Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20342 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20342 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a San Severo il 29/9/1969 avverso l’ordinanza del Tribunale di Foggia del 24/9/2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 24.9.2024, il Tribunale di Foggia, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha provveduto su una istanza di applicazione in sede esecutiva a NOME COGNOME delle pene sostitutive della pena detentiva irrogata con una sentenza di condanna definitiva.
Il Tribunale ha rigettato l’istanza, alla luce della circostanza che il condannato è gravato da numerosi precedenti penali ‘puntualmente reiterati nel tempo’, i quali fanno ritenere che NOME COGNOMEpossieda una pericolosità qualificata’ e che
ricorra il concreto pericolo che egli violi le prescrizioni della pena sostitutiva e non si astenga dal commettere reati.
Avverso la predetta ordinanza, ha proposto ricorso il difensore di COGNOME articolando un unico motivo, con cui deduce omessa motivazione e violazione dell’art. 58 L. n. 689 del 1981.
Lamenta che il giudice dell’esecuzione abbia rigettato la richiesta esclusivamente sulla base dei precedenti penali dell’istante, che costituiscono solo uno dei criteri previsti dall’art. 133 cod. pen.
Non è stato valutato, di contro, che NOME è stato detenuto ininterrottamente negli ultimi dodici anni e che da due anni è stato ammesso alla misura alternativa della detenzione domiciliare, durante la quale ha sempre rispettato le relative prescrizioni.
Inoltre, il giudice non ha valutato se nel novero delle pene sostitutive ve ne fosse qualcuna -per esempio, la detenzione domiciliare, rispetto alla quale non opera la presunzione di inadempimento delle prescrizioni ex art. 58 L. n. 689 del 1981 -idonea al reinserimento del condannato.
Con requisitoria scritta del 6.2.2025, il Sostituto Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso, osservando che il provvedimento impugnato ha indicato le ragioni poste alla base del giudizio prognostico negativo circa l’adempimento delle prescrizioni previste per l’applicazione delle pene sostitutive, con una motivazione conforme a logica che il giudice ha adeguatamente collegato, nell’esercizio del suo potere discrezionale, alla valutazione dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito esposte.
L’art. 58 L. n. 689 del 1981 stabilisce innanzitutto che il giudice, nell’esercizio del proprio potere discrezionale in ordine all’applicazione delle pene sostitutive, deve tenere conto dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen.
Si tratta di previsione che, già contenuta nella originaria formulazione dell’art. 58, è rimasta inalterata anche a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150.
Di conseguenza, non v’è ragione di discostarsi, su tale punto, dalla pregressa giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in tema di sostituzione di pene detentive brevi, la valutazione della sussistenza dei presupposti per l’adozione, ai sensi
dell’art. 53, legge 24 novembre 1981 n. 689, di una pena pecuniaria in sostituzione di una detentiva, pur essendo legata ai medesimi criteri previsti dall’art. 133 cod. pen. per la determinazione della pena, non implica necessariamente l’esame di tutti i parametri contemplati nella predetta norma (Sez. 7, n. 32381 del 28/10/2020, COGNOME, Rv. 279876 -01; Sez. 2, n. 28707 del 3/4/2013, COGNOME, Rv. 256725 – 01; Sez. 5, n. 10941 del 26/1/2011, Orabona, Rv. 249717 -01).
2. La modifica dell’art. 58 L. n. 689 del 1981 intervenuta con il D.Lgs. n. 150 del 2022 ha previsto ora che il giudice, una volta valutati i criteri di cui all’art. 133 cod. pen., può applicare una delle pene sostitutive, non solo quando risultano più idonee alla rieducazione del condannato (la previgente formulazione già faceva riferimento al ‘reinserimento sociale’), ma anche se ‘assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati’.
Peraltro, non sembra ininfluente, sotto questo profilo, il fatto che l’art. 545 -bis cod. proc. pen., introdotto contestualmente alla riforma della disciplina delle pene sostitutive contenuta nella L. n. 689 del 1981, subordina la sostituzione della pena detentiva alla condizione che non ne sia stata ordinata la sospensione condizionale dal giudice della cognizione.
Si tratta di un dato normativo dal quale potersi desumere, almeno indirettamente, che la sussistenza di precedenti condanne a carico dell’imputato non può essere ritenuta ex se quale elemento ostativo alla concessione delle pene sostitutive (a ritenere di impedimento i precedenti penali, infatti, si determinerebbe in una apprezzabile parte dei casi la pratica inapplicabilità della sanzione sostitutiva, giacché il diniego della sospensione condizionale della pena, che ne costituisce il presupposto di applicazione, è non raramente legato ex artt. 163 e ss. cod. pen. alla esistenza di precedenti condanne).
Questo vuol dire, pertanto, che la presenza di precedenti condanne non costituisce, di per sé sola, ragione sufficiente per il rigetto della richiesta di applicazione delle pene sostitutive, ma non esclude, tuttavia, che il giudice ne possa tenere conto ai fini del giudizio prognostico richiesto dall’art. 58 L. n. 689 del 1981 circa la idoneità della pena sostitutiva ad assicurare la prevenzione del pericolo di commissione di ulteriori reati (cfr. Sez. 2, n. 8794 del 14/2/2024, Pesce, in motivazione).
In questa prospettiva, si è condivisibilmente ritenuto che il giudice, in tema di pene sostitutive di pene detentive brevi, possa trarre dai precedenti penali elementi di valutazione dalla natura e dal numero di essi, oltre che dall’epoca di commissione degli illeciti (Sez. 2, n. 45859 del 22/10/2024, COGNOME, Rv. 287348 -01).
In definitiva, si può affermare, allora, che il riferimento ai precedenti penali del condannato rappresenta una motivazione coerente con il sistema normativo se, a partire da essi, si individua il motivo specifico per cui è possibile formulare una mirata prognosi negativa circa il pericolo di commissione di reati e, quindi, circa la inidoneità della pena sostitutiva alla rieducazione del condannato.
Ciò detto, il giudice, nel caso in esame, ha genericamente richiamato il numero dei precedenti penali del condannato, facendone discendere un giudizio prognostico di qualificata pericolosità di COGNOME e di inadempimento delle prescrizioni imposte con una eventuale pena sostitutiva.
Nessun riferimento si rinviene, invece, nel provvedimento impugnato alla tipologia dei reati precedenti ed all’epoca della loro commissione, né, per vero, a quelli del reato per cui è intervenuta la condanna a pena detentiva che si chiede di sostituire.
Questo vuol dire che non solo non è stata esplicitata, ma che nemmeno sono desumibili i criteri in base ai quali potrebbe essere stata formulata, la valutazione dell’incidenza concreta dei precedenti circa la inidoneità di una eventuale pena sostitutiva alla rieducazione del condannato (che rimane pur sempre il motivo ispiratore della riforma, fondata sull’obiettivo di dare effettività al finalismo rieducativo della pena per il tramite di modelli sanzionatori alternativi al carcere).
L’ordinanza impugnata, invece, afferma solo apoditticamente il carattere ostativo dei precedenti, peraltro richiamando, per fondare il diniego della pena sostitutiva, una pronuncia di questa Corte, la quale muove, tuttavia, da un principio non proprio conciliabile con le conseguenze che ne ha fatto discendere il Tribunale di Foggia, e cioè che ‘l’applicazione delle pene sostitutive non solo non è incompatibile con il pericolo di recidiva, ma costituisce la specifica modalità prescelta dal legislatore per arginarlo al meglio, sia pure in un’ottica che si proietta necessariamente dopo il completamento del percorso rieducativo conseguente all’applicazione’ (Sez. 5, n. 43622 dell’11/7/2023, non massimata).
Del resto, a leggere nella sua interezza l’art. 58 L. n. 689 del 1981, il pericolo di commissione di altri reati non è ex se preclusivo della sostituzione della pena detentiva, ma lo diventa solo se non si possa individuare una pena sostitutiva idonea ad assicurarne la prevenzione (la norma, infatti, prevede che il giudice ‘ può applicare le pene sostitutive della pena detentiva … quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati’).
In questa prospettiva, per esempio, l’ordinanza impugnata non si confronta con il dato, desumibile anche dal certificato del casellario giudiziale, che NOME, con provvedimenti di tribunali di sorveglianza diversi, sia stato già
precedentemente ammesso alla esecuzione di precedente cumulo di pena nelle forme della detenzione domiciliare.
Di conseguenza, il giudice, nel primo apprezzamento che deve operare ex art. 58 L. n. 689 del 1981 sull’assenza di preclusioni circa la possibilità astratta di disporre la sostituzione delle pene detentive brevi, è tenuto a valutare i criteri di cui all’ar t. 133 cod. pen. in continuità con la valutazione che ne ha fatto in sede di determinazione della pena da infliggere (Sez. 2, n. 8794 del 14/2/2024, Pesce, Rv. 286006 – 01), nel senso che, quando il giudice della condanna abbia determinato la pena in una misura contenuta che consente in astratto l’applicazione di una pena sostitutiva, la successiva decisione che neghi tale applicazione sulla base di una affermata elevata pericolosità dell’imputato deve motivatamente indicare dati e informazioni sulla base dei quali formula una specifica prognosi di inidoneità della pena sostitutiva alla rieducazione del condannato.
Sulla scorta di quanto fin qui osservato, dunque, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Foggia in diversa persona fisica (Corte cost. n. 183 del 2013), perché proceda ad un nuovo esame alla luce dei principi sopra indicati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Foggia.
Così deciso il 7.3.2025