Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 36961 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 36961 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nata a GALLARATE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/11/2024 della Corte d’appello di Bologna
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, in persona del AVV_NOTAIO COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 4 novembre 2024, la Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza pronunciata il 10 febbraio 2023 – all’esito di giudizi abbreviato – dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Ravenna.
Con la sentenza confermata in appello, NOME COGNOME è stata ritenuta responsabile, in concorso con altra persona separatamente giudicata, di un furto consumato in Faenza (RA) ; il 26 novembre 2017, in danno di un esercizio commerciale, approfittando della distrazione della dipendente NOME COGNOME e sottraendole il «fondo cassa» (dell’importo di C 764,00 in contanti) custodito in un armadio posto vicino alle casse. Il fatto è stato qualificato come violazione deg artt. 110, 624 cod. pen. essendo stata esclusa l’aggravante di cui all’art. 625 cod. pen.,oggetto di imputazione. È stata ritenuta sussistente e applicabile, invec l’aggravante della recidiva reiterata e specifica. Dal dispositivo della sentenza primo grado (come detto iconfermata in appello) risulta che sono state «concesse le attenuanti ex art. 62 n. 4 cod. pen. equivalenti alla contestata recidiva» e che, tenuto conto della scelta del rito abbreviato e della conseguente diminuzione dì pena, l’imputata è stata condannata alla pena di mesi quattro di reclusione e C 200 di multa.
Contro la sentenza della Corte di appello, l’imputata ha proposto tempestivo ricorso per mezzo del difensore di fiducia. Il ricorso si articola in motivi che di seguito si riportano, nei limiti strettamente necessari alla decisio come previsto dall’art. 173, comma 1, d.lgs. 28 luglio 1989 n. 271.
2.1. Col primo motivo, la difesa deduce mancanza e manifesta illogicità della motivazione con la quale è stata affermata la responsabilità dell’imputata. L sentenza impugnata non avrebbe dato compiuta risposta ai motivi di appello / avendo, nella sostanza, ripreso la motivazione della sentenza di primo grado e avendo ritenuto sufficiente all’affermazione della penale responsabilità l constatazione che l’auto intestata all’imputata il giorno dei fatti si trova Faenza. Osserva la difesa: che l’auto con la quale gli autori del furto giunse presso l’esercizio commerciale è dello stesso tipo di quella intestata all’imputa ma nulla prova che si tratti della medesima auto; che la compatibilità esistente t i tratti somatici dell’imputata e quelli della persona che è stata ripresa d telecamere di sorveglianza è dato privo di rilevanza perché tratto da immagini sfocate; che la sentenza impugnata ha ipotizzato, senza che ve ne sia riscontro in atti, la maggior nitidezza delle immagini esaminate dai ‘(arabinieri che hanno svolto le indagini.
2.2. Col secondo motivo, la difesa lamenta vizi di motivazione per non essere state applicate all’imputata le attenuanti generiche. Il difensore osserva che GRAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE. ha riconosciuto all’imputata l’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen regime dì equivalenza con la recidiva e nei motivi di appello è stata chiest l’applicazione delle attenuanti generiche (delle quali l’imputata sarebbe meritevol per il basso livello di istruzione e in ragione delle disagiate condizioni person familiari e sociali). Rileva poi che la sentenza impugnata, pur avendo dato atto, nel descrivere lo “svolgimento del processo”, che k , in primo grado era stata riconosciuta l’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. (pag. 2 della motivazio ha contraddittoriamente affermato (pag. 4) che all’imputata sono state concesse «le attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto alla recidiva». In te difensiva, la sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto che le attenuanti generiche fossero state concesse dal giudice di primo grado e, di conseguenza, non avrebbe motivato sulla decisione di non applicarle.
2.3. Col terzo motivo, la difesa deduce vizi della motivazione con la quale è stata esclusa l’applicazione di pene sostitutive della pena detentiva, dolendosi c questa decisione sia stata fondata unicamente sui precedenti penali dell’imputata.
Il AVV_NOTAIO generale ha depositato conclusioni scritte, chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo e il terzo motivo di ricorso non superano il vaglio di ammissibilità. Il secondo è infondato.
