Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2340 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2340 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a ROMA il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 31/03/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore AVV_NOTAIO che ha insistito nei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Roma, con sentenza in data 31 marzo 2023, confermava la pronuncia del Tribunale di Roma del 9-1-2020 che aveva condannato COGNOME NOME alle pene di legge perché ritenuto colpevole del delitto di cui all’art. 648 cod.pen..
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO che, con distinti motivi qui riassunti ex art. 173 disp.att. cod.proc.pe lamentava:
-violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla mancata riqualificazione dei fatt nell’ipotesi di furto;
mancanza della motivazione con riferimento alla richiesta di conversione della pena detentiva in sanzione sostitutiva ex art. 71 D.Lgs 150/2022; al proposito si deduceva in particolare di avere avanzato specifica richiesta con memoria depositata nella fase delle conclusioni del giudizio di appello totalmente pretermessa dal giudice di secondo grado;
mancanza e contraddittorietà della motiVazione in relazione al rigetto del secondo motivo di appello con il quale si invocava la riduzione della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è proposto in difetto di interesse ed anche per doglianze reiterative e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
Ed invero, nel caso in esame trattandosi di furto di un ciclomotore parcheggiato sulla pubblica via e di cui veniva forzato il sistema di accensione l’imputazione degli artt. 624-6 nn. 2 e 7 cod.pen. comporterebbe l’applicabilità in astratto di una sanzione detentiva (da 3 a 10 anni) più elevata di quella prevista per il ritenuto delitto di ricettazione (da 2 a 8 anni)
In ogni caso il motivo appare reiterativo nella misura in cui ripropone la tesi dell’avvenu consumazione del furto ad opera di COGNOME già confutata con plurimi e logici argomenti dal giudice di appello, esposti a pagina 2 della motivazione, ove si sottolinea che la confessione veniva resa soltanto a 4 anni di distanza dei fatti e che la stessa descrizione del furto coincideva con le modalità di consumazione dello stesso.
Anche il terzo motivo in punto dosimetria della pena, che per ragioni logiche deve essere analizzato prima del secondo, è manifestamente infondato; ed invero va ricordato come la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il qu per assolvere al relativo obbligo di motivazione, è sufficiente che dia conto dell’impiego d criteri di cui all’art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa “congruo aumento”, come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Rv. 271243 – 01).
Fondato è invece il secondo motivo con il quale si è dedotto violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla omessa valutazione della richiesta di sostituzione della pena. L’ar 95 del D.Lgs 150/22 ha dettato norme specifiche in tema di disciplina transitoria in materia d pene sostitutive delle pene detentive brevi prevedendo espressamente che:” Le norme previste dal Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, se più favorevoli, si applicano anche ai procedimenti penali pendenti in primo grado o in grado di appello al momento dell’entrata in vigore del presente decreto”. Per espressa disposizione normativa, pertanto, ne è derivata l’immediata applicabilità ai giudizi penali di appello pendenti delle disposizioni dettate dalla Riforma Cartabia in tema di pene sostitutive; e tali devono ritenersi: – i giudizi penali di ap aventi ad oggetto l’impugnazione del solo imputato di una pronuncia di condanna a pena non superiore ad anni 4; – i giudizi di appello del pubblico ministero COGNOME avverso sentenza di proscioglimento destinati a concludersi con condanna a pena non superiore ad anni 4; – i giudizi penali di appello dell’imputato avverso sentenze di condanna in primo grado a pena superiore ad anni 4 e che si concludano con una statuizione di riduzione della pena in misura non superiore ad anni 4.
Quanto alle forme per l’introduzione nel giudizio di appello della questione attinent l’applicazione delle pene sostitutive si è posto il problema della compatibilità tra la previs normativa del citato art. 95 D.Lgs 150/22 ed il principio devolutivo; al proposito la Corte cassazione ha recentemente affermato che in tema di pene sostitutive, ai sensi della disciplina transitoria contenuta nell’art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. riforma Cartabi affinché il giudice di appello sia tenuto a pronunciarsi in merito all’applicabilità o meno d nuove pene sostitutive delle pene detentive brevi di cui all’art. 20-bis cod. pen., è necessar una richiesta in tal senso dell’imputato, da formulare non necessariamente con l’atto di gravame, ma che deve comunque intervenire, al più tardi, nel corso dell’udienza di discussione in appello (Sez. 6, n. 33027 del 10/05/2023 Ud. P.v. 285090 – 01). Con altra recente pronuncia di questa sezione si è affermato che in tema di sanzioni sostitutive di pene detentive brevi, il difensore che, nelle conclusioni o con richiesta formulata subito dopo la lettura dispositivo, non abbia sollecitato l’esercizio, da parte del giudice, dei poteri di sostituzione pene detentive di cui all’art. 545-bis cod. proc. pen. non può, in sede di impugnazione, dolersi del fatto che non gli sia stato dato l’avviso previsto dal comma 1 di tale disposizione (Sez. 2, 43848 del 29/09/2023, Rv. 285412 – 02). Deve pertanto ritenersi che ai sensi del consolidato orientamento giurisprudenziale della corte di legittimità per l’applicazione delle pene sostitut in fase di appello è richiesto che l’imputato ne faccia specifica richiesta anche nella fase de conclusioni, scritte od orali a sendo che si proceda con trattazione cartolare o in udienz partecipata.
