Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14168 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14168 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/03/2025
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SECONDA SEZIONE PENALE
PUBBLICA UDIENZA DEL 25.03.2025
Composta da:
SENTENZA
NOME COGNOME
Presidente
N. SEZ. 590/2025
NOME COGNOME COGNOME
rel. Consigliere
REGISTRO GENERALE N. 3143/2025
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Consoli NOME
nato a Catania il 12/08/1979
avverso la sentenza del 17/10/2024 della Corte di appello di Torino
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo alla Corte di Cassazione di voler annullare l’impugnata sentenza limitatamente alla statuizione concernente il rigetto dell’istanza di sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria e, per il resto, dichiarare inammissibile il ricorso, con le conseguenti statuizioni.
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 17 ottobre 2024 la Corte di appello di Torino confermava la sentenza con la quale il Tribunale di Novara, ad esito del giudizio
Firmato Da: NOME COGNOME Emesso Da: TRUSTPRO QUALIFIED CA 1 Serial#: NUMERO_CARTA – Firmato Da: NOME COGNOME Emesso Da: TRUSTPRO QUALIFIED CA 1 Serial#: 627f66c00d1ad6da
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ordinario, aveva ritenuto NOME COGNOME colpevole del reato di truffa e lo aveva condannato alla pena di sei mesi di reclusione e duecento euro di multa.
Ha proposto ricors o l’ imputato chiedendo l’annullamento della sentenza per violazione della legge penale sotto due diversi profili.
2.1. La Corte territoriale, in primo luogo, ha ritenuto inammissibile la richiesta di sostituzione della pena detentiva in quanto incompatibile con la già concessa sospensione condizionale della pena, non avvedendosi che nelle conclusioni formulate nell’atto di appello detta richiesta era stata accompagnata dalla dichiarazione, in tal caso, di ‘rinuncia al beneficio ex art. 163 c.p.’.
2.2. In secondo luogo, la stessa Corte non ha applicato l’art. 131 -bis cod. pen. nonostante la insussistenza della dichiarazione di abitualità del ricorrente.
Si è proceduto alla trattazione scritta del procedimento in cassazione, in mancanza di alcuna tempestiva richiesta di discussione proposta ai sensi dell’ar t. 611, commi 1bis e 1ter , del codice di rito.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, indicate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Esaminando, secondo un ordine logico, il motivo con il quale il ricorrente lamenta la mancata assoluzione dell’imputato in ragione della violazione dell’art. 131bis cod. pen., va ribadito che il giudizio di particolare tenuità del fatto postula necessariamente la positiva valutazione di tutte le componenti richieste per l’integrazione della fattispecie, cosicché i criteri indicati nel primo comma dell ‘ art. 131bis cod. pen. sono cumulativi quanto al giudizio finale circa la particolare tenuità dell ‘ offesa, ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità, mentre sono alternativi quanto al diniego, nel senso che l ‘ applicazione di detta causa è preclusa dalla valutazione negativa anche di uno solo di essi (cfr., Sez. 7, n. 10481 del 19/01/2022, Deplano, Rv. 283044 -01; Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647 -01; Sez. 3, n. 34151 del 18/06/2018, Foglietta, Rv. 273678 -01).
Nel caso di specie, nell’atto di appello la difesa aveva censurato la mancata applicazione del l’art. 131 -bis cod. pen. facendo riferimento solo al limite di pena previsto per la truffa e alla condotta non abituale dell’imputata, senza considerare il profilo della particolare tenuità dell’offesa.
