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Pene sostitutive: consenso e termini in appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che, tramite il suo difensore senza procura speciale, aveva richiesto in appello l’applicazione di pene sostitutive. La Corte ha stabilito che, se le condizioni per la sostituzione della pena detentiva esistevano già dopo la sentenza di primo grado, il consenso dell’imputato deve essere manifestato prima dell’udienza di appello. La richiesta tardiva o non formalizzata correttamente rende il motivo d’appello inammissibile.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene sostitutive: quando e come chiederle in appello

L’introduzione delle pene sostitutive con la Riforma Cartabia ha aperto nuovi scenari per le condanne detentive brevi. Tuttavia, le modalità e le tempistiche per richiederle, specialmente nel giudizio di appello, sono state oggetto di dibattito. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, stabilendo una netta distinzione a seconda del momento in cui maturano i presupposti per la loro applicazione. Analizziamo insieme la decisione per comprendere le implicazioni pratiche per l’imputato e il suo difensore.

I Fatti del Caso

Il caso nasce dalla condanna in primo grado di un imputato a due mesi e venti giorni di reclusione per il reato di cui all’art. 337 del codice penale. In sede di appello, il difensore dell’imputato chiedeva l’applicazione di una pena sostitutiva, specificamente il lavoro di pubblica utilità, ai sensi della nuova normativa introdotta dalla Riforma Cartabia. La Corte di appello, però, dichiarava il motivo inammissibile. La ragione era puramente formale: la richiesta non proveniva direttamente dall’imputato né il difensore era munito di una procura speciale, necessaria per esprimere il consenso a nome del suo assistito. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo la violazione delle norme procedurali che regolano l’applicazione delle pene sostitutive nei procedimenti pendenti.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di secondo grado. Il cuore della sentenza risiede nell’interpretazione dell’articolo 545-bis del codice di procedura penale e delle relative norme transitorie. La Corte ha chiarito che la procedura per richiedere la sostituzione della pena in appello cambia radicalmente a seconda che i presupposti esistessero già dopo la condanna di primo grado o siano emersi solo a seguito della decisione d’appello.

L’importanza del consenso per le pene sostitutive

La Corte distingue due scenari principali:

1. Presupposti che maturano in Appello: Se la possibilità di applicare una pena sostitutiva sorge solo per effetto della sentenza di secondo grado (ad esempio, a seguito di una riduzione della pena al di sotto dei quattro anni), la Corte d’appello ha il dovere di valutare, anche d’ufficio, tale possibilità. In questo caso, se è necessario acquisire il consenso dell’imputato, il giudice deve fissare un’udienza apposita, garantendo all’imputato la possibilità di esprimersi.
2. Presupposti già esistenti in Primo Grado: Se, come nel caso di specie, il quadro sanzionatorio non cambia tra primo e secondo grado e i presupposti per la sostituzione erano già presenti, la situazione è diversa. Il legislatore e la giurisprudenza ritengono che, per principi di economia processuale, l’imputato debba attivarsi tempestivamente. La richiesta e il relativo consenso (espresso personalmente o tramite procuratore speciale) devono pervenire prima della definizione del giudizio di appello.

Le Motivazioni della Sentenza

La Cassazione ha motivato la sua decisione aderendo all’orientamento più rigoroso, in linea con le recenti modifiche legislative (d.lgs. n. 31/2024). Quando la situazione processuale è già “cristallizzata” dopo la prima sentenza, attivare il complesso meccanismo bifasico previsto dall’art. 545-bis (avviso, fissazione di nuova udienza) sarebbe contrario ai principi di speditezza del processo. L’onere di manifestare il consenso ricade sull’imputato, che deve farlo prima dell’udienza di discussione in appello (o entro 15 giorni prima, in caso di rito cartolare). La semplice richiesta del difensore, privo di procura speciale, non è sufficiente e rende il motivo di appello inammissibile per carenza di un presupposto essenziale: il consenso dell’interessato.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio procedurale di notevole importanza pratica. Gli imputati e i loro difensori devono prestare la massima attenzione alle tempistiche e alle formalità per la richiesta di pene sostitutive. Se i presupposti sussistono già dopo la condanna di primo grado, è fondamentale che il consenso alla sostituzione sia manifestato dall’imputato, personalmente o tramite procura speciale, prima che il giudizio d’appello venga definito. In caso contrario, si perde la possibilità di accedere a questi benefici, e il relativo motivo di gravame verrà dichiarato inammissibile.

Quando deve essere richiesto il consenso dell’imputato per le pene sostitutive in appello?
Se le condizioni per la sostituzione della pena esistevano già dopo la sentenza di primo grado, il consenso deve essere espresso dall’imputato prima dell’udienza di appello (o entro i termini previsti per il rito cartolare). Non è possibile attendere la decisione della Corte d’appello.

La richiesta di pene sostitutive fatta dall’avvocato è sufficiente?
No. La richiesta del difensore non è sufficiente se non è supportata dal consenso espresso personalmente dall’imputato o da un procuratore speciale munito di apposito mandato. In assenza di ciò, il motivo di appello è inammissibile.

Cosa succede se i presupposti per le pene sostitutive sorgono solo dopo la sentenza d’appello?
In questo caso, ad esempio se la pena viene ridotta in appello sotto la soglia dei quattro anni, la Corte d’appello deve valutare d’ufficio la possibilità di sostituzione e, se necessario, fissare una nuova udienza per acquisire il consenso dell’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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