Orbene, nel caso di specie il ricorrente ha dimostrato di avere richiesto con memoria depositata in cancelleria prima dell’udienza di trattazione la concessione delle pene sostitutiv prestando anche il consenso senza che, rispetto a detta istanza, alcuna decisione la corte di appello risulta avere assunto. Sussiste pertanto il lamentato difetto assoluto di motivazione su tale punto da parte della corte territoriale che deve essere chiamata a rivalutare la possibil di concessione delle nuove pene sostitutive, introdotte con il D.Lgs 150/2022 successivo l’emissione della sentenza di primo grado e la proposizione degli originari motivi di appello co i quali, pertanto, la doglianza non avrebbe potuto essere dedotta; pene sostitutive che, come già anticipato, risultano sulla base della espressa disposizione transitoria dettata dall’art D.Lgs 150/22 direttamente applicabili anche ai giudizi di appello pendenti.
Alla luce delle predette considerazioni, pertanto, l’impugnata sentenza deve essere annullata limitatamente alla omessa concessione delle pene sostitutive.
Quanto al procedimento che la corte di appello in sede di rinvio deve osservare vanno svolte alcune considerazioni in ordine alla fase di applicazione delle pene sostitutive co particolare riguardo alle norme applicabili; come noto il legislatore della c.d. riforma Carta (D.Lgs 150/22) ha profondamente innovato il sistema delle pene sostitutive anticipando l’irrogazione delle stesse già alla fase del giudizio di cognizione ed introducendo il meccanismo del cd. sentencing; si è così stabilito che quando è stata applicata una pena detentiva non superiore a quattro anni e non stata ordinata la sospensione condizionale, subito dopo la
lettura del dispoSitivo, il giudice, se ricorrono le condizioni per ‘sostituire la pena detentiv una delle pene sostitutive di cui all’articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ne dà avviso alle parti. Se l’imputato, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, acconsente alla sostituzione della pena detentiva con una pena diversa dalla pena pecuniaria, ovvero se può aver luogo la sostituzione con detta pena, il giudice, sentito il pubblico ministero, quand non è possibile decidere immediatamente, fissa una apposita udienza non oltre sessanta giorni, dandone contestuale avviso alle parti e all’ufficio di esecuzione penale esterna competente. Alla successiva udienza il giudice valutati gli elementi raccolti integra il dispositivo indican pena sostitutiva con gli obblighi e le prescrizioni corrispondenti ovvero lo conferma ove riteng non sussistere i presupposti per l’applicazione del beneficio.
Tale disciplina del c.d. modello bifasico ha recepito le critiche con le quali la dott aveva segnalato l’eccessiva rigidità del sistema sanzionatorio previgente influenzando anche la Commissione per la riforma del codice penale che aveva proprio previsto la possibilità che la pronuncia sulla sanzione può essere non contestuale alla pronuncia sulla responsabilità dell’imputato, quando il giudice ritenga necessario, per le valutazioni relative alle sanzio acquisire ulteriori elementi di prova, o verificare il consenso dell’imputato su determina misure. In tal caso il giudice, dopo avere letto il dispositivo contenente l’affermazion responsabilità, rinvia in tutto o in parte la pronuncia sulla sanzione ad una udienza successiva con ordinanza nella quale sono indicati i temi da trattare.
Tuttavia accanto a tale modello, oggi richiamato dalla disciplina positiva del già citato a 545 bis cod.proc.pen., non può essere escluso che il giudice chiamato a deliberare abbia già acquisito al momento di emissione del dispositivo di condanna il consenso dell’imputato all’applicazione della pena sostitutiva (esattamente come nel caso in esame) e possa direttamente disporre in tal senso senza dovere necessariamente procedere all’udienza di c.d sentencing. Tale possibilità deve infatti ricavarsi da altre norme di rango primario pu introdotte dalla riforma Cartabia ed in particolare dagli artt. 53, 58 e 61 della L.689/81 co riformulati dal D.Lgs 150/22; l’art. 53 cit. stabilisce che:” il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell’articolo 444 codice di procedura penale, quando ritiene di dover determinare la durata della pena detentiva entro il limite di quattro anni, può sostituire tale pena con quella della semilibertà o detenzione domiciliare; quando ritiene di doverla determinare entro il limite di tre anni, p sostituirla anche con il lavoro di pubblica utilità”; ai sensi del successivo art. 58 cit.:” il giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri indicati nell’articolo 133 del codice se non ordina la sospensione condizionale della pena, può applicare le pene sostitutive della pena detentiva quando risultano più idonee alla rieducazione del condannato e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati”.
