentazione in atti – la pena della cui sostituzione si discute è stata irrogata a Collicenza per avere detenuto, a fini di cessione a terzi, circa quindici grammi di cocaina, suddivisa in distinti involucri, per complessive sessantadue dosi singole, ovvero per aver posto in essere una condotta connotata da un non minimale tasso di offensività e, dunque, senz’altro idonea a supportare, in uno agli elementi relativi alla personalità del colpevole, la reiezione dell’istanza di sostituzione della pena detentiva.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale, rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, équitativannente fissata in 3.000,00 euro,,
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 13/02/2025.