Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 45583 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 45583 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 03/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il 10/11/1987
avverso la sentenza del 12/04/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio con trasmissione atti per nuova valutazione;
udito il difensore, avvocato COGNOME NOME COGNOME che si riporta integralmente ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglinnento
Ritenuto in fatto
Con sentenza in data 12 aprile 2024, la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Roma, ha ritenuto NOME COGNOME responsabile del concorso nel reato di furto aggravato di un’autovettura, condannandolo alla pena di anni uno di reclusione ed euro 300 di multa. Ha inoltre rigettato la richiesta di applicazione della pena sostitutiva della detenzione domiciliare in luogo di quella detentiva.
Avverso tale sentenza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un’unica censura con la quale lamenta il vizio di violazione di legge per avere la Corte territoriale escluso la possibilità di applicare la pena sostitutiva, in ragione della avvenuta concessione della sospensione condizionale della pena. Secondo il ricorrente, tale conclusione contrasterebbe con l’art. 545-bis cod. proc. pen. come risultante a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. 19 marzo 2024, n. 31, cd. Correttivo Cartabia, il quale, ai fini della applicazione delle pene sostitutive, ha eliminato la causa i mpeditiva costituita dalla avvenuta concessione della sospensione condizionale della pena. Poiché al momento della trattazione del giudizio di appello detta riforma era già entrata in vigore, essa dovrebbe trovare applicazione anche nella specie, con la conseguenza che la richiesta formulata dal ricorrente avrebbe dovuto essere valutata dai giudici di appello, sussistendone i presupposti oggettivi e soggettivi.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati.
La questione prospettata dal ricorrente attiene alla applicabilità, in favore del condannato a pena condizionalmente sospesa, delle pene sostitutive previste dalla legge 24 novembre 1981, n. 689.
Nel caso di specie, la Corte d’appello ha rigettato la richiesta avanzata dal COGNOME di sostituzione della pena detentiva con la pena sostitutiva della detenzione domiciliare in ragione della avvenuta concessione della sospensione condizionale della pena.
Il ricorrente sostiene che tale preclusione sarebbe venuta meno per effetto del d.lgs. 19 marzo 2024, n. 31, che, nel modificare l’art. 545-bis cod. proc. pen., ha eliminato previsione di alternatività tra i due istituti.
Conviene preliminarmente osservare che, anteriormente alla cd. riforma Cartabia, introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, la sospensione condizionale della pena e le pene sostitutive delle pene detentive brevi previste dalla legge n. 689 del 1981 erano istituti concorrenti, sicché, come riconosciuto dalla giurisprudenza, il beneficio della sospensione ben poteva essere applicato anche
alle pene sostitutive (Sez. 4, n. 46157 del 24/11/2021, COGNOME, Rv. 282551 – 01; Sez. 2, n. 21459 del 07/03/2019, COGNOME, Rv. 276064 – 01).
Ciò aveva determinato, nella prassi, una sempre minor rilevanza delle sanzioni sostitutive, dal momento che – come si legge nella relazione illustrativa al d.lgs. n. 150 del 2022 -l’area della pena sostituibile era «rimasta sovrapposta a quella della pena sospendibile, rendendo così di fatto le sanzioni sostitutive soluzioni meno praticate dai giudici e meno interessanti per la difesa, anche nel contesto dei riti alternativi».
Allo scopo di rivitalizzarne l’operatività e «garantire effettività alle pene sostitutive, restituendo ad un tempo alla sospensione condizionale della pena il suo naturale ruolo di strumento di lotta alla pena detentiva breve» (così si legge ancora nella richiamata Relazione illustrativa), l’art. 1, comma 17, lett. i), d.lgs. n. 150 del 2022 ha introdotto nella I. n. 689 del 1981, l’art. 61-bis, il quale stabilisce che le disposizioni di cui agli artt. 163 e seguenti del codice penale, relative alla sospensione condizionale della pena, non si applicano alle pene sostitutive. In tal modo, il legislatore ha inteso escludere che, una volta che il giudice abbia disposto l’applicazione di una sanzione sostitutiva, questa possa essere condizionalmente sospesa, ove ne ricorrano i presupposti.
Al contempo, l’alternatività tra i due istituti è stata affermata anche con riguardo al momento applicativo delle pene sostitutive, attraverso la modifica dell’art. 58, I. n. 689 del 1981, il quale disciplina l’esercizio del potere discrezionale del giudice, disponendo che egli può applicare le pene sostitutive se non ordina la sospensione condizionale della pena.
Correlativamente, il d.lgs. n. 150 del 2022 ha introdotto nel codice di rito l’art. 545-bis, il quale regola il sub-procedimento (cd. sentencing) per la applicazione delle pene sostitutive, stabilendo al comma 1 che, «se non è ordinata la sospensione condizionale della pena», ricorrendone le condizioni, dopo la lettura del dispositivo il giudice dà avviso alle parti che ricorrono le condizioni per l’applicazione di pena sostitutiva.
Tale disposizione è stata successivamente modificata dall’art. 2, d.lgs. n. 31 del 2024, cd. “decreto correttivo” della riforma Cartabia, entrato in vigore il 4 aprile 2024, il quale, nel riformare il procedimento per l’applicazione delle pene sostitutive, ha eliminato nel comma 1 dell’art. 545-bis il riferimento alla sospensione condizionale della pena.
Alla luce di tale modifica, il ricorrente ha ritenuto che l’applicazione delle pene sostitutive non sia preclusa dalla intervenuta concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Trattasi di conclusione destituita di fondamento.
4. La Relazione ministeriale illustrativa al citato decreto n. 31, emerge chiaramente che la finalità cui è ispirata la modifica normativa è quella di rivedere in senso più funzionale il procedimento per l’applicazione delle pene sostitutive. Si legge, invero, che «l’intervento mira, in primo luogo, a chiarire nel codice di rito che il giudice quando, nell’esercizio del potere discrezionale previsto dall’articolo 58 della legge 24 novembre 1981, n. 689, valuta che, in concreto, non sussistono i presupposti per la sostituzione della pena detentiva, non debba attivare il c. d. meccanismo di sentencing (…), pronunciando, dunque, un dispositivo di condanna “provvisorio” e dando un avviso alle parti (che sarebbe, in questo caso, inutiliter dato), ma possa pronunciare direttamente il dispositivo di condanna a pena detentiva non sostituita. Si opera, inoltre, una complessiva semplificazione prevedendo che, se il giudice già dispone degli elementi necessari per la sostituzione, ivi compreso il consenso dell’imputato – che in ipotesi lo abbia espresso in una fase antecedente o nel corso dell’udienza di discussione, – possa direttamente sostituire la pena detentiva, senza necessariamente attivare il meccanismo di sentencíng. Il meccanismo verrà invece attivato solo quando il giudice, pur ritenendo sussistenti i presupposti per la sostituzione, non abbia elementi sufficienti per procedervi, o perché debba acquisire il consenso dell’imputato o ritenga il consenso espresso non attuale (per esempio, in considerazione del tempo trascorso dalla manifestazione del consenso stesso) ovvero perché ritenga necessario effettuare gli ulteriori accertamenti e approfondimenti di cui al comma 2 della norma».
Risulta, dunque, chiaramente come la disciplina dei rapporti tra sospensione condizionale e pene sostitutive non rientrava nelle finalità perseguite dalla novella normativa. Tale conclusione trova conforto nella lettura sistematica della riforma, la quale non ha modificato le norme sostanziali che disciplinano i presupposti per l’applicazione delle pene sostitutive, atteso che l’art. 61-bis, I. n. 689 del 1981 è rimasto invariato, mentre l’art. 58 è stato integrato prevedendosi come necessario il consenso dell’imputato, espresso personalmente o a mezzo di procuratore speciale, per l’applicazione delle pene sostitutive della semilibertà, della detenzione domiciliare e del lavoro di pubblica utilità.
Tali elementi consentono, dunque, di affermare che la regola dell’alternatività tra la concessione della sospensione condizionale della pena e l’applicazione delle pene sostitutive brevi introdotta dal d.lgs. n. 150 del 2022, non è venuta meno per effetto della modifica dell’art. 545-bis cod. proc. pen.
Ciò posto, si tratta di stabilire se nel caso di specie trovi applicazione la disciplina introdotta dal la cd. riforma Cartabia.
Questa Corte, nell’affrontare la questione, ha affermato che, in tema di pene sostitutive di pene detentive brevi, il divieto di farne applicazione nei casi in cui sia disposta altresì la sospensione condizionale della pena, previsto dall’art. 61bis, legge n. 689 del 1981, introdotto dall’art. 71, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 150 del 2022, non si estende ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore di tale ultima disposizione (Sez. 3, n. 33149 del 07/06/2024, V., Rv. 286751 – 01). Ciò consegue alla natura sostanziale delle pene sostitutive delle pene detentive brevi, le quali, per il loro carattere afflittivo, per la loro convertibilità, in caso di revoca nella pena sostituita residua, per lo stretto collegamento esistente con la fattispecie penale cui conseguono, hanno natura di vere e proprie pene e non di semplici modalità esecutive della pena detentiva sostituita e che pertanto le disposizioni che le contemplano hanno natura sostanziale e sono soggette, in caso di successioni di leggi nel tempo, alla disciplina di cui al citato art. 2, quarto comma, cod. pen. (Sez. U, n. 11397 del 25/10/1995, COGNOME, Rv. 202870 – 01; Sez. F, n. 32799 del 17/08/2011, COGNOME, Rv. 251007 – 01; Sez. 4, n. 29504 del 19/04/2018, COGNOME, Rv. 273082 – 01).
Si è altresì precisato che, al fine di individuare la disposizione più favorevole, il citato art. 2 impone di fare un raffronto tra le discipline complessive dei due istituti e, individuata la disposizione complessivamente più favorevole, occorre applicarla nella sua integralità, non potendosi combinare un frammento normativo di una legge e un frammento normativo dell’altra legge secondo il criterio del favor rei, atteso che in tal modo si verrebbe ad applicare una terza fattispecie di carattere intertemporale non prevista dal legislatore con violazione del principio di legalità (ex plurimis, Sez. U, n. 10626 del 06/10/1979, Maggi, Rv. 089651 -01).
Pertanto, ai fini dell’applicazione delle pene sostitutive in luogo di quelle detentive, i criteri cui fare riferimento sono quelli stabiliti dall’art. 53, comma 1, I. n. 689 del 1981, nel testo scaturente dalla modifica apportata dall’art. 4, comma 1, lett. a, legge 12 giugno 2003, n. 134, non potendosi combinare frammenti di discipline normative differenti, che darebbero altrimenti origine a una tertia lex non prevista dal legislatore, con conseguente violazione del principio di legalità (Sez. 3, n. 33149 del 07/06/2024, cit).
Ne consegue che, per i fatti commessi anteriormente all’entrata in vigore degli artt. 58 e 61-bis, I. n. 689 del 1981, introdotto dall’art. 71, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 150 del 2022, la mancata applicazione della pena sostitutiva in luogo di pena detentiva non può essere giustificata dall’avvenuta concessione della sospensione condizionale, posto che, al momento della commissione di tali fatti, i due istituti erano tra loro compatibili nell’assetto complessivo del sistema normativo.
5. Venendo ad applicare tali principi al caso in esame, occorre considerare che i fatti oggetto del processo sono stati commessi in data 14.12.2022, e perciò anteriormente all’entrata in vigore della cd. riforma Cartabia, sicché la concessione della sospensione condizionale della pena non costituiva ostacolo per l’applicazione della pena sostitutiva. Ne consegue che erroneamente la sentenza impugnata ha rigettato la richiesta di applicazione della pena sostitutiva richiesta dal ricorrente, sicché deve esserne disposto l’annullamento con rinvio alla Corte d’appello di Roma, perché valuti se sia applicabile la pena sostitutiva in luogo di quella detentiva.
Va al riguardo precisato che, per le considerazioni sopra espresse, i criteri cui a tal fine occorre avere riguardo sono quelli stabiliti dall’art. 53 legge n. 689 del 1981 nella sua ultima formulazione compatibile con la concessione del beneficio della sospensione condizionale.
PQM
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Roma.
Così deciso nella camera di consiglio del 3 dicembre 2024.