Come (noto, esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una «rilettura» degli elementi di fatto posti a sostegno della decisione, il apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e pe ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 640 del 30/04/1997, Rv. 207945). Per giurisprudenza costante, il principio dell’oltr ogni ragionevole dubbio, introdotto nell’art. 533 cod. proc. pen. dalla legge n. del 2006, non ha mutato la natura del sindacato della Corte di cassazione sulla motivazione della sentenza, che non può essere utilizzato per valorizzare e rendere decisiva la duplicità di ricostruzioni alternative del medesimo fatto, eventualmente emerse in sede di merito e segnalate dalla difesa, una volta che tale duplicità stata oggetto di attenta disamina da parte del giudice dell’appello. La Corte legittimità, infatti, è chiamata ad un controllo sull’esistenza di una motivazio
effettiva, che deve compiere attraverso una valutazione unitaria e globale dei singoli atti e dei motivi di ricorso su di essi imperniati, ma la sua valutazione può mai sconfinare nel merito (fra le tante, Sez. 2, n. 29480 del 07/02/2017, Rv. 270519; Sez. 1, n. 53512 del 11/07/2014, Rv. 261600). Non sono pertanto deducibili, in sede di ricorso per Cassazione, censure attinenti a vizi de motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, affermato quando mancante) su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo. E sono inammissibili doglianze che sollecitano una differente comparazione dei significati da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (in t senso, di recente, Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Rv. 280747; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep.2021, Rv. 280601).
3. Così delineato l’orizzonte del presente scrutinio di legittimità, si osse che, col primo motivo, il ricorrente invoca, nella sostanza, una inammissibil considerazione alternativa del compendio probatorio ed una rivisitazione del potere discrezionale riservato al giudice di merito in punto di valutazione dell prova, senza confrontarsi con l’iter logico-giuridico seguito dai giudici di merito p affermare la responsabilità penale dell’imputata. La Corte di Appello ha fondato tale affermazione di responsabilità su convergenti elementi indiziari, desunti: dall accertata presenza a Faenza, nel giorno dei fatti, dell’auto intestata all’imput dalla constatazione che gli autori del furto giunsero nell’esercizio commerciale ove la somma fu sottratta a bordo di un’auto corrispondente, per modello e colore, a quella di proprietà della RAGIONE_SOCIALE; dalla comparazione tra le caratteristiche somatich e fisiche dell’imputata e quelle della autrice del furto, ripresa dalle telecamer videosorveglianza installate nell’esercizio commerciale. Con riferimento a quest’ultimo punto, la sentenza impugnata dà atto (pag. 4) che «la donna autrice del furto ha caratteri somatici corrispondenti a quelli dell’appellante» e rif che ciò può evincersi «dalla documentazione in atti» (dunque dai fotogrammi estrapolati dai filmati). Osserva, quale ulteriore argomento a conforto di ta conclusioni, che anche i Icarabinieri incaricati delle indagini, dopo aver acquisit filmati e averli esaminati, giunsero alle medesime conclusioni e, infatt predisposero una comunicazione di notizia di reato nella quale fu attribuito all COGNOME il furto per il quale NOME COGNOME COGNOME sporto querela.
La motivazione è completa ed esente dai vizi dedotti. Non è incongruo, infatti, aver evidenziato che la compatibilità tra i caratteri somatici dell’imputata e quelli della donna autrice del furto, oltre ad essere stata valutata dai giudici
(contribuendo a formare il loro libero convincimento) è stata ritenuta anche dalla PG che ha esaminato i filmati (dai quali sono stati estratti i fotogrammi inseriti a atti) e non è illogico aver ritenuto che l’esame dei filmati potesse restituire visione più nitida di quella risultante dalla stampa dei fotogrammi.
4. Col secondo motivo, la difesa sostiene che la Corte di appello non avrebbe dato risposta alla richiesta di applicazione delle attenuanti generiche, formula nei motivi di gravame, avendo erroneamente ritenuto che queste attenuanti fossero state concesse dal giudice di primo grado, il quale, invece, ha applicato l diversa attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. Ai funi che qui rilevano no utile chiedersi se il giudice di primo grado abbia inteso applicare all’imputa l’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. o il riferimento all’art. 62 n. 4 si di un errore materiale, come potrebbe far pensare il fatto che, nella motivazione della sentenza, il Giudice afferma di ritenere «applicabili al fatto in esame attenuanti» di cui all’art. 62 n. 4 utilizzando il plurale e non il singolare.
