Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 21549 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 21549 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/04/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Impieri NOME nato a BELVEDERE MARITTIMO il 03/07/1991 avverso la sentenza del 16/10/2024 della Corte d’appello di Catanzaro udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME Udito il P.G., NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso in ordine al rigetto dell’istanza di pene sostitutive e l’inammissibilità del ricorso per il resto. Udito il difensore dell’imputato, avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 30 marzo 2022 il Tribunale di Paola, in rito ordinario, ha condannato NOME COGNOME alla pena di 3 anni e 6 mesi di reclusione e 2.600 euro di multa, oltre statuizioni accessorie, per i reati degli art. 73 d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309 (capo a), 23 l. 18 aprile 1975, n. 110 (capo b), 648 cod. pen. (capo c) e 697 cod. pen. (capo d), commessi il 19 agosto 2019.
Con sentenza del 16 ottobre 2024 la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la sentenza di primo grado.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso l’imputato, per il tramite del difensore, con i seguenti motivi di seguito descritti nei limiti strettamente necessari ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Con il primo motivo deduce vizio di motivazione per travisamento delle risultanze probatorie perchØ l’imputato Ł stato condannato sulla base di un solo elemento indiziante, ovvero il possesso della chiave che apriva il casolare in cui erano custoditi la droga, le armi e le munizioni indicate in imputazione senza prendere in considerazione la tesi alternativa prospettata dalla difesa e fondata sulle dichiarazioni del testimone NOME COGNOME fratello dell’imputato, e della testimone NOME COGNOME non Ł, inoltre, vero che l’imputato sia stato fermato dai Carabinieri all’ingresso del casolare,
perchØ in realtà Ł stato fermato circa 100-150 metri prima, come riferito dallo stesso Carabiniere che ha effettuato il controllo.
Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione del giudizio di responsabilità alla luce del principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio, perchØ la prova Ł stata desunta da un solo indizio, il possesso della chiave, che neanche può essere considerato avere una forza probatoria sufficiente a provare da solo il thema probandum, attesa la possibile lettura alternativa proposta dalla difesa; la sentenza impugnata ritiene che l’imputato abbia ricevuto l’informazione dell’ingresso di terzi nel casolare soltanto nel momento in cui ha deciso di recarsi nell’immobile, ma si tratta di una affermazione che non trova riscontro negli atti.
Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione in ordine al mancato esercizio del potere di integrazione probatoria in appello; era stato chiesto di sentire la madre dell’imputato e di disporre una perizia dattiloscopica per verificare se sull’arma vi fossero le impronte dell’imputato, la risposta contenuta in sentenza Ł insufficiente perchØ l’integrazione probatoria deve essere disposta ogni volta che la prova richiesta Ł idonea a confermare o smentire l’ipotesi accusatoria.
Con il quarto motivo deduce vizio di motivazione con riferimento al rigetto dell’istanza di pene sostitutive, che ha omesso di considerare il percorso rieducativo e sociale del condannato documentato dalla difesa in udienza e consistente nello svolgimento di attività di volontariato; inoltre, i precedenti cui si riferisce la sentenza si risolvono, in realtà, soltanto in un risalente reato, per di piø estinto.
La difesa dell’imputato ha chiesto la discussione orale.
Con requisitoria orale il Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso per l’accoglimento del ricorso in ordine al rigetto dell’istanza di pene sostitutive e l’inammissibilità del ricorso per il resto. Il difensore dell’imputato, avv. NOME COGNOME ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato nel quarto motivo, infondato per il resto.
I primi due motivi devono essere affrontati congiuntamente perchØ nella sostanza sovrapponibili.
In essi il ricorso deduce anzitutto che la sentenza impugnata individua un contrasto tra le dichiarazioni dei due testimoni introdotti della difesa (NOME COGNOME e NOME COGNOME ) che sarebbe, in realtà, componibile, ove si ricordasse che l’imputato viveva, all’epoca dei fatti, presso la madre, ma l’argomento Ł inammissibile perchØ, come si spiega meglio di seguito, si risolve, in realtà, non nella deduzione di un vizio di logicità della sentenza impugnata ma nella richiesta di rivalutazione del complesso delle evidenze probatorie, che Ł preclusa in sede di legittimità ( S e z . 2 , S e n t e n z a n . 9 1 0 6 d e l 1 2 / 0 2 / 2 0 2 1 , COGNOME, Rv. 2 8 0 7 4 7 ; Sez. 3, Sentenza n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217; Sez. 2, n. 29480 del 07/02/2017, COGNOME, Rv. 270519).
Nel giudizio di legittimità, infatti, il sindacato sulla correttezza della valutazione della prova Ł molto ristretto, perchŁ non può consistere nella rivalutazione della gravità, della precisione e della concordanza degli indizi, dato che ciò comporterebbe inevitabilmente apprezzamenti riservati al giudice di merito, ma deve limitarsi al controllo logico e giuridico della struttura della motivazione, al fine di verificare se sia stata data esatta applicazione ai criteri legali ed alle regole della logica nell’interpretazione dei risultati probatori.
La lettura delle dichiarazioni dei testimoni trascritte all’interno del ricorso permette, infatti, di
apprezzare la non perfetta sovrapponibilità, e la non componibilità di esse, di cui al giudizio espresso dal giudice del merito e censurato in ricorso. Infatti, nel racconto del fratello dell’imputato, la madre avrebbe dato le chiavi del casolare all’imputato per dirgli di andare a controllare la notizia dell’ingresso abusivo in essi da parte di estranei, notizia che era stata asseritamente riferita da un conoscente di cui non Ł stato fatto il nome; invece, nel racconto di NOME, l’imputato, mentre si trovava al bar con lei, ha ricevuto la telefonata in cui gli si diceva di andare a controllare l’ingresso abusivo di terzi nel casolare; nel racconto di Vita, peraltro, l’imputato Ł andato al casolare partendo direttamente dal bar e senza passare per casa.
In questo percorso logico della sentenza impugnata la circostanza che l’imputato convivesse con la madre su cui deduce il ricorso Ł, pertanto, del tutto irrilevante, perchØ, secondo il racconto di NOME, l’imputato ha ricevuto la comunicazione mentre stava al bar, non mentre stava a casa, e quindi la convivenza con la madre non riesce a spiegare perchØ l’imputato, mentre si trovava al bar, avesse con sØ le chiavi di un casolare di proprietà asseritamente non visitato da tempo.
Il ricorso deduce che, su tale punto, la sentenza impugnata Ł incorsa in un travisamento della prova, perchØ ha inserito nella motivazione della sentenza una informazione in piø non esistente agli atti, ovvero che l’imputato avrebbe ricevuto l’informazione dell’accesso di estranei nel casolare soltanto nel momento in cui ha ricevuto la telefonata al bar ed Ł partito per recarsi nell’immobile, ma l’argomento Ł manifestamente infondato, perchØ questa informazione non Ł stata inventata dalla sentenza impugnata ma proviene dalle dichiarazioni rese in giudizio dalla testimone COGNOME e trascritte nel ricorso ai fini del rispetto dell’autosufficienza, che dicono proprio che l’imputato ha ricevuto questa comunicazione mentre si trovavano insieme nel bar; la teste COGNOME non ha aggiunto che la telefonata era un mero un sollecito di una richiesta già rivolta dalla madre al figlio in altro momento, talchŁ la lettura che delle dichiarazioni della testimone COGNOME dà la pronuncia di appello non ha tratti di manifesta illogicità.
Si ricorda, infatti, sui limiti alla possibilità di poter dedurre in sede di legittimità il travisamento della interpretazione della prova dichiarativa, che ‘in tema di ricorso per cassazione, ai fini della configurabilità del vizio di travisamento della prova dichiarativa Ł necessario che la relativa deduzione abbia un oggetto definito e inopinabile, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformità tra il senso intrinseco della dichiarazione e quello tratto dal giudice, con conseguente esclusione della rilevanza di presunti errori da questi commessi nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima’ (Sez. 5, Sentenza n. 8188 del 04/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272406), che non ricorre, pertanto, nel caso in esame.
