Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 25152 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 25152 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a BENIN CITY( NIGERIA) il 27/02/1990
avverso la sentenza del 16/12/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME
MIGNOLO
che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Torino, con la sentenza di cui in epigrafe, ha confermato la condanna di COGNOME per fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, commessa il 4 giugno 2024, alla pena condizionalmente sospesa di otto mesi di reclusione ed euro 800,00 di multa (così determinata in considerazione delle circostanze attenuanti generiche e della riduzione per il rito).
Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso fondato su tre motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
2.1. Con il primo motivo si deduce vizio cumulativo di motivazione in merito alla ritenuta inammissibilità del motivo d’appello deducente la sostituzione della pena con la pena pecuniaria sostitutiva di cui all’art. 20-bis cod. pen. La decisione fonderebbe sull’incompatibilità tra la pena sostitutiva e l’intervenuta concessie del beneficio della sospensione condizionale della pena che, in tesi difensiva, invece non sussisterebbe (ferma restando la loro non cumulabilità).
2.2. Con il secondo motivo si deducono violazione di legge, segnatamente dell’art. 131-bis cod. pen., e vizio cumulativo di motivazione in merito all’esclusione della particolare tenuità del fatto.
I giudici di merito avrebbero argomentato dalla quantità dello stupefacente, (circa 117 g lordi di hashish), rinvenuto sulla persona dell’imputato e nella sua abitazione, oltre che dalle modalità della condotta, caratterizzata della già in parte intervenuta suddivisione in dosi dello stupefacente, detenuto da soggetto nella disponibilità anche di materiale per il confezionamento (bilancino di precisione e bustine di plastica), e dagli accertati proventi dell’attività di spaccio Così motivando, in tesi difensiva, i giudici di mero avrebbero valutato gli elementi emergenti dal processo in termini diversi da quelli prospettati dal ricorrente, invece tali da valorizzare, per converso, l’incensuratezza dell’imputato che, in uno con le già indicate modalità della condotta, avrebbe dovuto far propendere per una caduta occasionale nel reato.
2.3. Con il terzo motivo si deducono violazione di legge, segnatamente dell’art. 62-bis cod. pen., e vizio cumulativo di motivazione in merito alla mancata riduzione della pena nel massimo consentito in ragione delle circostanze attenuanti generiche ritenute sussistenti.
I giudici di merito avrebbero argomentato l’entità dalla riduzione in considerazione dell’incensuratezza e della condotta processuale dell’imputato, caratterizzata da parziale ammissione dei fatti in considerazione del quadro
probatorio già emergente. In tesi difensiva, si sarebbe dovuta operare la riduzione massima al fine di meglio adeguare la pena al reale disvalore del fatto, in considerazione del comportamento processuale, anche sostanziatosi nella scelta del giudizio abbreviato, e delle difficili condizioni socio-economiche del reo (concorrenti nella maturazione del proposito criminoso).
La Procura generale ha concluso per iscritto nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso, complessivamente considerato, è – infondato.
È t – ,rt’ . 0. logicamente prioritaria la trattazione delle censure mosse con le doglianze seconda e terza in quanto relative alla ritenuta insussistenza della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. all’estensione della riduzione di pena per le generiche. 131-bis cod. pen. e
Trattasi di censure inammissibili ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen. in quanto deducenti motivi diversi da quelli prospettabili in sede di bt GLYPH i i e, legittimità, perché Maggr e prospettanti anche erronee valutazioni probatorie (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione si vedano ex plurimis: Sez. 4, n. 30040 del 23/05/2024, COGNOME, in motivazione; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584 – 01; si veda altresì Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01, in ordine ai motivi d’appello ma sulla base di principi pertinenti anche al ricorso per cassazione).
Il ricorrente inammissibilmente contrappone, con riferimento a entrambi i punti, le proprie valutazioni a quelle dei giudici di merito, queste ultime non suscettibili di sindacato in sede di legittimità in quanto supportate da motivazione coerente e non manifestamente illogica nei termini sintetizzati nella precedente ricostruzione del fatto processuale (peraltro evidenziati anche dal ricorrente).
