LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Pene accessorie patteggiamento: no se pena è di 2 anni

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 34514/2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia di pene accessorie e patteggiamento. In un caso di bancarotta fraudolenta impropria, un imputato aveva patteggiato una pena di due anni di reclusione, ma il giudice di merito aveva aggiunto anche dieci anni di pene accessorie fallimentari. La Suprema Corte ha annullato quest’ultima parte della condanna, ribadendo che, per una pena patteggiata non superiore a due anni, le pene accessorie non si applicano, a meno che non si tratti di reati specificamente elencati dalla legge, tra cui non rientra la bancarotta.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Accessorie e Patteggiamento: la Cassazione Fa Chiarezza

Con la recente sentenza n. 34514 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto processuale penale: l’applicabilità delle pene accessorie nel patteggiamento. Il caso, relativo a un’ipotesi di bancarotta fraudolenta, offre lo spunto per ribadire un principio consolidato: se la pena concordata tra le parti non supera i due anni di reclusione, le pene accessorie, per legge, non trovano applicazione, salvo specifiche e tassative eccezioni.

I Fatti del Caso: La Sentenza del G.i.p. di Catania

La vicenda trae origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania. Un imputato, accusato del reato di bancarotta fraudolenta impropria, aveva concordato con la pubblica accusa l’applicazione di una pena di due anni di reclusione, con il beneficio della sospensione condizionale.

Tuttavia, il Giudice, nell’applicare la pena concordata, aveva aggiunto anche le pene accessorie fallimentari previste dall’art. 216 della legge fallimentare, stabilendone una durata sproporzionata di dieci anni. Questa aggiunta, non prevista nell’accordo tra le parti, è stata il fulcro del successivo ricorso.

Il Ricorso in Cassazione: La Violazione dell’Art. 445 c.p.p.

L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando la violazione dell’articolo 445, comma 1, del codice di procedura penale. Secondo la difesa, l’applicazione delle pene accessorie era illegittima, poiché la pena principale patteggiata era pari (e non superiore) a due anni. Si evidenziava inoltre come l’accordo tra imputato e Pubblico Ministero, qualora avesse contemplato le sanzioni accessorie, le avrebbe comunque previste per una durata pari a quella della pena principale (due anni) e non per il decennio inflitto dal Giudice.

L’Applicazione delle Pene Accessorie nel Patteggiamento secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato e meritevole di accoglimento. Gli Ermellini hanno richiamato la propria giurisprudenza consolidata, chiarendo in modo inequivocabile la regola generale che governa il rapporto tra pene accessorie e patteggiamento.

L’articolo 445, comma 1, c.p.p. stabilisce che la sentenza di patteggiamento, quando la pena inflitta non supera i due anni di reclusione, non comporta l’applicazione di pene accessorie. Questa regola generale subisce una deroga solo per alcuni reati specificamente elencati nel comma 1-ter dello stesso articolo (introdotti dalla c.d. Legge Spazzacorrotti), tra i quali non figura la bancarotta fraudolenta.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte è lineare e si fonda su una chiara interpretazione della legge. La giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che ‘in tema di bancarotta fraudolenta, il patteggiamento di una pena detentiva non superiore ai due anni preclude l’applicazione delle pene accessorie obbligatorie per legge’.

Il reato di cui all’art. 216 della legge fallimentare, infatti, non rientra nel novero delle eccezioni previste dall’art. 445, comma 1-ter, c.p.p. Di conseguenza, la regola generale prevale e l’applicazione delle pene accessorie da parte del G.i.p. di Catania è stata ritenuta illegittima. La Corte ha quindi annullato la sentenza impugnata senza rinvio, limitatamente alla parte relativa alle pene accessorie, eliminandole del tutto.

Conclusioni: L’impatto della Sentenza

La decisione in commento rafforza un principio di garanzia fondamentale per chi accede al rito del patteggiamento. Si conferma che i benefici premiali di tale rito non possono essere vanificati da un’applicazione automatica e non richiesta dalla legge di sanzioni ulteriori e afflittive come le pene accessorie. Per i reati comuni, come la bancarotta, il limite dei due anni di pena patteggiata funge da spartiacque: al di sotto o fino a tale soglia, l’imputato sa che, oltre alla pena principale, non subirà conseguenze ulteriori sul piano delle sanzioni accessorie, favorendo così la deflazione del contenzioso penale in un’ottica di certezza del diritto.

È possibile applicare le pene accessorie in un procedimento di patteggiamento?
No, se la pena detentiva concordata non supera i due anni (soli o congiunti a pena pecuniaria), la sentenza di patteggiamento non comporta l’applicazione di pene accessorie, salvo che si tratti di specifici reati previsti dalla legge.

La bancarotta fraudolenta rientra tra i reati per cui le pene accessorie si applicano anche con patteggiamento sotto i due anni?
No. La Corte di Cassazione ha confermato che il reato di bancarotta fraudolenta non è compreso nell’elenco delle eccezioni di cui all’art. 445, comma 1-ter, del codice di procedura penale. Pertanto, per questo reato vale la regola generale che esclude le pene accessorie per pene patteggiate fino a due anni.

Cosa accade se un giudice applica illegittimamente le pene accessorie in un caso di patteggiamento?
La parte della sentenza che applica le pene accessorie può essere impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione. Se la Corte riconosce l’illegittimità, può annullare la sentenza limitatamente a quel punto, eliminando le pene accessorie, come avvenuto nel caso esaminato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati