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Pene sostitutive: annullamento per omessa motivazione

La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza d’appello che aveva condannato un imputato per ricettazione, omettendo di pronunciarsi sulla richiesta di applicazione delle pene sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia. Sebbene la condanna sia divenuta irrevocabile, il giudice del rinvio dovrà ora valutare la concessione delle sanzioni alternative alla detenzione, come richiesto dalla difesa.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive e Riforma Cartabia: la Cassazione Impone la Valutazione in Appello

Con la recente sentenza n. 2340/2024, la Corte di Cassazione è intervenuta su un tema di grande attualità: l’applicazione delle pene sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia. Il caso offre spunti cruciali sull’obbligo del giudice di appello di pronunciarsi su una specifica richiesta dell’imputato, anche se avanzata dopo la presentazione dell’atto di impugnazione. La decisione sottolinea come l’omessa valutazione di tale istanza costituisca un vizio che porta all’annullamento della sentenza.

I Fatti del Processo: Dall’Accusa alla Condanna

Il procedimento nasce da una condanna per il reato di ricettazione (art. 648 c.p.) a carico di un individuo, accusato di aver ricevuto un ciclomotore di provenienza furtiva. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano confermato la sua colpevolezza. L’imputato, tuttavia, decideva di ricorrere in Cassazione, affidandosi a tre distinti motivi di impugnazione.

Il Ricorso in Cassazione e l’Applicazione delle Pene Sostitutive

La difesa ha contestato la sentenza d’appello su tre fronti. In primo luogo, ha chiesto la riqualificazione del reato da ricettazione a furto, sostenendo che tale ipotesi fosse più corretta. In secondo luogo, ha lamentato il mancato accoglimento della richiesta di applicazione di pene sostitutive, avanzata con una memoria specifica prima dell’udienza d’appello, in virtù delle nuove disposizioni della Riforma Cartabia. Infine, ha criticato l’eccessiva severità della pena inflitta.

La Corte di Cassazione ha rapidamente respinto il primo e il terzo motivo. Riguardo alla riqualificazione, ha osservato che non solo la tesi era una mera riproposizione di argomenti già respinti, ma che, paradossalmente, la condanna per furto aggravato avrebbe potuto comportare una pena ancora più alta. Anche la doglianza sulla dosimetria della pena è stata giudicata infondata, rientrando la quantificazione nella discrezionalità del giudice di merito, purché motivata.

Il Cuore della Decisione: La Riforma Cartabia e l’Obbligo di Motivazione del Giudice

Il punto centrale e decisivo della sentenza riguarda il secondo motivo di ricorso. La difesa aveva depositato una memoria prima dell’udienza di secondo grado, chiedendo espressamente la conversione della pena detentiva in una delle pene sostitutive previste dal D.Lgs. 150/2022 (c.d. Riforma Cartabia). La Corte d’Appello, tuttavia, aveva completamente ignorato tale richiesta nella sua sentenza.

La Cassazione ha stabilito che tale omissione costituisce un difetto assoluto di motivazione. Le norme transitorie della Riforma (art. 95 D.Lgs. 150/22) prevedono esplicitamente l’applicabilità delle nuove sanzioni sostitutive ai processi pendenti in grado di appello. L’imputato aveva legittimamente avanzato la richiesta, e il giudice aveva il dovere di pronunciarsi in merito. Non facendolo, ha violato un preciso obbligo di legge, rendendo la sua decisione viziata e meritevole di annullamento su quel punto specifico.

Le motivazioni

La Corte Suprema ha motivato la sua decisione evidenziando che la giurisprudenza consolidata richiede una specifica richiesta da parte dell’imputato per l’applicazione delle pene sostitutive in appello. Tale richiesta può essere formulata anche nelle conclusioni o con una memoria separata, come avvenuto nel caso di specie. Poiché l’imputato aveva correttamente esercitato questa facoltà, dimostrando di averne interesse e prestando il necessario consenso, la Corte d’Appello era tenuta a valutare nel merito la possibilità di concedere il beneficio. Il silenzio totale sul punto integra un vizio di “omessa motivazione” che impone l’annullamento della pronuncia.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, ma limitatamente alla mancata statuizione sulla richiesta di sanzioni sostitutive. Ha quindi rinviato il caso ad un’altra sezione della Corte d’Appello di Roma, che dovrà procedere a un nuovo giudizio esclusivamente su questo aspetto. La dichiarazione di colpevolezza per il reato di ricettazione è invece divenuta definitiva e irrevocabile. Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: le innovazioni legislative favorevoli all’imputato, come le pene sostitutive, devono essere attentamente vagliate dal giudice se ritualmente richieste, pena l’invalidità parziale della sua decisione.

È possibile chiedere l’applicazione delle pene sostitutive della Riforma Cartabia per la prima volta in appello?
Sì. La sentenza chiarisce che le norme transitorie della Riforma Cartabia (art. 95, D.Lgs. 150/2022) sono immediatamente applicabili ai procedimenti pendenti in appello. La richiesta può essere formulata dall’imputato anche con una memoria depositata prima dell’udienza di discussione.

Cosa succede se il giudice d’appello non si pronuncia su una richiesta di pene sostitutive?
Se il giudice omette completamente di valutare una richiesta ritualmente presentata, la sentenza è viziata per “difetto assoluto di motivazione”. Ciò comporta l’annullamento della sentenza su quel punto specifico, con rinvio a un altro giudice per una nuova valutazione.

La condanna dell’imputato è stata annullata del tutto?
No. La Cassazione ha annullato la sentenza solo limitatamente al punto relativo alla mancata decisione sulle sanzioni sostitutive. L’affermazione della responsabilità penale dell’imputato per il reato di ricettazione è diventata definitiva e irrevocabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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