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Pene sostitutive appello: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 31289/2025, ha rigettato il ricorso di un imputato che lamentava la mancata applicazione d’ufficio delle pene sostitutive in appello. La Corte ha chiarito che, anche dopo la Riforma Cartabia, la sostituzione della pena detentiva non è automatica. È necessaria una richiesta dell’imputato o una modifica della pena da parte del giudice d’appello. In assenza di tali presupposti, la Corte territoriale non è tenuta a valutare l’applicazione delle pene sostitutive.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive in Appello: Quando è Necessaria la Richiesta dell’Imputato?

La recente Riforma Cartabia ha introdotto importanti novità nel sistema sanzionatorio penale, ampliando l’ambito di applicazione delle pene sostitutive in appello. Tuttavia, una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 31289/2025) ha fornito un chiarimento cruciale: il giudice d’appello non può applicare d’ufficio tali pene se l’imputato non ne fa esplicita richiesta o se la pena non viene modificata a seguito dell’impugnazione. Analizziamo insieme questa importante decisione.

Il Caso in Esame: Dalla Condanna al Ricorso in Cassazione

Nel caso di specie, un imputato era stato condannato in primo grado e in appello alla pena di sette mesi di reclusione per i reati di sostituzione di persona e minaccia aggravata. L’imputato ha quindi proposto ricorso per cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avrebbe dovuto applicare d’ufficio una pena sostitutiva a quella detentiva, in virtù delle nuove disposizioni introdotte dalla Riforma Cartabia (in particolare, l’art. 598-bis, comma 4-ter, del codice di procedura penale). Secondo la difesa, essendo la pena molto mite, il giudice avrebbe dovuto valutare autonomamente questa possibilità, anche in assenza di una richiesta specifica.

La Questione Giuridica: Il Ruolo delle Pene Sostitutive in Appello

Il cuore della questione giuridica verte sull’interpretazione del nuovo comma 4-ter dell’art. 598-bis c.p.p. Questa norma stabilisce che quando, per effetto della decisione sull’impugnazione, viene applicata una pena detentiva non superiore a quattro anni, la corte può sostituirla se ne ricorrono i presupposti. Il ricorrente sosteneva che questa norma conferisse al giudice un potere officioso, cioè la facoltà di agire di propria iniziativa. La Cassazione è stata chiamata a chiarire i limiti e le condizioni di questo potere, bilanciando l’intento del legislatore di favorire le pene alternative al carcere con i principi generali del processo penale, come il principio devolutivo.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato, offrendo una lettura rigorosa della nuova normativa. I giudici hanno sottolineato che la norma si attiva ‘per effetto della decisione sull’impugnazione’. Questo significa che la possibilità di sostituzione sorge principalmente in due scenari:

1. Quando la Corte d’Appello modifica la pena: Ad esempio, riconoscendo delle attenuanti o operando un diverso bilanciamento delle circostanze, e la pena finale rientra nel limite dei quattro anni.
2. Quando l’imputato ne fa esplicita richiesta: L’imputato deve presentare una richiesta specifica, con l’atto di appello o con motivi nuovi, manifestando anche il proprio consenso.

Nel caso analizzato, nessuna di queste condizioni si era verificata. La Corte d’Appello si era limitata a confermare integralmente la sentenza di primo grado, senza modificare la pena. L’imputato, dal canto suo, non aveva mai formulato una richiesta di applicazione di pene sostitutive.

La Cassazione ha inoltre ribadito che, sebbene l’intento della riforma sia quello di ampliare l’uso delle sanzioni sostitutive, ciò non ha eliminato il principio, già affermato dalle Sezioni Unite (sentenza Punzo del 2017), secondo cui il giudice non può applicare d’ufficio pene sostitutive se non vi è una specifica richiesta dell’appellante. La nuova norma, quindi, non crea un potere d’ufficio generalizzato, ma lo circoscrive a situazioni ben definite, sempre nel rispetto della volontà dell’imputato, il cui consenso rimane indispensabile.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali. La sentenza stabilisce un principio chiaro: l’applicazione delle pene sostitutive in appello non è un automatismo. Anche con le nuove regole, l’impulso deve provenire o da una modifica della sentenza da parte del giudice o da un’istanza di parte. Gli imputati e i loro difensori devono quindi attivarsi tempestivamente, formulando una richiesta esplicita se desiderano beneficiare di una pena alternativa al carcere. Questa decisione sottolinea l’importanza di una strategia difensiva proattiva e consapevole delle precise condizioni procedurali richieste dalla legge.

Dopo la Riforma Cartabia, il giudice d’appello può applicare le pene sostitutive di sua iniziativa?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che il nuovo art. 598-bis, comma 4-ter, cod. proc. pen. non attribuisce un potere d’ufficio generalizzato. La sostituzione può avvenire solo se la pena viene ridotta a seguito dell’appello o se c’è una richiesta specifica dell’imputato.

Quali sono i presupposti per l’applicazione delle pene sostitutive in appello?
I presupposti sono che la pena detentiva, a seguito della decisione sull’impugnazione, sia rideterminata in misura non superiore a quattro anni, oppure che l’imputato ne faccia esplicita richiesta. In ogni caso, è sempre necessario acquisire il consenso dell’imputato stesso.

Perché il ricorso è stato respinto in questo caso specifico?
Il ricorso è stato respinto perché la Corte d’appello aveva semplicemente confermato la pena decisa in primo grado senza modificarla e, soprattutto, l’imputato non aveva mai presentato una richiesta per l’applicazione di una pena sostitutiva, né con l’atto di appello né con memorie successive.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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