Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 19816 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
PRIMA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 19816 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/02/2025
– Presidente –
NOME COGNOME
CC – 27/02/2025
R.G.N. 186/2025
EVA TOSCANI
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOMECOGNOME nato in MACEDONIA, il 16/02/1978 avverso il decreto del 20/12/2024 del Tribunale di Sondrio udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni formulate dal Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata limitatamente alla mancata applicazione della disciplina delle pena sostitutive alla pena irrogata a COGNOME con la sentenza della Corte di appelllo di Milano del 26.02.2019, irrevocabile il 19.02.2020;
RITENUTO IN FATTO
Con il decreto in epigrafe, emesso il 20 dicembre 2024, il Tribunale monocratico di Sondrio, giudice dell’esecuzione, ha dichiarato inammissibile l’istanza di NOME COGNOME di sostituzione in sede esecutiva delle pene detentive irrogate al medesimo – in virtø della sentenza della Corte di appello di Milano del 26.02.2019, confermativa della decisione del Tribunale di Sondrio del 10.05.2017, irrevocabile il 19.02.2020, e in virtø della sentenza della Corte di appello di Milano del 16.05.2022, confermativa della decisione del Tribunale di Sondrio del 6.05.2021, irrevocabile in data 1.07.2022 con la pena pecuniaria sostitutiva e/o con il lavoro di pubblica utilità.
A ragione il Tribunale ha osservato che il disposto di cui all’art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, Ł immediatamente preclusivo rispetto alla sostituzione delle pene detentive chiesta da COGNOME, in relazione al fatto che l’istanza Ł stata presentata soltanto il 21 novembre 2024, quando ormai tale norma non aveva alcuna possibilità di essere applicata.
Avverso il decreto ha proposto ricorso il difensore di COGNOME chiedendone l’annullamento e affidando l’impugnazione a tre motivi.
2.1. Con il primo motivo, si lamenta la violazione di legge per la definizione del procedimento con decreto senza la previa instaurazione del contraddittorio.
Dopo aver premesso che la sentenza della Corte di appello di Milano del divenuta irrevocabile il 19.02.2020 aveva condannato COGNOME alla pena di anni uno di reclusione, per la quale era stata concessa la sospensione condizionale, poi revocata con provvedimento del giudice dell’esecuzione del 28.10.2024, e che la sentenza della Corte di appello di Milano divenuta irrevocabile in data 1.07.2022 aveva condannato COGNOME alla pena di anni uno, mesi due di reclusione, per la quale era stata concessa la sospensione condizionale, pure revocata con il provvedimento del 28.10.2024, la difesa contesta l’implicita considerazione alla base del provvedimento impugnato inerente alla natura – perentoria, e non ordinatoria – del termine di trenta giorni entro il quale, ai sensi dell’art. 95 d.lgs. n. 150 del 2022, occorreva richiedere l’applicazione della pena sostitutiva: ai sensi dell’art. 173 cod. proc. pen., soltanto l’espressa previsione che essi sono previsti a pena di decadenza rende perentori i termini e, nel caso in esame, tale previsione manca nella disposizione istitutiva del termine.
2.2. Con il secondo motivo si denuncia l’erronea applicazione dell’art. 95 cit.
L’impostazione del provvedimento impugnato viene ritenuta non conforme a norma laddove ha considerato determinante il fatto che una delle due sentenze di condanna era divenuta irrevocabile in tempo antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022 e ha ricollegato a tale dato l’inapplicabilità del procedimento esecutivo previsto dall’art. 95 cit.
