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Pene accessorie patteggiamento: l’ordinanza Cassazione

La Corte di Cassazione, con ordinanza, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza di patteggiamento per reati di bancarotta. L’analisi si concentra sulla tempistica della richiesta relativa alle pene accessorie patteggiamento e sui criteri di determinazione della loro durata, confermando che la richiesta va fatta contestualmente al patteggiamento e che la durata è decisa dal giudice secondo l’art. 133 c.p., non in base alla pena principale.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Accessorie Patteggiamento: La Cassazione Chiarisce i Limiti del Ricorso

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce i rigorosi paletti procedurali che regolano l’accordo sulle pene accessorie patteggiamento. La decisione sottolinea come la facoltà delle parti di negoziare la durata di tali pene debba essere esercitata in modo tempestivo e contestuale alla richiesta di applicazione della pena principale. In caso contrario, il giudice è tenuto ad applicare le sanzioni accessorie obbligatorie, senza che le parti possano rinegoziare questo aspetto in un secondo momento. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia e le sue implicazioni pratiche.

Il caso in esame: un patteggiamento per bancarotta

I fatti traggono origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice dell’Udienza Preliminare di Milano. Un soggetto, imputato per reati di bancarotta, aveva concordato con la pubblica accusa una pena di due anni e sei mesi di reclusione. Successivamente, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, sollevando tre motivi di doglianza, tutti incentrati sulla gestione delle pene accessorie applicate dal giudice.

In particolare, il ricorrente lamentava:
1. La mancata considerazione della possibilità di modulare le pene accessorie, facoltà introdotta dalla recente riforma normativa.
2. L’errata determinazione della durata delle pene accessorie, che a suo dire doveva essere rapportata alla pena principale e non decisa autonomamente dal giudice.
3. La carenza di motivazione da parte del giudice sulla durata concreta delle pene accessorie inflitte.

La gestione delle pene accessorie nel patteggiamento secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, e quindi inammissibile, con una procedura semplificata (ordinanza de plano), senza necessità di udienza. La decisione si basa su principi giurisprudenziali consolidati e recenti, che chiariscono in modo inequivocabile le regole procedurali da seguire.

La Determinazione della Durata delle Pene Accessorie

Uno dei punti centrali dell’ordinanza riguarda i criteri per stabilire la durata delle pene accessorie. La Corte ha richiamato un’importante sentenza delle Sezioni Unite (n. 28910/2019), la quale ha stabilito che quando la legge prevede un minimo e un massimo per una pena accessoria, il giudice deve determinarne la durata concreta usando i criteri dell’art. 133 del codice penale. Questi criteri riguardano la gravità del reato e la capacità a delinquere del reo. La durata, quindi, non è automaticamente legata a quella della pena principale, ma è frutto di una valutazione discrezionale e motivata del giudice.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi del ricorso, fornendo una motivazione chiara per ciascuno di essi.

Sul primo motivo, i giudici hanno spiegato che la facoltà di chiedere la non applicazione o una durata specifica per le pene accessorie patteggiamento, introdotta dal D.Lgs. n. 150/2022, deve essere esercitata contestualmente alla richiesta di applicazione pena. Se le parti non includono questo punto nel loro accordo iniziale, il giudice è obbligato ad applicare le pene accessorie previste per legge. Non è possibile, in caso di annullamento parziale della sentenza, presentare una nuova richiesta concordata limitata solo a questo aspetto.

Sul secondo motivo, è stato ribadito il principio delle Sezioni Unite: la durata delle pene accessorie non fisse è determinata dal giudice in base ai criteri dell’art. 133 c.p., garantendo così una valutazione autonoma e svincolata dalla durata della pena detentiva principale.

Infine, sul terzo motivo, la Corte ha ritenuto che il giudice di merito avesse fornito una motivazione adeguata per giustificare la durata della pena accessoria irrogata, rendendo la censura del ricorrente infondata.

La manifesta infondatezza di tutti i motivi ha portato all’applicazione dell’art. 610, comma 5-bis, c.p.p., che consente alla Cassazione di dichiarare l’inammissibilità del ricorso con ordinanza de plano, senza convocare le parti per un’udienza.

le conclusioni

Questa pronuncia consolida l’orientamento secondo cui l’accordo di patteggiamento deve essere completo e formulato in un’unica soluzione. Le parti devono prestare la massima attenzione a includere nell’accordo iniziale ogni aspetto della pena, comprese le sanzioni accessorie. La decisione riafferma l’autonomia del giudice nel determinare la durata delle pene accessorie, basandosi su una valutazione ponderata della gravità del fatto e della personalità dell’imputato, e non su un mero calcolo proporzionale. Per la difesa, ciò significa che la negoziazione sulle pene accessorie è un momento cruciale da affrontare fin dall’inizio, poiché le omissioni non possono essere sanate in un secondo momento.

In un patteggiamento, quando si può chiedere una durata specifica per le pene accessorie?
La richiesta di determinare la durata delle pene accessorie o di non applicarle deve essere esercitata dalle parti contestualmente alla richiesta di applicazione della pena principale. Non è possibile formulare questa richiesta in un momento successivo.

Come viene decisa la durata di una pena accessoria se la legge prevede un minimo e un massimo?
Il giudice stabilisce la durata in concreto basandosi sui criteri indicati dall’art. 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del reo), e non rapportandola automaticamente alla durata della pena principale inflitta.

Un ricorso contro una sentenza di patteggiamento può essere dichiarato inammissibile senza udienza?
Sì, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, se il ricorso è ritenuto manifestamente infondato, la Corte di Cassazione può dichiararne l’inammissibilità con un’ordinanza emessa de plano, cioè senza formalità di procedura e senza avvisare le parti per la fissazione di un’udienza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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