In particolare, quanto alla mancata applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., le circostanze apprezzate dai giudici di merito, per quanto prospettato inammissibilmente dal ricorrente in questa sede, avrebbero dovuto condurre a una differente decisione. Ciò in ragione, in tesi difensiva, dell’incensuratezza dell’imputato, di per sé non rilevante ai presenti fini in ragione dell’esplicit previsione normativa, che, in uno con le già indicate modalità della condotta, avrebbeOt dovuto far propendere ppr una caduta occasionale nel reato. La rrt riduzione della pena per le circostanze’ìieriche, sempre a giudizio della difesa,
si sarebbe dovuta operare nel massimo in considerazione del comportamento processuale, anche sostanziatosi nella scelta del giudizio abbreviato, e delle difficili condizioni socio-economiche del reo.
Il primo motivo sottopone le questioni relative ai rapporti tra pena sostitutiva pecuniaria e sospensione condizionale della pena, anche in ragione della diversa normativa applicabile ratione temporis, e alle modalità di rinuncia al citato beneficio. Trattasi di questioni già vagliate dalla giurisprudenza di legittimità anche con recenti decisioni ma che necessitano di essere ulteriormente considerate in relazione al sistema impugnatorio e, in particolare, al divieto di reformatio in peius (di cui all’art. 597 cod. proc. pen.).
3.1. Circa i rapporti tra i due istituti rileva il condivisibile iter logico-giu seguito da Sez. 45583 del 03/12/2024, COGNOME, Rv. 287354 – 01 (che, a sua volta, muove da Sez. 3, n. 33149 del 07/06/2024, V., Rv. 286751 – 01).
3.1.1. È stato in particolare osservato che anteriormente alla cd. «riforma Cartabia», introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, la sospensione condizionale della pena e le pene sostitutive delle pene detentive brevi previste dalla legge n. 689 del 1981 erano istituti concorrenti, sicché il beneficio della sospensione ben poteva essere applicato anche alle pene sostitutive (Sez. 4, n. 46157 del 24/11/2021, COGNOME, Rv. 282551 – 01; Sez. 2, n. 21459 del 07/03/2019, COGNOME, Rv. 276064 – 01). Ciò aveva determinato, nella prassi, una sempre minor rilevanza delle sanzioni sostitutive, dal momento che – come si legge nella relazione illustrativa al d.lgs. n. 150 del 2022 – l’area della pena sostituibile era «rimasta sovrapposta a quella della pena sospendibile, rendendo così di fatto le sanzioni sostitutive soluzioni meno praticate dai giudici e meno interessanti per la difesa, anche nel contesto dei riti alternativi».
3.1.2. Allo scopo di rivitalizzarne l’operatività e «garantire effettività a pene sostitutive, restituendo ad un tempo alla sospensione condizionale della pena il suo naturale ruolo di strumento di lotta alla pena detentiva breve» (così si legge ancora nella richiamata Relazione illustrativa), l’art. 1, comma 17, lett. i), d.lgs. n. 150 del 2022 ha introdotto nella I. n. 689 del 1981, l’art. 61-bis, il quale stabilisce che le disposizioni di cui agli artt. 163 e ss. cod. pen., relativ alla sospensione condizionale della pena, non si applicano alle pene sostitutive. In tal modo, il legislatore ha inteso escludere che, una volta che il giudice abbia disposto l’applicazione di una sanzione sostitutiva, questa possa essere condizionalmente sospesa, ove ne ricorrano i presupposti. Al contempo, l’alternatività tra i due istituti è stata affermata anche con riguardo al momento applicativo delle pene sostitutive, attraverso la modifica dell’art. 58, I. n. 689 de 1981, il quale disciplina l’esercizio del potere discrezionale del giudice,
disponendo che egli può applicare le pene sostitutive se non ordina la sospensione condizionale della pena. Correlativamente, il d.lgs. n. 150 del 2022 ha introdotto nel codice di rito l’art. 545-bis, il quale regola il sub-procedimento (cd. «sentencing») per l’applicazione delle pene sostitutive, stabilendo al comma 1 che, «se non è ordinata la sospensione condizionale della pena», ricorrendone le condizioni, dopo la lettura del dispositivo il giudice dà avviso alle parti ch ricorrono le condizioni per l’applicazione di pena sostitutiva.
3.1.3. Tale disciplina è stata successivamente modificata dall’art. 2 d.lgs. n. 31 del 2024, cd. «decreto correttivo della riforma Cartabia», entrato in vigore il 4 aprile 2024, il quale, nel riformare il procedimento per l’applicazione delle pene sostitutive, ha eliminato nel comma 1 dell’art. 545-bis cod. proc. pen. il riferimento alla sospensione condizionale della pena.
Nonostante l’evidenziata modifica, prosegue la citata sentenza «Tronco», l’applicazione delle pene sostitutive rimane preclusa dalla intervenuta concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Dalla relazione ministeriale illustrativa del citato decreto n. 31, emerge chiaramente che la finalità cui è ispirata la modifica normativa è quella di rivedere in senso più funzionale il procedimento per l’applicazione delle pene sostitutive. Si legge, invero, che «…L’intervento mira, in primo luogo, a chiarire nel codice di rito che il giudice quando, nell’esercizio del potere discrezionale previsto dall’articolo 58 della legge 24 novembre 1981, n. 689, valuta che, in concreto, non sussistono i presupposti per la sostituzione della pena detentiva, non debba attivare il c.d. meccanismo di sentencing (…), pronunciando, dunque, un dispositivo di condanna “provvisorio” e dando un avviso alle parti (che sarebbe, in questo caso, ínutílíter dato), ma possa pronunciare direttamente il dispositivo di condanna a pena detentiva non sostituita. Si opera, inoltre, una complessiva semplificazione prevedendo che, se il giudice già dispone degli elementi necessari per la sostituzione, ivi compreso il consenso dell’imputato che in ipotesi lo abbia espresso in una fase antecedente o nel corso dell’udienza di discussione, -possa direttamente sostituire la pena detentiva, senza necessariamente attivare il meccanismo di sentencíng. Il meccanismo verrà invece attivato solo quando il giudice, pur ritenendo sussistenti i presupposti per la sostituzione, non abbia elementi sufficienti per procedervi, o perché debba acquisire il consenso dell’imputato o ritenga il consenso espresso non attuale (per esempio, in considerazione del tempo trascorso dalla manifestazione del consenso stesso) ovvero perché ritenga necessario effettuare gli ulteriori accertamenti e approfondimenti di cui al comma 2 della norma».
Risulta, dunque, chiaramente come la disciplina dei rapporti tra sospensione condizionale e pene sostitutive non rientrava nelle finalità perseguite dalla novella normativa.
Tale conclusione trova conforto nella lettura sistematica della riforma, la quale non ha modificato le norme sostanziali che disciplinano i presupposti per l’applicazione delle pene sostitutive, atteso che l’art. 61-bis, I. n. 689 del 1981 è rimasto invariato, mentre l’art. 58 è stato integrato prevedendosi come necessario il consenso dell’imputato, espresso personalmente o a mezzo di procuratore speciale, per l’applicazione delle pene sostitutive della semilibertà, della detenzione domiciliare e del lavoro di pubblica utilità.
Tali elementi consentono, dunque, di affermare che la regola dell’alternatività tra la concessione della sospensione condizionale della pena e l’applicazione delle pene sostitutive brevi, introdotta dal d.lgs. n. 150 del 2022, non è venuta meno per effetto della modifica dell’art. 545-bis cod. proc. pen.
3.2. Ciò posto, si tratta in primo luogo di stabilire se nel caso di specie trovi applicazione la disciplina introdotta dal la cd. riforma Cartabia.
Nell’affrontare la questione, Sez. 3, n. 33149 del 07/06/2024, V., Rv. 286751 – 01 (conforme la successiva citata sentenza «Tronco») ha chiarito che, in tema di pene sostitutive di pene detentive brevi, il divieto di farne applicazione nei casi in cui sia disposta altresì la sospensione condizionale della pena, previsto dall’art. 61-bis, I. n. 689 del 1981, introdotto dall’art. 71, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 150 del 2022, non si estende ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore di tale ultima disposizione. Ciò consegue alla natura sostanziale delle pene sostitutive delle pene detentive brevi, le quali, per il loro carattere afflittivo, la loro convertibilità, in caso di revoca, nella pena sostituita residua, per l stretto collegamento esistente con la fattispecie penale cui conseguono, hanno natura di vere e proprie pene e non di semplici modalità esecutive della pena detentiva sostituita e che pertanto le disposizioni che le contemplano hanno natura sostanziale e sono soggette, in caso di successioni di leggi nel tempo, alla disciplina di cui al citato art. 2, comma 4, cod. pen. (sul punto: Sez. U, n. 11397 del 25/10/1995, COGNOME, Rv. 202870 – 01; Sez. F, n. 32799 del 17/08/2011, COGNOME, Rv. 251007 – 01; Sez. 4, n. 29504 del 19/04/2018, COGNOME, Rv. 273082 – 01).
