Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26837 Anno 2024
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Penale Sent. Sez. 1 Num. 26837 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari nei confronti di COGNOME NOME nato a Villacidro (CA) il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/06/2023 del TRIBUNALE di CAGLIARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO COGNOME
Il Procuratore generale, NOME COGNOME, chiede il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari ricorre avverso l’ordinanza del 13 giugno 2023 del Tribunale di Cagliari che, quale giudice dell’esecuzione, ha sostituito ex art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 la pena di anni tre di reclusione (irrogata a COGNOME NOME con la sentenza della Corte di appello di Cagliari del 17 giugno 2021, definitiva il 3 aprile 2023, in ordine al reato di peculato, ai sensi dell’art. 314 cod. pen.) con quella del “lavoro di pubblica utilità sostitutivo” ex art. 56-bis legge 24 novembre 1981, n. 689 per la durata di anni tre (pari a 2190 ore), da svolgersi presso l’associazione “RAGIONE_SOCIALE“, con sede in Villacidro.
Il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 656, commi 1 e 5, 663 cod. proc. pen., 70, terzo comma, legge del 21 novembre 1981 n. 689 (per come sostituito dall’art. 71 comma 1, lett. t) del d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150 a decorrere dal 30.12.2022) e 3 Cost., perché il giudice dell’esecuzione avrebbe omesso di considerare che COGNOME era già stato condannato alla pena di anni due di reclusione dal Tribunale di Cagliari con sentenza del 30 giugno 2022, definitiva il 19 luglio 2022, in ordine al reato di bancarotta fraudolenta, ai sensi degli artt. 216, 219 e 223 r.d. 16 marzo 1942, n. 267.
Il giudice dell’esecuzione, pertanto, non avrebbe potuto concedere la pena sostitutiva, posto che la somma delle pene inflitte era superiore ad anni quattro di reclusione e che, ai sensi dell’art. 70, terzo comma, legge n. 689 del 1981, se il cumulo delle pene detentive sostituite ecceda complessivamente la durata di quattro anni, deve applicarsi per intero la pena sostituita.
Secondo il ricorrente, tale norma dovrebbe trovare applicazione al caso di specie, a nulla rilevando che la precedente pena di anni due di reclusione non fosse anch’essa sostituita, posto che l’interpretazione opposta apparirebbe manifestamente ingiusta e discriminatoria, in violazione dell’art. 3 Cost., poiché sfavorirebbe il condannato a pena sostitutiva che abbia riportato un cumulo di pene detentive sostituite eccedente complessivamente la durata di anni quattro, rispetto a quello che non abbia superato tale limite con le pene sostituite, ma che abbia a suo carico ulteriori condanne a pene non sostituite, anche se di rilevante gravità.
A sostegno della sua tesi, il ricorrente evidenzia come il legislatore nell’art. 565, comma 5, cod. proc. pen. abbia già stabilito il limite di anni quattro di reclusione per accedere alle misure alternative alla detenzione.
Con memoria del 29 gennaio 2024, COGNOME evidenzia come nessuna norma dell’ordinamento penale preveda che vi sia un limite di anni quattro tra la somma delle pene sostituite e quella delle pene non sostituite, a nulla rilevando che l’art. 656, comma 5, cod. proc. pen. preveda dei limiti di pena per accedere al diverso istituto delle misure alternative alla detenzione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
In tema di sanzioni sostitutive di pene detentive brevi, il giudice dell’esecuzione, per verificare la sostituibilità della pena, deve far riferimento, in relazione al limite massimo di quattro anni stabilito dalla legge, a quella complessivamente inflitta in sede di cognizione, e non a quella residua da espiare, dopo il passaggio in giudicato, a seguito delle eventuali operazioni di calcolo di cui agli artt. 657 e 663 cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 1776 del 20/10/2023, dep. 2024, Corrotto, Rv. 285836).
Sul punto, si consideri che l’art. 58 legge n. 689 del 1981, quale riformato dal d.lgs. n. 150 del 2022, estende l’operatività dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen nella valutazione dell’applicazione delle pene sostitutive; il giudicante, quindi, dovrà tenere conto di tali indici per stabilire la gravità oggettiva e soggettiva del fatto e, quindi, la meritevolezza e il bisogno della pena detentiva, piuttosto che di una pena sostitutiva.
Si tratta, quindi, di criteri idonei a guidare, in funzione delle esigenze di prevenzione speciale, e nel rispetto del dato oggettivo e invalicabile del limite di pena inflitta, la scelta discrezionale inerente il trattamento sanzionatorio del reato per cui si procede.