Secondo il ricorrente, il giudice dell’esecuzione non ha considerato che entrambe le sentenze di condanna erano divenute irrevocabili in tempo antecedente sia alla promulgazione e sia, a maggior ragione, all’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022 e, peraltro, ai sensi dell’art. 545-bis cod. proc. pen., l’accesso alle pene alternative avrebbe potuto essere concesso soltanto in assenza della sospensione condizionale della pena: tale sospensione era stata inizialmente concessa da entrambe le sentenze in questione, sicchØ, alla luce di una lettura costituzionalmente orientata dell’indicato quadro normativo, il termine di trenta giorni avrebbe dovuto computarsi a far data dal
venir meno della condizione ostativa alla richiesta, in questo caso determinata dal provvedimento di revoca delle sospensioni condizionali emesso il 28.10.2024.
2.3. Con il terzo motivo, si prospetta la questione di legittimità costituzionale dell’art. 95 d.lgs. n. 150 del 2022, per l’ipotesi della prevalenza di una lettura diversa da quella sopra prospettata e, come tale, impediente l’accesso del ricorrente alle pene sostitutive.
Una siffatta lettura Ł, secondo la difesa, in contrasto con gli artt. 3, 24 e 27 Cost. per non avere previsto l’applicazione delle pene sostitutive di cui all’art. 20-bis cod. pen. ai condannati a pena detentiva non superiore a quattro anni nei confronti dei quali, al momento dell’entrata in vigore della norma, risultava applicato il benefico della sospensione condizionale, revocato in tempo successivo alla suddetta entrata in vigore.
Tale interpretazione viene considerata in contrasto con l’art. 3 Cost, per la chiara disparità di trattamento rispetto a tutti i condannati espressamente contemplati dal tenore letterale della disposizione, con l’art. 24, secondo comma, Cost, per l’irragionevole compressione dell’inviolabile diritto di difesa dell’imputato, e con l’art. 27, terzo comma, Cost. per l’incompatibilità dell’affermata preclusione con la finalità rieducativa della pena cui la riforma introdotta dal d.lgs. n. 150 del 2022 si Ł ispirata.
Si Ł dedotta anche la rilevanza della questione, in relazione al fatto che COGNOME, dopo la revoca delle sospensioni condizionali, Ł stato attinto, in data 23.12.2024, dall’ordine di esecuzione delle pene detentive concorrenti per l’espiazione di una pena detentiva complessiva di anni cinque, mesi due di reclusione, derivante dal cumulo delle due pene suindicate e anche della pena di tre anni di reclusione portata da un’ulteriore sentenza di condanna a suo carico, sicchØ egli Ł recluso dal 23.12.2024, avendo cumulato – a causa dell’interpretazione avversata – una pena detentiva superiore a quattro anni, per lui preclusiva della possibilità di chiedere le misure alternative alla detenzione.
Il Procuratore generale ha prospettato l’annullamento con rinvio del decreto impugnato in relazione al motivo che deduce la natura non perentoria del termine fissato dall’art. 95 d.lgs. n. 150 del 2022, con riferimento alla pena oggetto della prima delle sentenze di condanna indicate nel provvedimento, mentre in ordine alla seconda sentenza, quella emessa dalla Corte di appello di Milano del 16.05.2022, irrevocabile in data 1.07.2022, l’esito raggiunto dal giudice dell’esecuzione viene ritenuto conforme a legge, poichØ l’art. 95 cit. Ł applicabile ai soli casi in cui il procedimento Ł ancora pendente in primo grado o in grado di appello, oppure innanzi alla Corte di cassazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato e va rigettato per le ragioni di seguito precisate.
¨ utile osservare che il giudice dell’esecuzione ha ritenuto dover dichiarare, ai sensi dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., sentito il Pubblico ministero, l’inammissibilità dell’istanza con decreto reso inaudita altera parte, essendo insussistente la prospettata applicabilità della disciplina di cui all’art. 95 d.lgs. n. 150 del 2022, con il conseguente rilievo immediato di carenza delle condizioni di legge.