A prescindere dal tema dell ‘abitualità della condotta, la Corte d’appello ha ritenuto che anche il solo danno patrimoniale arrecato alla persona offesa, che corrispose all’imputato la somma di 580 euro senza ricevere il bene acquistato, non fosse di particolare tenuità, stante la non esiguità del danno, valutazione genericamente contestata nel ricorso che comunque non risulta illogica né appare sindacabile in sede di legittimità, specie alla luce del principio secondo il quale, poiché l’ art. 131bis cod. pen. individua un limite negativo alla punibilità del fatto, la prova della sua particolare tenuità è demandata all’imputato, tenuto ad allegare la sussistenza dei relativi presupposti mediante l’indicazione di elementi specifici (cfr., Sez. 3, n. 13657 del 16/02/2024, COGNOME, Rv. 286101 -02; Sez. 2, n. 32989 del 10/04/2015, COGNOME Rv. 264223 -01).
Il motivo inerente alla sostituzione della pena detentiva ( rectius : all’applicazione di una pena sostitutiva) era inammissibile in ragione della sua formulazione nell’atto di appello.
La inammissibilità del motivo d’impugnazione non rilevata dal giudice di secondo grado deve essere dichiarata dalla Corte di cassazione, quali che siano state le determinazioni cui detto giudice sia pervenuto nella precedente fase processuale, atteso che, non essendo le cause di inammissibilità soggette a sanatoria, esse devono essere rilevate, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento, ai sensi dell’art. 591, comma 4, cod. proc. pen. (cfr., Sez. 3, n. 20356 del 02/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 281630 -01; Sez. 3, n. 35715 del 17/09/2020, COGNOME, Rv. 280694 -04; Sez. 2, n. 40816 del 10/07/2014, COGNOME, Rv. 260359 -01).
Ne consegue la irrilevanza della risposta data dalla Corte d’appello, erronea sotto un duplice profilo.
In primo luogo, nell’appello la richiesta subordinata di ‘conv ersione della pena detentiva’ era accompagnata da una espressa rinuncia , ‘in tal caso’, al beneficio della sospensione condizionale.
In secondo luogo, avuto riguardo al tempus commissi delicti , la incompatibilità rilevata dalla Corte territoriale era insussistente, considerato che essa, prevista dall’art. 61bis legge 24 novembre 1981, n. 689, introdotto dall ‘ art. 71, comma 1, lett. i) , decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, non si estende ai fatti commessi prima dell ‘ entrata in vigore di tale ultima disposizione, trovando applicazione, per la natura sostanziale della previsione, il disposto di cui all’art. 2, quarto comma, cod. pen., che, in ipotesi di successione di leggi penali nel tempo, prescrive l’applicazione della norma più favorevole all’imputato (Sez. 5, n. 45583 del 03/12/2024, COGNOME, Rv. 287354 -01; Sez. 3, n. 33149 del 07/06/2024, V., Rv. 286751 -01).
4. Il motivo di appello era inammissibile, in quanto nell’atto di gravame la difesa, articolati i tre motivi, riguardanti i punti della responsabilità dell’imputato, della entità della pena e dell’applicazione dell’art. 131 -bis , solo nelle conclusioni aveva richiesto in via subordinata, oltre al minimo della pena e alla concessione delle attenuanti generiche, anche la ‘conversio ne della pena detentiva ex artt. 53 e ss. L. 689/1981 con relativa rateizzazione e in tal caso rinuncia al beneficio ex art. 163 c.p. ‘ .
La richiesta, dunque, era priva della «indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto» che la sostenevano, carenza che ne determinava sul punto la originaria inammissibilità, ai sensi del combinato disposto degli artt. 581, comma 1, lett. d) , e 591, comma 1, lett. c) , del codice di rito.