Precisamente, per un verso, deve osservarsi che, per i fatti commessi anteriormente all’entrata in vigore dell’art. 61-bis legge n. 689 del 1981, in forza della riforma recata dall’art. 71, comma 1, lett. i), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, la mancata applicazione della pena sostitutiva in luogo di pena detentiva non può essere giustificata dall’avvenuta concessione della sospensione condizionale, posto che, al momento della commissione di tali fatti, i due istituti
erano tra loro compatibili nell’assetto complessivo del sistema normativo. In tale ipotesi, al fine di individuare la disposizione più favorevole, il citato art. 2 impon di fare un raffronto tra le discipline complessive dei due istituti e, individuata l disposizione complessivamente più favorevole, occorre applicarla nella sua integralità, non potendosi combinare un frammento normativo di una legge e un frammento normativo dell’altra legge secondo il criterio del favor rei, atteso che in tal modo si verrebbe ad applicare una terza fattispecie di carattere intertemporale non prevista dal legislatore con violazione del principio di legalità (ex plurimis, Sez. U, n. 10626 del 06/10/1979, Maggi, Rv. 089651 -01). Pertanto, sempre con riferimento ai fatti commessi anteriormente alla riforma, ai fini dell’applicazione delle pene sostitutive in luogo di quelle detentive, i crite cui fare riferimento sono quelli stabiliti dall’art. 53, comma 1, I. n. 689 del 1981 nel testo scaturente dalla modifica apportata dall’art. 4, comma 1, lett. a, I. n. 134 del 2003, non potendosi combinare frammenti di discipline normative differenti, che darebbero altrimenti origine a una tertia lex non prevista dal legislatore, con conseguente violazione del principio di legalità (Sez. 3, n. 33149 del 07/06/2024, cit).
3.2.1. Per i fatti commessi dopo la c.d. «riforma Cartabia» opera invece, come nella specie, l’evidenziata incompatibilità tra i due istituti.
3.2.2 Orbene, Venendo ad applicare tali principi alla peculiare fattispecie in esame, occorre considerare, anche in relazione al divieto di reformatio in peius di cui all’art. 597 cod. proc. pen., che i fatti oggetto del processo sono stati commessi il 4 giugno 2024, quindi successivamente all’entrata in vigore della riforma, con conseguente incompatibilità dei due istituti. Nella specie, il beneficio della sospensione condizionale è stato concesso dal giudice di primo grado, nonostante l’esplicita richiesta di sostituzione della pena, con sentenza non impugnata sul punto dell’applicata sospensione in luogo della richiesta sostituzione ma appellata con richiesta della difesa di sostituzione con la pena pecuniaria sostitutiva e in assenza di rinuncia al beneficio.
Sicché, nella specie, la sospensione condizionale della pena in primo grado, concessa nonostante l’esplicita richiesta di sostituzione della pena con sentenza non impugnata sul punto, ha correttamente costituito ostacolo per l’applicazione della pena sostitutiva da parte del giudice d’appello, ancorché esplicitamente richiesta ma in assenza di rinuncia al benefico già concesso.
Nella descritta fattispecie, la revoca del beneficio di cui innanzi, incidendo esso sull’esecuzione della pena, avrebbe difatti attuato una non consentita reformatio in peius. Ciò ancorché vi sia stata l’esplicita richiesta da parte della difesa, in sede d’appello, della sostituzione della pena detentiva non accompagnata dalla rinuncia al beneficio già concesso, non potendo essa di per/
sé valere quale rinuncia alla sospensione condizionale della pena. La rinuncia al beneficio, difatti, ha natura giuridica di atto dispositivo, incidente sull’esecuzione
della pena, che costituisce iniziativa esuberante rispetto alle scelte proprie della difesa tecnica, afferendo ai diritti personalissimi, di cui all’art. 99, comma 1, cod.
proc. pen., esercitabili, in quanto tali, dal solo imputato e non dal suo difensore, salvo che questi sia munito di procura speciale appositamente rilasciata
(ex plurimis,
tra le più recenti, Sez. 2, n. 16052 del 18/02/2025, COGNOME, Rv.
287940 – 01; si vada altresì sez. 3, n. 11104 del 30/01/2014, COGNOME Rv.
258701 – 01).
4. In conclusione, al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 20 maggio 2025
Il Presidente / .