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Pene accessorie patteggiamento: la Cassazione annulla

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11997/2024, ha annullato l’applicazione di pene accessorie in un caso di reato tributario definito con patteggiamento. La Corte ha ribadito che, se la pena concordata non supera i due anni, le sanzioni accessorie sono illegali, in virtù della prevalenza dell’art. 445 c.p.p. sulla normativa speciale. È stata invece confermata la legittimità della confisca per equivalente sui beni personali degli amministratori, ritenuti autori del reato.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Accessorie e Patteggiamento: la Cassazione fa chiarezza

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 11997/2024) affronta un tema cruciale nell’ambito dei reati tributari: l’applicabilità delle pene accessorie nel patteggiamento. La Corte ha stabilito un principio fondamentale: se la pena concordata è inferiore a due anni, le sanzioni accessorie, come l’interdizione da cariche societarie, non possono essere applicate. La decisione distingue nettamente la disciplina delle pene accessorie da quella della confisca, che resta legittima.

I Fatti del Caso: Compensazione di Crediti Fiscali Inesistenti

Il caso riguarda due amministratori di una società a responsabilità limitata, accusati del reato di indebita compensazione di crediti d’imposta inesistenti, previsto dall’art. 10 quater del D.Lgs. 74/2000. Essi avevano utilizzato crediti fittizi per un importo di oltre 86.000 euro per compensare le imposte dovute. A seguito di un accordo con la Procura (patteggiamento), il Giudice per le Indagini Preliminari aveva applicato una pena di un anno di reclusione (con sospensione condizionale), disponendo però anche diverse pene accessorie e la confisca di beni per un valore equivalente al profitto del reato.

Il Ricorso in Cassazione: Due Questioni sul Tavolo

Gli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione sollevando due motivi principali:

1. Illegalità delle pene accessorie: Sostenevano che, in base all’art. 445 del codice di procedura penale, la sentenza di patteggiamento a una pena non superiore a due anni non comporta l’applicazione di pene accessorie, salvo eccezioni non pertinenti al caso.
2. Illegalità della confisca: Contestavano la confisca disposta sui loro patrimoni personali, affermando di essere “soggetti terzi estranei” al reato, il cui profitto era andato esclusivamente a vantaggio della società.

La Disciplina delle Pene Accessorie nel Patteggiamento

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente il primo motivo di ricorso. I giudici hanno chiarito che, nel contesto del patteggiamento, la norma processuale (art. 445 c.p.p.) prevale sulla norma penale-tributaria (art. 12 D.Lgs. 74/2000) che prevede specifiche pene accessorie. Poiché la pena concordata era di un solo anno, il giudice non avrebbe dovuto applicare d’ufficio le sanzioni accessorie, quali l’interdizione dagli uffici direttivi e l’incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione. L’applicazione di tali sanzioni è stata pertanto ritenuta illegale e annullata senza bisogno di un nuovo processo.

La Legittimità della Confisca per Equivalente

Di diverso avviso è stata la Corte riguardo al secondo motivo. La doglianza sulla confisca è stata giudicata infondata. Gli ermellini hanno specificato che gli amministratori non possono essere considerati “terzi estranei” al reato. Al contrario, sono gli autori materiali della condotta illecita e, in tale veste, hanno beneficiato del risparmio di spesa derivante dall’evasione fiscale. Pertanto, la confisca per equivalente sui loro beni personali è pienamente legittima, in quanto mira a sottrarre loro il profitto illecito di cui hanno avuto la disponibilità.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha fondato la sua decisione su due pilastri argomentativi distinti.

Sul primo punto, ha ribadito un principio consolidato: l’annullamento di una statuizione illegale sulle pene accessorie, non concordate tra le parti, elimina solo quella parte della sentenza, senza travolgere l’intero accordo del patteggiamento. La regola dell’art. 445 c.p.p. è una disposizione speciale del rito che deroga alle norme generali e speciali che prevedono l’applicazione obbligatoria di pene accessorie.

Sul secondo punto, la Corte ha spiegato che la confisca, diretta o per equivalente, è una misura obbligatoria nei reati tributari. Gli amministratori, in quanto autori del reato, rispondono direttamente con il loro patrimonio se non è possibile aggredire il profitto diretto. La questione di un eventuale futuro pagamento del debito tributario da parte della società, che potrebbe portare a un arricchimento indebito dello Stato, è stata demandata alla fase esecutiva del processo, dove il giudice potrà valutare se sospendere o revocare l’esecuzione della confisca.

Conclusioni

La sentenza offre due importanti indicazioni pratiche. In primo luogo, conferma che il patteggiamento con una pena contenuta entro i due anni rappresenta un efficace scudo contro l’applicazione delle pesanti pene accessorie previste dalla legislazione sui reati tributari. In secondo luogo, chiarisce che la responsabilità patrimoniale degli amministratori per i reati commessi nell’interesse della società è diretta e personale, rendendo legittimo il ricorso alla confisca per equivalente sui loro beni.

In caso di patteggiamento con pena inferiore a due anni, si possono applicare le pene accessorie previste da una legge speciale, come quella sui reati tributari?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la regola generale dell’art. 445 del codice di procedura penale, che esclude le pene accessorie per patteggiamenti con pene fino a due anni, prevale sulle norme speciali. Pertanto, la loro applicazione è illegale.

L’amministratore di una società che commette un reato tributario a vantaggio dell’azienda può essere considerato un “soggetto terzo estraneo” al reato?
No. Secondo la sentenza, l’amministratore è l’autore del reato e non un soggetto terzo. Di conseguenza, è legittima la confisca per equivalente disposta sui suoi beni personali per un valore corrispondente al profitto del reato (il risparmio di spesa).

Cosa succede se la società paga il debito tributario dopo che è stata disposta la confisca sui beni dell’amministratore?
La sentenza chiarisce che la confisca può essere validamente disposta, ma la sua esecuzione concreta non può avvenire per la parte di debito che il contribuente si impegna a versare o ha già versato. La questione deve essere sollevata in sede di esecuzione della pena per evitare un indebito arricchimento dello Stato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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