Si Ł ritenuta ictu oculi dirimente la constatazione che l’istanza di applicazione delle pene sostitutive Ł stata presentata il 21 novembre 2024 e, rispetto a tale dato di fatto, con riguardo alla prima delle sentenze a cui si era riferito il condannato, l’istanza Ł stata considerata intempestiva considerato che il conseguimento dell’irrevocabilità di quella decisione era avvenuto fin dal 19 febbraio 2020, data in cui la Corte di cassazione aveva dichiarato inammissibile il ricorso avverso la decisione di secondo grado.
Sempre in relazione all’epoca di presentazione della suddetta istanza di applicazione delle pene sostitutive, si Ł, in direzione omologa, osservato che, con riguardo alla seconda delle sentenze a cui si era riferito il condannato, il conseguimento della sua irrevocabilità in data 1° luglio 2022 ha determinato l’effetto che, al momento dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, ossia al 30 dicembre 2022, il procedimento non era pendente in grado di appello.
Pertanto – ha argomentato il giudice dell’esecuzione – in un caso e nell’altro la disciplina di cui all’art. 95 cit. risulta immediatamente insuscettibile di applicazione in vista della chiesta sostituzione delle pene detentive irrogate con le due indicate sentenze: la conclusione Ł stata, quindi, nel senso del rilievo della mancanza della condizioni di legge in riferimento all’oggetto dell’istanza, con conseguente emissione del decreto di inammissibilità.
Posto ciò, Ł opportuno muovere dalla norma di cui il ricorrente aveva chiesto l’applicazione, l’art. 95 d.P.R. n. 150 del 2022, recante le disposizioni transitorie in materia di pene sostitutive delle pene detentive brevi.
Il sistema delle pene sostitutive introdotto dal d.lgs. n. 150 del 2022 contempla, infatti, la sua applicazione ai procedimenti in corso nei precisi limiti fissati dall’art. 95 cit.
La riforma ora richiamata ha riplasmato il sistema delle pene (così denominate in luogo di sanzioni) sostitutive delle pene detentive brevi, sia introducendo l’art. 20-bis cod. pen., sia riformulando svariate disposizioni della legge. 24 novembre 1981, n. 689: sono state diversamente configurate le pene sostitutive non pecuniarie, anche mediante l’innalzamento del limite massimo di pena detentiva sostituibile, pari a quattro anni, in tal modo parametrato al limite di pena entro il quale, ai sensi dell’art. 656, comma 5, cod. proc. pen., vige la sospensione dell’esecuzione.
Oltre alla pena pecuniaria sostitutiva (inquadrata nell’alveo della pregressa, corrispondente sanzione sostitutiva, con non secondari aggiornamenti), sono state introdotte le pene sostitutive della semilibertà, della detenzione domiciliare e, con valenza ora generale, del lavoro di pubblica
utilità e sono state, invece, eliminate le sanzioni sostitutive della semidetenzione e della libertà controllata.
La disciplina ordinaria di cui all’art. 20-bis cod. pen., inserito nel codice sostanziale dall’art. 1, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 150 del 2022, introducendo le nuove pene sostitutive delle pene detentive brevi, lo ha fatto con efficacia fissata dall’art. 99-bis dello stesso d.lgs. (norma introdotta dal d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199), ossia a decorrere dal 30 dicembre 2022.
Dall’esame degli artt. 20-bis cod. pen. e 53 della legge. n. 689 del 1981 emerge che: la semilibertà e la detenzione domiciliare possono essere applicate in sostituzione delle pene detentive contenute entro il limite di quattro anni; il lavoro di pubblica utilità può sostituire la pena detentiva contenuta entro i tre anni e, infine, la pena detentiva contenuta entro il limite di un anno può essere sostituita con la pecuniaria della specie corrispondente.