Infine, è soprattutto il cit. art. 61 che rende chiara la previsione di immediata applicab della pena sostitutiva al momento della condanna statuendo espressamente che:” nel
dispositivo della sentenza di condanna, della sentenza di applicazione della pena e . del decreto penale, il giudice indica la specie e la durata della pena detentiva sostituita e la specie durata ovvero l’ammontare della pena sostitutiva”.
Dal combinato disposto delle suddette norme risulta pertanto che ove il giudice al momento della emissione del dispositivo di condanna abbia già acquisito il consenso dell’imputato e ritenga la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle pene sostitutive gi positivamente vagliati, può direttamente disporre la sostituzione senza necessariamente dovere procedere alla successiva udienza di c.d. sentencing; ove ritenga di dovere acquisire ulteriori chiarimenti dall’ufficio esecuzione penale esterna circa il programma di trattament procederà invece ai sensi dell’art. 545 primo comma cod.proc.pen.; infine ove escluda che le pene sostitutive assicurino la prevenzione del pericolo di commissione di ulteriori reati rigette la richiesta stessa, necessariamente formulata prima della conclusione del giudizio ed accompagnata dall’indispensabile consenso dell’imputato.
Nello stesso senso dovrà procedere anche il giudice di appello al quale venga prospettata la questione a seguito dell’entrata in vigore della nuova disciplina attraverso i motivi nuov specifica memoria alla quale sia allegato il consenso dell’imputato, ovvero il giudice del rinv disposto a seguito di annullamento dalla Corte di cassazione, come nel caso di specie.
3.1 Va ancora rammentato che la possibile applicazione delle pene sostitutive nella fase dell’emissione del dispositivo di condanna non esclude il successivo intervento del magistrato di sorveglianza ovvero dell’ufficio esecuzione penale esterno e persino l’eventuale revoca del beneficio; invero rilevano al proposito le previsioni dettate dagli artt. 62, 63 e 66 d L.689/81 come riformulati dal D.Lgs 150/22. Ai sensi del cit. art. 62 infatti:” Quando deve essere eseguita una sentenza di condanna a pena sostitutiva della semilibertà o della detenzione domiciliare, il pubblico ministero trasmette la sentenza al magistrato di sorveglianza del luogo di domicilio del condannato…. Il magistrato di sorveglianza procede a norma dell’articolo 678, comma 1-bis, del codice di procedura penale e, previa verifica dell’attualità delle prescrizioni, entro il quarantacinquesimo giorno dalla ricezione de sentenza provvede con ordinanza con cui conferma e, ove necessario, modifica le modalità di esecuzione e le prescrizioni della pena. L’ordinanza è immediatamente trasmessa per l’esecuzione all’ufficio di pubblica sicurezza del comune in cui il condannato è domiciliat ovvero, in mancanza di questo, al comando dell’RAGIONE_SOCIALE territorialmente competente. L’ordinanza è trasmessa anche all’ufficio di esecuzione penale esterna e, nel caso di semilibertà, al direttore dell’istituto penitenziario cui il condannato è stato assegnato Il successivo art. 63 detta disposizioni del tutto analoghe in caso di lavoro di pubblica util sostitutivo, mentre, l’art. 66 cit., stabilisce il procedimento per la revoca della pena sosti a seguito di inosservanza delle prescrizioni stabilendo la competenza del magistrato di sorveglianza in caso di violazioni della semilibertà o della detenzione domiciliare e del giudic che ha applicato il lavoro di pubblica utilità.
Attraverso il successivo intervento della magistratura di sorveglianza e dell’Ufficio d esecuzione penale esterno, quindi, il controllo della corretta possibilità di applicazion dell’esatto adempimento della pena sostitutiva direttamente disposta con la sentenza di condanna è ugualmente assicurato così che alcun ostacolo appare sussistere alla sua diretta irrogazione, anche in fase di appello o di giudizio di rinvio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla statuizione sulla richiesta di sanzioni sostitutive con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di Appello Roma.
Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Visto l’art. 624 c.p.p. dichiara la irrevocabilità della sentenza in ordine all’affermazione d pena responsabilità dell’imputato.
Roma, 19 dicembre 2023