Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23017 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23017 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CATANIA il 13/12/1995
avverso la sentenza del 12/02/2025 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo violazione di legge e vizio motivazionale con un primo motivo in ordine alla determinazione del quantum di diminuzione per le pur concesse circostanze attenuanti generiche e con un secondo motivo in relazione al diniego della pena detentiva irrogata con quella del lavoro di pubblica utilità o, in alternativa, della detenzione domiciliare.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I motivi sopra richiamati non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e sono afferenti al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
2.1. Con tutta evidenza, non v’è alcuna violazione di legge nell’effettuare una riduzione della pena ex art. 62 bis c.p. in misura inferiore ad 1/3.
Tuttavia nel caso che ci occupa non sussiste neanche il denunciato vizio motivazionale, in quanto la Corte territoriale afferma di stimare di rideterminare “in melius” er l’imputato la pena per adeguarla “alla reale entità dei fattoi contestati”, collocandosi nel solco del dictum di questa Corte di legittimità secondo cui deve ritenersi adempiuto l’obbligo di motivazione da parte del giudice di merito in ordine alla misura della riduzione della pena per effetto dell’applicazione di un’attenuante, attraverso l’adozione, in sentenza, di una formula sintetica, quale “si ritiene congruo” (cfr. Sez. 4, n. 54966 del 20/09/2017, COGNOME, Rv. 271524; così sez. 6, n. 9120 del 2/7/1998, COGNOME e altri, Rv. 211583).
2.2. Inoltre, la motivazione nel provvedimento impugnato riguardante la mancata sostituzione della pena detentiva (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata) è logica, coerente e corretta in punto di diritto.
Per la Corte territoriale, contrariamente all’assunto difensivo, non ricorrono i presupposti di legge al fine di concedere al Fama la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità di cui all’art. 20-bis cod. pen., o quella della detenzione domiciliare di cui all’art. 20-bis cod. pen. – peraltro invocate con le sole memorie conclusive ed in assenza di tempestivi motivi aggiunti – in quanto l’imputato, già gravato da
diversi precedenti penali, non appare affatto meritevole di pena sostitutiva avendo continuato a delinquere in data successiva a quella di commissione del reato in disamina (tant’è che lo stesso, allo stato, risulta detenuto) mostrando una certa pervicacia nel porre in essere condotte criminose (mancando, dunque, l’episodicità della condotta contestata) (v. certificato del casellario giudiziale, in atti).
Il provvedimento impugnato opera, pertanto, un corretto governo dei consolidati principi in materia affermati da questa Corte di legittimità.
Sez. 5, n. 17959 del 26/01/2024, Avram, Rv. 286449 – 01, con riguardo all’assetto normativo precedente alla novella del 2022, ha già precisato che la sostituzione delle pene detentive brevi è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice, che deve essere condotta con l’osservanza dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., prendendo in considerazione, tra l’altro, le modalità del fatto per il quale è intervenuta condanna e la personalità del condannato» (ex multis, Sez. 3, n. 19326 del 27/01/2015, COGNOME, Rv. 263558 – 01).
Ebbene, tale principio, come ricorda Sez. 7, ord. n. 11652 dell’11/03/2025, Kamal, non mass. può essere applicato anche alle pene sostitutive come configurate dal legislatore della riforma, in quanto la disciplina normativa introdotta continua a subordinare la sostituzione a una valutazione giudiziale ancorata ai parametri di cui al cit. art. 133 (cfr., in tal senso, Sez. 6, n. 33027 del 11/5/2023, Agostino, Rv. 285090, in motivazione).
La valutazione della sussistenza dei presupposti per l’adozione di una sanzione sostitutiva è legata, quindi, agli stessi criteri previsti dalla legge per la determinazione della pena, ed il giudizio prognostico positivo cui è subordinata la possibilità della sostituzione non può prescindere dal riferimento agli indici individuati dall’art. 133 cod. pen., sicché la richiesta di sostituzione della pena detentiva impone al giudice di motivare sulle ragioni del diniego (Sez. 1, n. 25833 del 23/04/2012, Testi, Rv. 253102 – 01; Sez. 2, n. 7811, 01/10/1991, COGNOME, Rv. 191006; Sez. 2, n. 25085, 18/06/2010, COGNOME, Rv. 247853).
È stato anche condivisibilmente osservato che, quanto all’inserimento, nel testo dell’art. 58, comma 1, seconda parte, I. 689 del 1981, nell’ambito della preesistente ipotesi di non concedibilità della sostituzione, del riferimento alla necessità che vi siano “fondati motivi” per ritenere che le prescrizioni connesse alle sanzioni sostitutive richieste non saranno adempiute dal condannato, deve evidenziarsene la ragione. Si tratta di un richiamo normativo volto a sottolineare l’esigenza di soppesare adeguatamente il giudizio di bilanciamento, in chiave prognostica, tra le istanze volte a privilegiare l’adozione di forme sanzionatorie più corrispondenti e consone alla finalità rieducativa – le pene sostitutive – e l’obiettivo di assicurare effettività alla pena, in un’ottica di salvaguardia dei beni giuridici penalmente protetti.
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In altre parole, ci si trova dinanzi ad un esplicito monito normativo diretto al giudice, affinché bilanci adeguatamente in concreto le predette esigenze; un mo-
nito che si risolve in un corrispondente obbligo di congrua motivazione.
Ebbene, nel provvedimento sottoposto all’esame del Collegio, il giudice di se- condo grado ha valutato in modo attento la negativa prognosi, parametrandola
agli indicatori previsti dall’art. 133 cod. pen.
Va ricordato che, in tema di sanzioni sostitutive, l’accertamento della sussi- stenza delle condizioni che consentono di applicare una delle sanzioni sostitutive
della pena detentiva breve, previste dall’art. 53, legge 24 novembre 1981, n. 689, costituisce un accertamento di fatto, non sindacabile in sede di legittimità, se mo-
tivato in modo non manifestamente illogico, così come accaduto nel caso sottopo- sto al Collegio (Sez. 1, n. 35849 del 17/5/2019, COGNOME, Rv. 276716).
In conclusione, deve affermarsi che, anche successivamente alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 150 del 2022, la sostituzione delle pene detentive brevi è
rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice, che deve essere condotta con l’osservanza dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., prendendo in considera-
zione, tra l’altro, la gravità del fatto per il quale è intervenuta condanna, le sue modalità di commissione e la personalità del condannato, per come risulti anche dai precedenti penali. I “fondati motivi” che impongono la non sostituzione della pena, ai sensi dell’art. 58, comma primo, seconda parte, I. n. 689 del 1981, esprimono la necessità di soppesare adeguatamente il giudizio di bilanciamento, in chiave prognostica, tra le istanze volte a privilegiare l’adozione di forme sanzionatorie più corrispondenti e consone alla finalità rieducativa – le pene sostitutive – e l’obiettivo di assicurare effettività alla pena, risolvendosi in un obbligo di adeguata e congrua motivazione per il giudice.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.