Non vi Ł, in definitiva, alcuna manifesta illogicità nel percorso logico della sentenza impugnata nella parte in cui essa ha ritenuto che i racconti dei due testimoni della difesa non siano conciliabili. E questo anche a prescindere dalle ulteriori criticità che presenta la versione introdotta dalla difesa, pure evincibili dalla sentenza impugnata, e su tutte che tale versione dei fatti non Ł corredata dal riscontro della fonte primaria che avrebbe riferito la notizia dell’accesso abusivo di terzi nel casolare, fonte primaria che Ł rimasta sconosciuta.
Il ricorso deduce, inoltre, che non Ł vero che l’imputato sia stato fermato dai Carabinieri all’ingresso del casolare, perchØ in realtà Ł stato fermato circa 100-150 metri prima, come riferito dallo stesso Carabiniere che ha effettuato il controllo, ma l’argomento Ł manifestamente infondato, perchØ si tratta di una circostanza del tutto irrilevante nel percorso logico che ha portato al giudizio di responsabilità, atteso che ciò che conta Ł che l’imputato vi si stesse recando ed avesse la chiave per accedervi.
Un travisamento degli elementi di fatto posti alla base della decisione comporta l’illegittimità del provvedimento impugnato ‘solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa dell’elemento
frainteso o ignorato’ (Sez. 5, Sentenza n. 48050 del 02/07/2019, S. Rv. 277758).
I primi due motivi sono, in definitiva, manifestamente infondati.
3. E’ infondato, invece, il terzo motivo.
La rinnovazione in appello dell’istruttoria dibattimentale rappresenta, invero, un istituto di carattere eccezionale, al quale può farsi ricorso, in deroga alla presunzione di completezza dell’istruttoria espletata in primo grado, esclusivamente allorchØ il giudice ritiene, nella sua discrezionalità, indispensabile la integrazione, nel senso che non Ł altrimenti in grado di decidere sulla base del solo materiale già a sua disposizione (Sez. U, Sentenza n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016 , COGNOME, Rv. 266818).
Dinanzi a una richiesta di rinnovazione dell’istruttoria, fondata sull’indicazione di prova preesistente al giudizio di appello, ma non ancora acquisita (noviter producta), al giudice Ł attribuito, pertanto, ai sensi dell’art. 603, comma 1, cod. proc. pen., il potere discrezionale di accogliere o meno la sollecitazione in ossequio alla regola di giudizio della “non decidibilità allo stato degli atti”, esplicitando, senza incorrere in vizi di manifesta illogicità, le ragioni della scelta operata (Sez. U, n. 2780 del 24/01/1996, COGNOME, Rv. 203974; Sez. 2, n. 41808 del 27/09/2013, COGNOME, Rv. 256968; Sez. 6, n. 20095 del 26/02/2013, Ferrara, Rv. 256228; Sez. 2, n. 3458 del 01/12/2005, dep. 2006, COGNOME, Rv. 233391).
Nel caso in esame, la Corte di appello ha adeguatamente giustificato la propria decisione di non assumere la ulteriore prova dichiarativa richiesta, prova che proverrebbe comunque da congiunto dell’imputato (la madre), e che corroborerebbe una versione fornita da altri congiunti dell’imputato che già di per sØ non Ł stata ritenuta credibile.
Con riferimento, invece, alla richiesta di perizia dattiloscopica, si ricorda preliminarmente che ‘la mancata effettuazione di un accertamento peritale (…) non può costituire motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., in quanto la perizia non può farsi rientrare nel concetto di prova decisiva, trattandosi di un mezzo di prova “neutro”, sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice, laddove l’articolo citato, attraverso il richiamo all’art. 495, comma 2, cod. proc. pen., si riferisce esclusivamente alle prove a discarico che abbiano carattere di decisività’ (Sez. U, n. 39746 del 23/03/2017, A, Rv. 270936 – 01).
