Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45523 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45523 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 21/11/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato a EBOLI il 18/12/1995
NOME nato a BATTIPAGLIA il 26/10/1996
avverso la sentenza del 07/06/2024 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME e NOME ricorrono per cassazione, con separati ricorsi a mezzo del difensore, avverso la sentenza della Corte di appello di Salerno indicata in epigrafe, deducendo: 1) vizio di motivazione, in relazione al mancato riconoscimento della condizione di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod.pen., nonostante la sentenza avesse riconosciuto la circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod.pen. prevalente sulla contestata aggravante; 2) violazione di legge e vizio di motivazione quanto al rifiuto della richiesta di sostituzione della pena detentiva ai sensi dell’art. 20 bis cod.pen. Chiedono, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I ricorsi sono inammissibili.
Quanto al primo motivo, deve rilevarsi che la sentenza impugnata ha giustificato il mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis cod.pen., in ragione della abitualità della condotta predatoria, attesi i plurimi precedenti specifici in cui erano incorsi gli imputati e ciò pur considerando il fatto alla luce del giudizio sulla prevalenza della circostanza di cui all’art. 62 n. 4 cod.pen. e la riqualificazione come tentativo del fatto di reato. Si tratta di motivazione congrua, che ha fatto corretta applicazione del disposto dell’art. 131 bis cod.pen., per cui il motivo è manifestamente infondato.
Quanto al secondo motivo, la Corte ha ritenuto che la sostituzione della pena, non richiesta in relazione alla sentenza di condanna pronunciata in primo grado, non potesse essere disposta dal giudice della impugnazione, alla luce della negativa personalità degli imputati, emergente dal certificato del casellario giudiziale, in ragione dei plurimi delitti contro il patrimonio commessi.
Il motivo è privo di specificità, in primo luogo perché non si misura con la prima parte della motivazione. Inoltre, è manifestamente infondato, posto che va ribadito che la valutazione della sussistenza dei presupposti per l’adozione di una sanzione sostitutiva è legata agli stessi criteri previsti dalla legge per la determinazione della pena, ed il giudizio prognostico positivo cui è subordinata la possibilità della sostituzione non può prescindere dal riferimento agli indici individuati dall’art. 133 c.p., sicché la richiesta di sostituzione della pena detentiva impone al giudice solo di motivare sulle ragioni del diniego (Sez. 5 n. 17959 del 26/01/2024 Ud. (dep. 07/05/2024) Rv. 286449-01 Sez. 1, n. 25833 del 23/04/2012, Testi, Rv. 253102-01; Sez. 2, n. 7811, 01/10/1991, COGNOME, Rv. 191006; Sez. 2, n. 25085, 18/06/2010, COGNOME, rv. 247853). Si tratta di un accertamento di fatto, non sindacabile in sede di legittimità, se motivato in modo non manifestamente illogico, così come accaduto nel caso sottoposto al Collegio (Sez. 1, n. 35849 del 17/5/2019, COGNOME Rv. 276716).
In conclusione, deve affermarsi che, anche successivamente alle modifiche apportate dal D.Igs. n. 150 del 2022, la sostituzione delle pene detentive brevi è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice, che deve essere condotta con l’osservanza dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., prendendo in considerazione, tra l’altro, la gravità del fatto per il quale è intervenuta condanna, le sue modalità di commissione e la personalità del condannato, per come risulti anche dai precedenti penali. I “fondati motivi” che impongono la non sostituzione della pena, ai sensi dell’art. 58, comma primo, seconda parte, I. n. 689 del 1981, esprimono la necessità di soppesare adeguatamente il giudizio di bilanciamento, in chiave prognostica, tra le istanze volte a privilegiare l’adozione di forme sanzionatorie più corrispondenti e consone alla finalità rieducativa – le pene sostitutive – e l’obiettivo di assicurare effettività alla pena, risolvendosi in un obbligo di adeguata e congrua motivazione per il giudice.
Essendo i ricorsi inammissibili e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 21/11/2024