Rimandando alla disamina della relativa disciplina per la ricognizione dei connotati delle singole pene sostitutive e del modus procedendi stabilito per pervenire alla loro applicazione, merita ricordare che il momento ordinariamente rilevante per la valutazione della possibilità di sostituzione della pena detentiva breve Ł quello in cui si conclude il giudizio di primo grado, snodo nel quale vanno verificate le condizioni per l’attivazione del meccanismo bifasico istituito dall’art. 545-bis cod. proc. pen. (quando, subito dopo la lettura del dispositivo, il giudice, se ricorrono le condizioni per sostituire la pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui all’articolo 53 cit., ne dà avviso alle parti e, se l’imputato acconsente alla sostituzione della pena detentiva con una pena diversa dalla pena pecuniaria, ovvero se può aver luogo la sostituzione con detta pena, il giudice, sentito il pubblico ministero, procede; in tal caso, se non Ł possibile decidere immediatamente, fissa una apposita udienza non oltre sessanta giorni, dandone contestuale avviso alle parti e all’ufficio di esecuzione penale esterna competente, con contestuale sospensione del processo; indi, svolta l’istruttoria prevista dalla norma, il giudice, all’udienza fissata, sentite le parti presenti, il giudice, se si determina a sostituire la pena detentiva, integra il dispositivo indicando la pena sostitutiva con gli obblighi e le prescrizioni corrispondenti, mentre, se esclude la sostituzione, conferma il dispositivo, in ogni caso dando lettura in udienza del dispositivo integrato o confermato).
3.1. Con specifico riferimento alla disciplina transitoria di cui all’art. 95 d.lgs. cit., il comma 1 stabilisce che le norme previste dal Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, se piø favorevoli, si applicano anche ai procedimenti penali pendenti in primo grado o in grado di appello al momento dell’entrata in vigore del d.lgs. cit., entrata in vigore avvenuta il 30 dicembre 2022.
Inoltre, il condannato a pena detentiva non superiore a quattro anni, all’esito del procedimento che sia pendente innanzi alla Corte di cassazione all’entrata in vigore del presente decreto, può presentare istanza di applicazione di una delle pene sostitutive di cui al Capo III della legge n. 689 del 1981, al giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’articolo 666 cod. proc. pen., entro trenta giorni dall’irrevocabilità della sentenza, con la specificazione che, nel corrispondente giudizio di esecuzione, si applicano, in quanto compatibili, le norme del Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, e del codice di procedura penale relative alle pene sostitutive.
¨ ulteriormente precisato che, in caso di annullamento con rinvio (da parte della Corte di legittimità), a provvedere deve essere il giudice del rinvio.
A fronte di tale dettato normativo il Collegio ritiene che non possa non aderirsi al già maturato orientamento interpretativo secondo cui la disciplina transitoria di cui all’art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, non trova applicazione nel caso di condanna pronunciata nel giudizio di primo grado definito antecedentemente all’entrata in vigore del citato d.lgs., avverso la quale non sia stato proposto appello, non vertendosi in tema di processi pendenti dinanzi alla Corte di cassazione alla data del 30 dicembre 2022, per i quali sia proponibile l’istanza di sostituzione in sede esecutiva (Sez. 1, n. 8106 del 06/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285987 – 01), il presupposto di applicabilità della disciplina transitoria, contemplante questa appendice procedimentale innescata dall’istanza del condannato al giudice dell’esecuzione, ex art. 95 cit., essendo costituito dalla pendenza del procedimento dinnanzi la Corte di cassazione alla data del 30 dicembre 2022 (Sez. 1, n. 36885 del 04/07/2023, Sedicini, Rv. 285270 – 01; fra le decisioni non massimate, orientate nel medesimo senso, Sez. 1, n. 11943 del 19/01/2024, RAGIONE_SOCIALE, non mass.; Sez. 7, ord., 03/07/2023, COGNOME, non mass.).