Solo quando la pena detentiva inflitta non è superiore al limite massimo quadriennale, ha ingresso nel processo la valutazione giudiziale sulla sostituibilità della pena detentiva stessa con una delle pene di cui all’art. 20-bis cod. pen.
La concorrenza dei titoli e l’eventuale presofferto assumono rilevanza, a sostituzione di pena avvenuta, solo in sede esecutiva, essendo la materia disciplinata, almeno parzialmente, dal nuovo testo dell’art. 70 legge n. 689 del 1981 che recita:
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“Quando contro la stessa persona sono state pronunciate, per più reati, una o più sentenze o decreti penali di condanna a pena sostitutiva, si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli da 71 a 80 del codice penale.
Se più reati importano pene sostitutive, anche di specie diversa, e il cumulo delle pene detentive sostituite non eccede complessivamente la durata di quattro anni, si applicano le singole pene sostitutive distintamente, anche oltre i limiti di cui all’articolo 53 per la pena pecuniaria e per il lavoro di pubblica utilità.
Se il cumulo delle pene detentive sostituite eccede complessivamente la durata di quattro anni, si applica per intero la pena sostituita, salvo che la pena residua da eseguire sia pari o inferiore ad anni quattro.
Le pene sostitutive sono sempre eseguite dopo le pene detentive e, nell’ordine, si eseguono la semilibertà, la detenzione domiciliare ed il lavoro di pubblica utilità.
Per l’esecuzione delle pene sostitutive concorrenti si applica, in quanto compatibile, l’articolo 663 del codice di procedura penale. È tuttavia fatta salva, limitatamente all’esecuzione del lavoro di pubblica utilità, anche concorrente con pene sostitutive di specie diversa, la competenza del giudice che ha applicato tale pena”.
Il giudice dell’esecuzione può quindi applicare una delle sanzioni sostitutive previste dal capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, quando si verifichi la sopravvenienza di un altro titolo di condanna a pena detentiva, la cui entità, sommata alla pena sostituita dal predetto giudice, superi il limite di anni quattro facendo riferimento però al singolo titolo esecutivo attivato dal Pubblico ministero, perché è il cumulo di pene da eseguirsi determinato dal Pubblico ministero ai sensi dell’art. 663 cod. proc. pen. a costituire il titolo di riferimento che individua “la pena unica ad ogni effetto giuridico”, con la conseguenza che se tale nuova condanna non è contenuta nel cumulo (come è avvenuto nel caso in esame) la stessa non può rilevare nel calcolo del suddetto limite massimo di pena, fermo restando che l’ulteriore condanna riportata dall’imputato può essere valutata negativamente dal giudice per valutare la rneritevolezza della sanzione sostitutiva, ai sensi della medesima disciplina introdotta dalla “Riforma Cartabia”.
Stabilisce in questo senso l’art. 73 cod. pen. che “se più reati importano pene temporanee detentive della stessa specie si applica una pena unica per un tempo uguale alla durata complessiva delle pene che si dovrebbero infliggere per i singoli reati”; così anche l’art. 76 cod. pen. “salvo che la legge stabilisca altrimenti le pene della stessa specie concorrenti a norma dell’art. 73 si considerano come pena unica per goni effetto giuridico”. Le pene di specie diversa concorrenti a norma
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degli art. 74 e 75 si considerano egualmente per ogni effetto giuridico, come pena unica della specie più grave”.
Le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi, espressive del tendenziale sfavore dell’ordinamento penale per l’espiazione carceraria di ridotta durata, per lo più inidonea ad assicurare la risocializzazione dei condannati e la riduzione dei tassi di recidiva (Sez. 3, n. 12523 del 15/10/1985, Lurci, Rv. 171464- 2 01), furono introdotte con la legge 24 novembre 1981, n. 689, entro un perimetro applicativo, in origine, prudentemente ristretto.
L’area della sostituibilità era circoscritta alla misura massima di sei mesi di pena detentiva ed erano delineate numerose condizioni, soggettive ed oggettive, preclusive del riconoscimento del beneficio.
Negli anni successivi, il tetto superiore di pena, compatibile con la sostituzione, è stato progressivamente esteso, prima alla misura di un anno (art. 5 d.l. 14 giugno 1993, n. 187, conv. dalla legge 12 agosto 1993, n. 296), poi a quella di due anni (art. 4, comma 1, legge 12 giugno 2003, n. 134).
Sono state anche eliminate, con l’abrogazione dell’art. 60 della legge n. 689 del 1981, le esclusioni oggettive correlate al titolo di reato (stesso art. 4, comma 1, legge n. 134, cit.).