In ogni caso, il motivo di ricorso, pur aggredendo formalmente la decisione della Corte di appello di non procedere all’accertamento peritale, si risolve, in realtà, in una contestazione della valutazione della gravità e concordanza degli indizi a carico, che sono stati ritenuti già di per sØ sufficienti dai giudici del merito, pur senza la prova, che avrebbe ulteriormente corroborato la ipotesi accusatoria, della presenza delle impronte dell’imputato sui beni illeciti o provenienti da reato la cui detenzione illecita gli Ł stata imputata in sentenza; e, come già ricordato sopra, la valutazione della gravità e concordanza degli indizi, se non sorretta da una deduzione sulla manifesta illogicità del percorso logico della motivazione del giudizio di responsabilità, non appartiene al sindacato di legittimità.
E’ fondato, invece, il quarto motivo, che deduce il vizio di motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto l’istanza di pene sostitutive.
La richiesta di pene sostitutive era stata depositata nell’udienza dinanzi alla Corte di appello del 16 ottobre 2024 ed era stata chiesta, in particolare, la detenzione domiciliare sostitutiva.
La Corte di appello ha respinto l’istanza per la gravità del fatto ed i precedenti.
Il ricorso deduce che la motivazione sarebbe insufficiente, perchØ meramente assertiva, e perchØ il precedente era, in realtà, soltanto uno, per di piø per un reato estinto ex art. 445 cod. proc. pen.
L’argomento Ł fondato.
La norma attributiva del potere esercitato dal giudice del merito nel caso in esame si rinviene nell’art. 58, comma 1, l. n. 689 del 1981, che dispone che ‘il giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri indicati nell’articolo 133 del codice penale, se non ordina la sospensione condizionale della pena, può applicare le pene sostitutive della pena detentiva quando risultano piø idonee alla rieducazione del condannato e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati. La pena detentiva non può essere sostituita quando sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato’.
E’ la stessa rubrica della norma che ricorda che si tratta dell’esercizio di un ‘potere discrezionale del giudice nell’applicazione e nella scelta delle pene sostitutive’, la cui motivazione Ł sindacabile in sede di legittimità solo quando manifestamente illogica o contraddittoria.
L’esercizio del potere discrezionale deve essere condotto sulla base dei tre criteri previsti dalla norma attributiva di potere: 1) le pene sostitutive devono tendere alla rieducazione del condannato; 2) esse devono assicurare la prevenzione del pericolo di recidiva; 3) esse non possono essere applicate se vi sono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni ad esse connesse non saranno adempiute.
La gravità del fatto in sØ e la biografia criminale del ricorrente sono in astratto criteri idonei per ritenere l’inadeguatezza della pena sostitutiva ad ottenere la rieducazione del condannato, però, essi devono essere anche valutati alla luce della tipologia di pena sostitutiva che Ł stata chiesta.
Diverso Ł, infatti, il peso che può assumere un precedente penale o la gravità del reato in concreto di cui Ł stato ritenuto responsabile l’imputato nella valutazione di adeguatezza della pena sostitutiva ad ottenere la rieducazione del condannato se la pena sostitutiva richiesta ha maggiore o minore capacità contenitiva.
Nel caso in esame, il ricorrente aveva formulato richiesta di detenzione domiciliare sostitutiva, ovvero della pena maggiormente contenitiva tra quelle di cui all’art. 20-bis cod. pen., e la estrema brevità, e genericità, della risposta contenuta nella motivazione della sentenza impugnata non permette di comprendere se il giudice del merito sia posto il problema della idoneità a raggiungere gli scopi perseguiti dalla norma nel caso concreto di una misura caratterizzata dalla capacità contenitiva propria della detenzione domiciliare sostitutiva.
In definitiva, su tale unico punto il ricorso Ł fondato, e la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo esame dell’istanza; su tutto il resto il ricorso Ł infondato.
Ne consegue anche che l’accertamento di responsabilità diventa definitivo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al diniego della pena sostitutiva con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 29/04/2025.
Il Presidente NOME COGNOME