¨ stato così delineato l’alveo dei procedimenti a cui poteva e, se del caso, può applicarsi la richiamata disciplina transitoria, con la doverosa specificazione che, ai fini dell’applicabilità del regime previsto dall’art. 95, comma 1, cit., per le pene sostitutive delle pene detentive brevi, la pronuncia del dispositivo della sentenza di appello entro il 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore del citato d.lgs., determina la pendenza del procedimento innanzi alla Corte di cassazione e consente, quindi, al condannato, una volta formatosi il giudicato all’esito del giudizio di legittimità, di presentare l’istanza di sostituzione della pena detentiva al giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 666 cod. proc. pen. (fra le altre, Sez. 1, n. 48579 del 11/10/2023, Bianchi, Rv. 285684 – 01; Sez. 3, n. 51557 del 14/11/2023, COGNOME, Rv. 285628 – 01).
3.2. Alla stregua dell’analizzata disciplina, Ł evidente la ragione fondativa del provvedimento impugnato, ragione per la quale non può essere accolto il primo motivo articolato dal ricorrente che, per superare la barriera preclusiva chiaramente fissata dall’art. 95 cit., ha proposto di considerare il termine previsto dalla norma come meramente ordinatorio.
¨ dirimente obiettare che la rilevata esclusione delle due sentenze di condanna suindicate dall’ambito di applicazione di cui all’art. 95 d.lgs. n. 150 del 2022 rende già irrilevante la questione della perentorietà o meno del termine di cui alla stessa norma: si tratta, per entrambe le sentenze di condanna, di decisioni che hanno conseguito l’irrevocabilità in tempo antecedente all’entrata in
vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, in quanto la sentenza della Corte di appello di Milano del 26 febbraio 2019, confermativa della decisione del Tribunale di Sondrio del 10 maggio 2017, Ł diventata irrevocabile il 19 febbraio 2020 e la sentenza della Corte di appello di Milano del 16 maggio 2022, confermativa della decisione del Tribunale di Sondrio del 6 maggio 2021, irrevocabile in data 1° luglio 2022.
Non sussiste, pertanto, ragione di distinguere ai presenti fini l’una dall’altra decisione, come in certa misura ha, nell’iter motivazionale, fatto il giudice dell’esecuzione, pur addivenendo alla medesima, corretta conclusione, e come ha proposto di fare l’Autorità requirente, peraltro sollecitando una soluzione differenziata per l’una e per l’altra vicenda processuale.
3.3. Al riguardo, comunque, va condiviso l’approdo relativo alla natura perentoria del termine in questione.
Invero, nel quadro del discrimine fra i vari tipi di termini segnato in via generale dall’art. 173 cod. proc. pen., la tassatività dei casi inerenti ai termini perentori – ossia a quelli stabiliti a pena di decadenza, che devono riferirsi soltanto ai ‘casi previsti dalla legge’ – va coordinata con la definizione dei medesimi: e, in tal senso, Ł da ritenersi che siano perentori i termini al cui vano decorso consegua per la parte la perdita del diritto o della facoltà di compiere un determinato atto.
In questa chiave, Ł importante muovere dal rilievo che la materia delle pene sostitutive Ł materia che forma oggetto esclusivo del processo di cognizione. La corrispondenza di due delle pene sostitutive (quelle non richieste da COGNOME: la detenzione domiciliare sostitutiva e la semilibertà sostitutiva) alle omologhe misure alternative alla detenzione e la finalità sostanzialmente comune non offusca il discrimine derivante dall’art. 53 della legge n. 689 del 1981 a mente del quale il giudice che pronuncia sentenza o applica la pena concordata sostituisce, se ne ritiene sussistenti i presupposti, la pena principale detentiva con una delle pene, appunto, sostitutive.
La disciplina transitoria di cui all’art. 95 cit., considerata la natura, tendenzialmente piø favorevole, delle nuove pene sostitutive rispetto alle previgenti sanzioni sostitutive, anche per il piø ampio spettro applicativo, ha regolato le modalità di applicazione di tali nuove pene sostitutive, sempre se e in quanto piø favorevoli, ai processi in corso.