Ed invero, la Corte di appello ha motivato la scelta di non concedere altre attenuanti rispetto a quella già applicata osservando (pag. 4 della motivazione) che l’imputata è gravata da numerosissimi precedenti per reati della stessa indole e che, esclusa l’aggravante della destrezza, la pena è stata determinata «n minimo edittale quanto alla reclusione e in prossimità del minimo quanto alla multa, con giudizio del tutto benevolo, non certo passibile di ulterio diminuzione». Rileva in tal senso, secondo la valutazione della Corte di appello, la circostanza che l’imputata sia «risultata impermeabile alle precedenti condanne e carcerazioni subite».
La giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che la richiesta concessione delle circostanze attenuanti generiche debba ritenersi disattesa con motivazione implicita «allorché sia adeguatamente motivato il rigetto della richiesta di attenuazione del trattamento sanzionatorio» (Sez. 1, n. 12624 del 12/02/2019, Rv. 275057; Sez. 6, n. 14556 del 25/03/2011, Rv. 249731 e, in precedenza, Sez. 6, n. 36382 del 04/07/2003, Rv. 227142). A ciò deve aggiungersi che, al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche, il giud può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pe quello che ritiene prevalente e atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato e alle modalità di esecuzione di esso può risultare suffici allo scopo (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Rv. 279549; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Rv. 259899). Ne consegue l’infondatezza del motivo.
5. Col terzo motivo, la ricorrente si duole che la pena detentiva non sia stata sostituita col lavoro di pubblica utilità o con la detenzione domiciliare e sostiene che tale scelta sarebbe stata motivata con esclusivo riferimento ai precedenti penali dell’imputata.
Nell’esaminare questo motivo si deve preliminarmente osservare che ai sensi dell’art. 58 legge 24 novembre 1981 n. 689, anche dopo le modifiche introdotte dal d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, nel valutare se applicare una pena sostitutiva il giudice deve tenere conto «dei criteri indicati dall’art. 133 del codice penale». Ed invero, il novellato art. 58 stabilisce che, nel decidere se applicare una pena sostitutiva e nello scegliere quale pena applicare, il giudice debba valutare quale sia la pena più idonea alla rieducazione del condannato e se sia possibile, attraverso opportune prescrizioni, prevenire il pericolo di commissione di altri reati. Quando motiva sull’applicazione (o mancata applicazione) delle pene sostitutive, dunque, il giudice deve ancora oggi tenere conto dei precedenti penali dell’imputato, anche se non deve valutarli tanto nella prospettiva della meritevolezza del beneficio della sostituzione, quanto nella prospettiva dell’efficacia della pena sostitutiva e della possibilità di considerarla più idonea alla rieducazione rispetto alla pena detentiva (così, in motivazione, Sez. 4, n. 42847 del 11/10/2023, Rv. 285381). Se è vero, dunque, che il rinvio all’art. 133 cod. pen. contenuto nell’art. 58 legge n. 689/81, come riformato dal d.lgs. n. 150/2022, deve essere letto in combinato disposto con l’art. 59 della stessa legge, che prevede, quali condizioni ostative, solo circostanze relative al reato oggetto di giudizio, non comprensive dei precedenti penali (Sez. 2, n. 8794 del 14/02/2024, Rv. 286006); è anche vero che, per giustificare la propria prognosi negativa in ordine all’adempimento delle prescrizioni, il giudice può trarre argomenti dalla natura, dal numero dei precedenti e dall’epoca di commissione degli illeciti (così Sez. 2, n. 45859 del 22/10/2024, Rv. 287348 che ha ritenuto esente da censure una decisione reiettiva dell’istanza di sostituzione che COGNOME valorizzato i precedenti specifici dell’imputato e, segnatamente, le precedenti condanne per evasione e violazione degli obblighi inerti alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Nel caso oggetto del presente ricorso i giudici di merito hanno ritenuto che i numerosi e gravi precedenti dell’imputata non consentissero di valutare le pene sostitutive richieste più idonee alla rieducazione rispetto alla pena detentiva. Il giudice di primo grado ha sottolineato in tal senso (pag. 4 della motivazione) che «nell’arco di oltre vent’anni», l’imputata ha tratto í propri mezzi di sostentamento «dai proventi illeciti ottenuti» dalla consumazione di delitti contro il patrimonio. La Corte di appello ha sviluppato argomentazioni di analogo tenore osservando che la personalità dell’imputata «risultata impermeabile alle precedenti condanne e
carcerazioni subite», rende impossibile formulare un giudizio prognostico di adesione agli obblighi che derivano dall’applicazione di sanzioni sostitutive. Ne consegue la manifesta infondatezza del terzo motivo.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 9 ottobre 2025
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Presidente ,