Questa Sezione, infatti, in un caso sovrapponibile a quello di cui qui si tratta, ponendosi in consapevole contrasto con altra pronuncia (Sez. 2, n. 15129 del 07/02/2024, C., Rv. 286233 -01), ha da ultimo osservato che, anche a seguito della modifiche operate dal decreto legislativo 10 ottobre 2002, n. 150 in tema di pene sostitutive di pene detentive brevi, che non hanno comunque alterato la natura sostanziale dell’istituto, «deve ritenersi valido il principio espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo il quale il giudice di secondo grado non ha il potere di applicare d’ufficio le sanzioni (oggi: pene) sostitutive delle pene detentive brevi se nell’atto di appello non risulta formulata alcuna specifica e motivata richiesta con riguardo a tale punto dalla decisione, dal momento che l’ambito di tale potere è circoscritto alle ipotesi tassativamente indicate dall’art. 597, comma 5, cod. proc. pen., che costituisce una eccezione alla regola generale del principio devolutivo dell’appello e che segna anche il limite del potere discrezionale del giudice di sostituire la pena detentiva previsto dall’art. 58 della legge n. 689 del 1981 (Sez. U, n. 12872 del 19/10/2017, Punzo, Rv. 269125 -01). Inoltre, la sostituzione delle pene detentive brevi è rimessa a una valutazione discrezionale del giudice, che deve essere condotta con l’osservanza dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., considerando la gravità del fatto e la personalità dell’imputato» (così, Sez. 2, n. 1188 del 22/11/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287460 -01).
Il Collegio condivide questo principio e ritiene sia avvalorato dalle modifiche all’art. 598 -bis cod. proc. pen. introdotte con il ‘correttivo Cartabia’ (d ecreto legislativo 19 marzo 2024, n. 31) là dove, nell’ incipit , viene richiamato il principio devolutivo.
Il nuovo comma 1bis del citato articolo, infatti così dispone: «Fermo restando quanto previsto dall’articolo 597, l’imputato, fino a quindici giorni prima dell’udienza, può, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, nei motivi
nuovi e nelle memorie di cui al comma 1, esprimere il consenso alla sostituzione della pena detentiva con taluna delle pene sostitutive di cui all’articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689. La corte, se ritiene che ne ricorrano i presupposti, sostituisce la pena detentiva. Quando, pur essendo acquisito il consenso, non è possibile decidere immediatamente, la corte fissa una apposita udienza non oltre sessanta giorni, dandone avviso alle parti e all’ufficio di esecuzione penale esterna competente e provvede ad acquisire gli atti, i documenti e le informazioni di cui all’articolo 545 bis, comma 2; in tal caso il processo è sospeso. Salvo che la corte disponga altrimenti, l’udienza si svolge senza la partecipazione delle parti».
Il nuovo comma 4bis dispone che «Nei casi di udienza partecipata di cui ai commi 2, 3 e 4, il consenso alla sostituzione di cui al comma 1-bis può essere espresso sino alla data dell’udienza. Si applicano le disposizioni del medesimo comma 1-bis, secondo e terzo periodo».
I termini previsti dai citati commi fanno riferimento, per quanto concerne le udienze celebrate, rispettivamente, con trattazione cartolare o con trattazione orale (con partecipazione delle parti), alla prestazione del consenso (che, ad esempio, potrebbe non essere stato esplicitato nell’atto di appello, se presentato dal difensore privo di apposita procura speciale) e non già alla presentazione della richiesta.
Proprio il richi amo all’art. 597 cod. proc. pen. fa ritenere che non sia consentita alcuna sovrapposizione fra la facoltà attribuita alla parte dalle nuove disposizioni introdotte nell’art. 598bis «di prestare il consenso (personalmente o dal difensore munito di procura speciale) ed il differente ambito della sua logica previa richiesta da veicolare attraverso i motivi di gravame o i motivi nuovi, che deve essere necessariamente motivata in ordine ai presupposti che ne consentirebbero l’applicazione ex art. 132 cod. pen.» (così, da ultimo, Sez. 6, n. 9154 del 30/01/2025, COGNOME, non mass.).
Alla luce di questi principi l’appellante aveva l’onere di supportare la richiesta con specifiche deduzioni inerenti al caso di cui si tratta; il mancato assolvimento di tale onere, che comporta la inammissibilità originaria della richiesta, priva di ogni rilievo -come detto -l ‘ erronea risposta fornita dalla Corte territoriale.
All’inammissibilità dell’impugnazione proposta segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 25/03/2025.
Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME COGNOME
NOME COGNOME