E, mentre per i processi pendenti in primo e secondo grado, Ł stato naturale individuare nel giudice (della cognizione) procedente quello competente ad applicarle, così come si Ł individuato nel giudice del rescissorio quello competente in ipotesi di annullamento con rinvio, il legislatore, dovendo definire il punto relativo all’individuazione del giudice competente per i processi pendenti (secondo la nozione già precisata) innanzi alla Corte di cassazione alla data stabilita, ha individuato il giudice dell’esecuzione, al precipuo fine di evitare che le situazioni soggettive involte in questi processi venissero attinte dal giudicato senza possibilità di vedersi applicare la disciplina piø favorevole, per essere già definiti i gradi di merito (con prospettabile irragionevolezza della corrispondente disciplina): ciò, con la precisazione, però, che, nel giudizio di esecuzione, pur se incardinato ai sensi dell’art. 666 cod. proc. pen., si applicano, in quanto compatibili, le norme del Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, e del codice di procedura penale relative alle pene sostitutive, a conferma della funzione sostanzialmente cognitiva di questa appendice procedimentale.
Rispetto a tale quadro istitutivo e regolativo dello strumento allestito per la proposizione delle corrispondenti istanze Ł stato stabilito che esse vadano presentate ‘entro trenta giorni dalla irrevocabilità della sentenza’.
Appurato che, in questo snodo, l’attività del giudice dell’esecuzione prevista dalla citata norma transitoria Ł attività di ordinariamente cognitiva, eccezionalmente demandata al giudice dell’esecuzione, essendo funzionalizzata – come la comparazione con il procedimento di sentencing disciplinato dall’art. 545-bis cod. proc. pen. conferma – all’integrazione o conferma, in tempi definiti, del dispositivo della sentenza di condanna reso dal giudice della cognizione, deve considerarsi che esso non può non assumerne la natura di attività finalizzata al conseguimento, nei termini previsti, del giudicato.
¨ vero che il meccanismo regolato dall’art. 545-bis cit. può contemplare attività istruttorie non brevi, per le quali si prevede la sospensione del processo, ma l’obiettivo di questo segmento procedimentale Ł la conferma o l’integrazione del dispositivo: nel caso qui esaminato l’obiettivo Ł il medesimo.
Nella stessa direzione, deve riconoscersi, sotto il profilo teleologico, come sia necessario che tale attività integrativa del dispositivo della sentenza di condanna non risulti rimessa, sine die, all’iniziativa della parte, trattandosi, d’altronde, di attività regolata da disciplina avente dichiarata funzione transitoria.
Non si trascura, ovviamente, che in molte altre occasioni il giudice dell’esecuzione, con i suoi provvedimenti, incide – ad esempio, nel procedimento ex art. 671 cod. proc. pen. – sulla pena determinata in cognizione e può farlo, su impulso di parte, generalmente senza preclusioni temporali.
In quelle occasioni, però, il giudice interviene in fase, appunto, strutturalmente e funzionalmente esecutiva e lo fa modificando – se del caso – statuizioni già incastonate nel giudicato, in ragione di fatti costitutivi autonomamente insorti.
Nel caso regolato dall’art. 95 cit., invece, il giudice dell’esecuzione Ł chiamato a integrare il dispositivo della sentenza di cognizione, al fine di farne cristallizzare la definitiva portata, impiegando lo strumentario (in primis, l’art. 58 della legge n. 689 del 1981) di cui si avvale il giudice della cognizione, con valutazione da farsi in riferimento al medesimo quadro fattuale.
Consegue che, nel richiamo operato dallo stesso art. 95 alle norme di cui alla legge n. 689 del 1981 e alla norme codicistiche applicative delle pene sostitutive, Ł da cogliersi anche il riferimento
alla disciplina dell’integrazione del dispositivo di cognizione come carattere determinante di tale attività cognitiva, demandata, in via eccezionale, al giudice dell’esecuzione: la finalizzazione di questa appendice procedimentale all’integrazione della statuizione cognitiva che ha appena conseguito l’irrevocabilità determina la necessità di convergere sulla natura perentoria del termine che la norma in esame, in via transitoria, ha riconosciuto alla parte interessata per fruire della possibilità di vedersi applicata le pene sostitutive introdotte dal d.lgs. n. 150 del 2022.