Nonostante questa progressiva valorizzazione dell’istituto, l’evoluzione del sistema sanzionatorio, nei decenni successivi, è stata tale da rendere nella prassi sempre meno rilevante il meccanismo deflattivo specificamente ideato per arginare, sin dalla fase di cognizione, le brevi detenzioni e scongiurare l’effetto di desocializzazione da esse indotto.
L’ambito della pena detentiva sostituibile, infatti, è rimasto sovrapposto a quello della pena condizionalmente sospendibile, relegando nella marginalità l’applicazione delle sanzioni sostitutive, anche nel contesto dei riti alternativ introdotti dal nuovo codice di rito.
Nel contesto di un più ampio disegno volto al miglioramento dell’efficienza del processo penale e al raggiungimento degli obiettivi cui è stata condizionata l’erogazione dei finanziamenti del Piano europeo di investimenti, varato per risanare le perdite causate dalla nota recente pandemia, il Parlamento ha quindi delegato il Governo, con l’art. 1, commi 1 e 17, della legge 27 settembre 2021, n. 134, a rivitalizzare il sistema.
L’azione del legislatore delegato, tradottasi nelle disposizioni dettate dall’art. 71 d.lgs. n. 150 del 2022, citato, si è snodata in una duplice fondamentale direzione.
Innanzitutto, si è realizzata una radicale rivisitazione delle tipologie sanzionatorie, con estensione dell’ambito applicativo del regime di sostituibilità.
Le nuove misure sono concepite, sin dal nomen iuris, come vere e proprie “pene”, per quanto non edittali.
Le più gravose di esse (la semilibertà sostitutiva e la detenzione domiciliare sostitutiva) possono ora vicariare la reclusione o l’arresto di durata non eccedente i quattro anni, per come risultanti all’esito della commisurazione giudiziale.
Sotto altro aspetto, si è orientato il sistema verso finalità più accentuatamente specialpreventive.
L’applicabilità delle pene sostitutive è stata prevista, sul presupposto che esse scongiurino, attraverso opportune prescrizioni, il pericolo di recidiva.
La sede elettiva della prognosi è stata ricentrata sul giudizio di cognizione, che potrà essere allo scopo specificamente proseguito (con fissazione di apposita udienza, a norma dell’art. 545-bis cod. proc. pen.) per le decisioni inerenti l’an e il quomodo della sostituzione, essendo anche venuta meno la divaricazione, precedentemente esistente, tra il momento della nominale irrogazione della pena sostitutiva ad opera del giudice procedente e la fase della concreta determinazione delle modalità di esecuzione ad opera del magistrato di sorveglianza.
Il meccanismo è stato, infine, emancipato dalla prospettiva della sospensione condizionale, che, quale fattore potenzialmente disincentivante, non viene più ammessa in caso di sostituzione.
L’art. 71 d.lgs. n. 150 del 2022, nel ridisegnare l’istituto in più punti, innalz sino a quattro anni il limite di pena detentiva compatibile con l’ammissione alle pene sostitutive.
Il comma 1, lett. a), dell’art. 71 riscrive, in particolare, l’art. 53 della legge 689/1981.
L’art. 95 d.lgs. n. 150 del 2022 delinea il regime di transizione alla nuova disciplina e stabilisce l’immediata applicabilità delle sue disposizioni ai processi in corso, nella parte al reo più favorevole.
La norma, con evidenza, è dettata per evitare disparità di trattamento con riferimento alle condanne già inflitte nei processi in corso ed attribuisce al giudice dell’esecuzione gli stessi poteri del giudice della cognizione, come sopra delineati dalle nuove disposizioni.
La latitudine deliberativa, consentita dal citato art. 95, è la medesima che, a regime, sarebbe spettata al giudice di cognizione.
La norma è stata, in definitiva, correttamente applicata dal Tribunale di Cagliari quale giudice dell’esecuzione
Il limite di pena sostituibile va riferito, in definitiva, alla pena concretamente, conclusivamente, irrogata dal giudice della cognizione (al netto dell’eventuale diminuente premiale del rito, applicata dopo l’aumento ex art. 81 cod. pen.: Sez. 3, n. 35973 del 07/05/2021, Zoncada, Rv. 282478-01; Sez. 3, n. 45450 del
18/07/2014, NOME, Rv. 260866-01; Sez. 3, n. 2070 del 02/06/1999, NOME, Rv. 215068-01) e alla pena unica e complessiva che il condannato deve espiare a seguito del cumulo che il pubblico ministero determina ai sensi dell’art. 663 cod. proc. pen.
Alla luce dei principi sopra indicati, la Corte deve rigettare il ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso il 15/02/2024