Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 44511 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 44511 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Recanati il 05/05/1977
avverso la sentenza del 19/12/2023 della Corte d’appello di Ancona visti gli atti, il provvedimento impugnato, il ricorso e la memoria; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; lette le conclusioni, per il ricorrente, dell’Avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 19 dicembre 2023, la Corte di appello di Ancona ha confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Ancona che, a seguito di giudizio abbreviato, aveva dichiarato la penale responsabilità di NOME COGNOME per il reato di cui all’a rt . 10 d.lgs. n. 74 del 2000 e lo aveva condanna t o alla pena di un anno di reclusione, applicata la diminuente per il rito.
Secondo quanto ricostruito dai giudici di merito, NOME COGNOME in qualità di titolare dell’omonima ditta, avrebbe occultato o distrutto, a fini di evasione propria o di terzi delle imposte sui redditi e dell’IVA, le scritture contabili obbligatorie, con condotta accertata il 26 novembre 2018.
Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello indicata in epigrafe NOME COGNOME con atto sottoscritto dall’Avv. NOME COGNOME articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’art. 10 d.lgs. n. 74 del 2000, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.
Si deduce che la condotta dell’imputato è sussUrnibile nell’ipotesi di negligenza nella conservazione delle fatture, e non nella fattispecie di cui all’art. 10 d.lgs. n. 74 del 2000, perché non vi sono elementi da cui inferire il dolo specifico di evasione rispetto alle fatture non esibite in sede di verifica o successivamente. Si premette che l’imputato ha emesso ed inviato ai propri committenti tutte le fatture per le prestazioni effettuate in loro favore, e che, in sede di accertamento da parte della Guardia di Finanza, ha esibito immediatamente la maggior parte di esse, nonché, pochi giorni dopo, ma spontaneamente, una parte di quelle mancanti. Si osserva, poi, che non risulta accertata alcuna concreta condotta di occultamento o distruzione dei documenti contabili di cui è obbligatoria la conservazione, non essendo state rinvenute dagli agenti verificatori in alcun modo né documenti non esibiti, né tracce del loro occultamento da parte dell’imputato. Si aggiunge che: a) l’imputato non ha mai istituito i registri contabili, pur avendo sempre emesso le fatture in favore dei propri committenti, con conseguente omessa annotazione di tutte le fatture emesse, non soltanto di quelle non esibite; b) il numero delle fatture non esibite è esiguo rispetto a quelle emesse (1 fattura su 33 emesse per l’anno 2015, 7 fatture su 87 per il 2016; 13 fatture su 38 per il 2017); c) la mancata presentazione delle dichiarazioni IVA e IRPEF ha comportato l’evasione fiscale rispetto all’importo complessivo di tutte le fatture emesse, e non solo di quelle asseritamente occultate. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., avuto riguardo alla mancata valutazione dei motivi nuovi, concernenti la richiesta di sostituzione della pena detentiva.
Si deduce che la sentenza impugnata non contiene alcuna motivazione con riguardo ai motivi nuovi presentati dalla difesa, concernenti la richiesta di applicazione di una sanzione sostituiva alla detenzione ex art. 53 ss. legge n. 689 del 1981, e correttamente depositati, come dimostra la trasmissione della loro copia dalla cancelleria della Corte d’appello alla Procura Generale per mezzo di posta elettronica certificata. I
Successivamente alla presentazione della requisitoria del Procuratore generale della Corte di cassazione, il difensore del ricorrente ha depositato memoria, nella quale si ripropongono e si sviluppano le censure formulate nei due motivi di ricorso e si replica alle deduzioni esposte nella requisitoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nella parte relativa all’applicabilità delle pene sostitutive, mentre è inammissibile nel resto.
Manifestamente infondate, se non diverse da quelle consentite in sede di legittimità sono le censure esposte nel primo motivo, le quali contestano l’affermazione della sussistenza del dolo specifico del reato di occultamento di documenti contabili, deducendo l’omessa considerazione nella sentenza impugnata dell’avvenuta esibizione di gran parte delle fatture, pur non essendone stata registrata nessuna, dell’assenza di tracce di occultamento delle fatture non prodotte, e della riferibilità dell’evasione agli importi di tutte le fatture emesse.
La sentenza impugnata premette che la Guardia di Finanza è venuta a conoscenza delle fatture non registrate, né rinvenute presso l’imputato solo perché i fornitori, interpellati con il sistema dei questionari, ne hanno dato notizia ed allegato le copie. Aggiunge che l’indisponibilità di queste fatture, siccome non registrate dall’imputato, avrebbe impedito la ricostruzione delle relative operazioni, resa invece possibile solo per la consegna delle stesse ad opera delle controparti nei rapporti commerciali. Osserva, quindi, che il dolo specifico di evasione della condotta di occultamento è desumibile dalla consapevolezza di non versare le imposte sulle operazioni cui si riferivano le fatture non annotate.
Le conclusioni della sentenza impugnata in ordine alla sussistenza del dolo richiesto per la configurabilità della fattispecie di cui all’art. 10 d.lgs. n. 74 de 2000 sono immuni da vizi.
Innanzitutto, l’affermazione della sussistenza dell’elemento oggettivo della fattispecie di occultamento non costituisce oggetto di specifica censura.
Non può dirsi, poi, manifestamente irragionevole l’inferenza secondo cui l’occultamento delle fatture è avvenuto al fine di evadere le imposte perché fondata sul dato oggettivo che queste ultime non sono state pagate: la più immediata ragione che spiega l’occultamento di documenti contabili, quali le fatture, in sede di accertamento, è proprio la finalità di non pagare i pertinenti tributi; e l’esistenza di questa trova specifica conferma proprio nel mancato pagamento dei tributi, se l’inadempimento non è plausibilmente giustificato.
Né dirimenti sono le circostanze relative alla esibizione di gran parte delle fatture non registrate e alla riferibilità dell’evasione a tutte le fatture, e non solo a quelle non rinvenute. Invero, non risulta indicata, o comunque rilevabile dagli atti, alcuna specifica ragione della condotta di occultamento delle fatture non esibite, che sia alternativa, o anche solo diversa, rispetto alla finalità di nascondere le operazioni, e i relativi ricavi, all’Amministrazione finanziaria.
Fondate, invece, sono le censure formulate nel secondo motivo, le quali deducono il mancato esame dei motivi nuovi relativi all’applicabilità di sanzioni sostitutive alla detenzione ex art. 53 ss. legge n. 689 del 1981.
La sentenzalmpugnata, infatti, non ha in alcun modo risposto alla richiesta di sostituzione della pena detentiva con le sanzioni di cui all’art. 53 ss. legge n. 689 del 1981, sebbene tale istanza fosse stata tempestivamente avanzata con i motivi nuovi di appello.
Né la stessa può intendersi implicitamente rigettata per il diniego della concessione delle attenuanti generiche, unico profilo attinente al trattamento sanzionatorio esaminato nella sentenza impugnata.
Invero, come già rilevato in giurisprudenza, il giudizio prognostico demandato al giudice ai fini dell’applicazione delle pene sostitutive di pene detentive brevi ha un contenuto complesso e individualizzato, investendo, da un lato, la valutazione della funzionalità della misura sostitutiva rispetto al reinserimento sociale del condannato e la conseguente scelta della misura più idonea alla realizzazione di tale obiettivo e, dall’altro, la valutazione ex ante in ordine al futuro rispetto delle prescrizioni specifiche della singola misura (Sez. 6, n. 26254 del 07/03/2024, NOME COGNOME). Inoltre, il giudice di merito non può respingere la richiesta di applicazione di pene sostitutive di pene detentive brevi in ragione della sola sussistenza di precedenti condanne, in quanto il rinvio all’art. 133 cod. pen. contenuto dall’art. 58 legge 24 novembre 1981, n. 689, come riformato dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, deve essere letto in combinato disposto con l’art. 59 della stessa legge, che prevede, quali condizioni ostative, solo circostanze relative al reato oggetto di giudizio, non comprensive dei precedenti penali (Sez. 2, n. 8794 del 14/02/2024, COGNOME, Rv. 286006 – 02).
Nella specie, il diniego delle circostanze attenuanti generiche è stato giustificato in ragion della presenza di precedenti penali e dell’assenza di concreti elementi positivi a favore dell’imputato.
Risulta quindi evidente che, nella specie, non è stato effettuato in alcun modo, neppure implicitamente, il doveroso giudizio prognostico in ordine alla funzionalità della misura sostitutiva rispetto al reinserimento sociale del condannato e al futuro rispetto delle prescrizioni specifiche della singola misura da applicare; giudizio
prognostico necessario per negare legittimamente l’applicazione delle pene sostitutive richieste.
Alla fondatezza delle sole censure in tema di applicazione delle pene sostitutive di pene detentive brevi, seguono l’irrevocabilità dell’accertamento del responsabilità dell’attuale ricorrente per il reato per il quale è stata pronun condanna e l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per un nuovo giudizio in tema di applicabilità delle sanzioni sostitutive ex art. 53 ss. legge n. 689 del 1981.
Il Giudice del rinvio, alla luce di tutti gli elementi disponibili, e di quelli ul che riterrà necessario acquisire, prima di respingere la richiesta di applicazione pene sostitutive, valuterà se quella richiesta sia funzionale al reinserimento soci del condannato, quale sia la misura più idonea alla realizzazione di tale obietti e se sia prevedibile il futuro rispetto delle prescrizioni specifiche della misur applicare, in una prospettiva individualizzata e senza attribuire valenza ostativa solo fatto obiettivo della esistenza di precedenti penali.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla applicabilità delle pene sostitutive, con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di COGNOME Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Così deciso 1’11/09/2024.