Per queste ragioni la sostituzione della pena, che funzionalmente appartiene all’attività propria del giudizio di cognizione, pur se eccezionalmente collocata, per i procedimenti regolati dalla disciplina transitoria, innanzi al giudice dell’esecuzione, non può coniugarsi con la giuridica possibilità di una sua realizzazione sine die, come si verificherebbe se il termine fosse ordinatorio.
Non può ritenersi fondata nemmeno la questione agitata con il secondo motivo, volta a far decorrere il termine di trenta giorni stabilito per la formulazione dell’istanza di applicazione delle nuove pene sostitutive dalla data in cui COGNOME si Ł visto revocare, con l’ordinanza addotta come emessa il 28 ottobre 2024, le sospensioni condizionali concesse dei giudici della cognizione con le due sentenze di condanna identificate in parte narrativa.
La disciplina relativa alle pene sostitutive introdotte dalla d.lgs. n. 150 del 2022, alla luce della descritta normativa transitoria, non attinge, per precisa scelta del legislatore, i processi definiti con sentenza irrevocabile in data anteriore all’entrata in vigore della citata fonte: come si Ł chiarito, l’analizzata disciplina transitoria ha circoscritto l’applicazione delle disposizioni sulle pene sostitutive ai procedimenti pendenti al momento dell’entrata in vigore della fonte normativa che le ha istituite, ivi compresi quelli pendenti dinnanzi alla Corte di cassazione (applicazione resa possibile dall’appendice esecutiva analizzata), a condizione della presentazione della tempestiva istanza del condannato.
Pertanto, quando la sentenza accertativa del reato ha acquisito l’irrevocabilità in tempo antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, la disciplina transitoria stabilita dall’art. 95 d.lgs. cit. non può applicarsi, come Ł confermato anche dal comma 2 della norma, al lume del quale le sanzioni sostitutive della semidetenzione e della libertà controllata, già applicate o in corso di esecuzione al momento dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, continuano a essere disciplinate dalle disposizioni previgenti, con la specificazione che, tuttavia, i condannati alla semidetenzione possono chiedere al magistrato di sorveglianza la conversione nella semilibertà sostitutiva.
Che la sospensione condizionale concessa con le due sentenze accertative dei reati qui rilevanti sia stata revocata in epoca successiva all’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022 non integra, ad avviso del Collegio, un novum idoneo a influire sul determinante dato di fatto che i processi conclusi con le suddette decisioni hanno contemplato il conseguimento dell’irrevocabilità delle stesse in epoca esclusa dalla sfera di applicazione della suddetta fonte, epoca nella quale l’interessato aveva titolo ad accedere, sempre che ne avesse avuto i requisiti, all’allora operante sistema delle sanzioni sostitutive.
Il discrimen determinato dall’irrevocabilità della sentenza ante d.lgs. n. 150 del 2022, pertanto, non autorizza – in carenza di ogni indicazione normativa in tal senso – a ritenere applicabili le pene sostitutive introdotte da questo d.lgs. in dipendenza della sopravvenienza costituita dalla revoca della sospensione condizionale della pena irrogata con sentenza esclusa ratione temporis dalla sfera di applicazione del nuovo istituto sanzionatorio.
Il fatto che soltanto a cagione della revoca della sospensione condizionale la pena irrogata con la pregressa sentenza sia divenuta eseguibile non sposta in avanti la data di irrevocabilità della sentenza che ha inflitto la pena detentiva e non si profila, quindi, idoneo a conferire al condannato il diritto all’accesso alle pene sostitutive della pena detentiva riportata con condanna relativa a processo escluso dal novero di quelli ai quali la disciplina istitutiva delle stesse ha circoscritto l’applicazione.
L’assetto delle pene sostitutive introdotto dal d.lgs. n. 150 del 2022 non pare autorizzare i dubbi di costituzionalità sollevati dal ricorrente con il terzo motivo.
Si Ł già affermato in modo condivisibile che Ł manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 95 d.lgs. n. 150 del 2022, per contrasto con gli artt. 3, 24 e 27 Cost., nella parte in cui non estende l’applicabilità delle disposizioni in tema di pene sostitutive delle pene detentive brevi ai reati giudicati con sentenze divenute irrevocabili prima dell’entrata in vigore del citato d.lgs.
Invero, il principio di retroattività delle disposizioni penali piø favorevoli non riguarda qualsiasi norma incidente sul trattamento penale, ma soltanto quelle che disciplinano il reato e la pena. Esso, dunque, può subire, in quanto non assoluto ed inderogabile, deroghe rimesse alla discrezionalità legislativa, tra le quali quella connessa all’esigenza di salvaguardare la certezza dei rapporti coperti dal giudicato.
¨, invero, principio piø volte affermato anche dalla giurisprudenza dalla Corte costituzionale che il principio di retroattività della disposizione penale piø favorevole al reo, fissato nell’art. 2 cod. pen., non Ł stato costituzionalizzato dall’art. 25, secondo comma, Cost., che ha circoscritto l’immediata tutela costituzionale al principio di irretroattività delle norme incriminatrici e, in generale, delle norme penali piø severe, con l’effetto che – al di fuori di tale specifico ambito – l’irretroattività può subire deroghe in forza della legislazione ordinaria, quando ne ricorra un’adeguata ragione giustificativa che renda ragionevole la relativa statuizione, che sia, pertanto, compatibile con il generale precetto stabilito dall’art. 3 Cost.
In tale direzione si Ł puntualizzato che la regola della retroattività della lex mitior, pur possedendo spessore diverso dal principi di irretroattività della norma incriminatrice, di cui all’art. 25,
secondo comma, della Carta fondamentale, ha certo un suo fondamento costituzionale, sancito dal principio di eguaglianza, il quale impone, in linea di massima, di equiparare il trattamento sanzionatorio dei medesimi fatti, a prescindere dalla circostanza che essi siano stati commessi prima o dopo l’entrata in vigore della normativa definibile di maggior favore, ma non vieta le corrispondenti deroghe quando sussista una congrua giustificazione che determini la ragionevolezza della relativa disciplina (in tale direzione Sez. 3, n. 47042 del 26/09/2023, COGNOME, Rv. 285420 01, con persuasiva compiutezza riferimenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte Edu; nella stessa direzione Sez. 6, n. 34091 del 21/06/2023, COGNOME, Rv. 285154 – 01, in motivazione).
In questa prospettiva, non sussiste fondato motivo per censurare, sotto i profili dedotti dal ricorrente, la scelta normativa che ha escluso i rapporti processuali già esauriti in sede cognitiva dalla sfera di applicazione delle introdotte pene sostitutive, anche per la parte in cui esse sono contraddistinte da regole piø favorevoli di quella precedente, tale limitazione trovando una chiara e ragionevole giustificazione nell’esigenza di salvaguardare la certezza dei rapporti ormai esauriti, concentrando l’applicazione del nuovo sistema di pene sostitutive sui procedimenti in itinere, stante anche la necessità di destinare le attività e le connesse risorse processuali (di cui al subprocedimento istituito con l’art. 545-bis cod. proc. pen.) occorrenti per la proficua applicazione del relativo sistema sanzionatorio all’alveo di casi, notevolmente ampio, dei processi in corso.
Corollario delle considerazioni svolte Ł che l’impugnazione deve essere rigettata.
Alla reiezione del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 27/02/2025
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME