Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 16641 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 16641 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/04/2025
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SECONDA SEZIONE PENALE
Composta da:
NOME COGNOME – Presidente – NOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME – Relatore –
Sent. n. sez. 602
CC – 01/04/2025
R.G.N. 5141/2025
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 08/10/1980 ad ASSISI avverso la sentenza in data 02/07/2024 della CORTE DI APPELLO DI PERU-
GIA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, limitatamente alle pene accessorie.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME per il tramite del proprio procuratore speciale, impugna la sentenza in data 02/07/2024 della Corte di appello di Perugia che, in parziale riforma della sentenza in data 16/06/2022 del Tribunale di Perugia, previo riconoscimento del fatto di lieve entità, ha rideterminato la pena inflitta per il delitto di estorsione (capi H ed I della rubrica). Confermava nel resto la sentenza impugnata, nella quale era stata disposta l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e l’interdizione legale.
Deduce:
1.1. Violazione d ell’art. 32 cod. pen. e in relazione alla configurabilità del reato di cui all’art. 629 cod. pen.
Con il primo motivo di ricorso si sostiene che COGNOME ha svolto un’attività di intermediazione a lui richiesta dalle stesse persone offese per il recupero dei beni rubati, così che non poteva ritenersi il suo concorso nel delitto di estorsione, tanto più che non vi era stata la prova d ell’esistenza d i alcuna minaccia rivolta dal ricorrente alle persone offese dei due distinti fatti estorsivi.
1.2. Violazione di legge in relazione agli artt. 29 e 32 cod. pen.
In questo caso si premette che la Corte di appello ha rideterminato la pena, riducendola ad anni tre e mesi quattro di reclusione, rispetto a quella originariamente inflitta dal Tribunale, pari ad anni cinque, mesi uno di reclusione ed euro 1.100,00 di multa.
Denuncia, quindi, l’errore in cui è incorsa la corte di appello che, pur riducendo la pena, non ha revocato le pene accessorie dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e dell’interdizione legale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
1.1. Il ricorrente assume che l’intervento di COGNOME quale intermediario per la restituzione dei beni rubati alle vittime sarebbe stata disinteressata, in quanto richiesta dalle stesse persone offese.
1.2. In realtà, la corte di appello ha spiegato che le vittime si erano rivolte a COGNOME ritenendo che -comunque- potesse conoscere gli autori dei furti in loro danno. Cosa che in effetti si verificava, tanto che era proprio l’odierno ricorrente a trattare direttamente con le vittime il ‘prezzo’ della restituzione ed era sempre lui a ricevere (direttamente o per il tramite di COGNOME) il prezzo così pattuito.
I giudici, con tali rilievi, hanno fatto corretta applicazione del principio di diritto a mente del quale «ai fini dell’integrazione del concorso di persone nel reato di estorsione è sufficiente la coscienza e volontà di contribuire, con il proprio comportamento, al raggiungimento dello scopo perseguito da colui che esercita la pretesa illecita; ne consegue che anche l’intermediario, nelle trattative per la individuazione della persona alla quale versare la somma estorta, risponde del reato di concorso in estorsione, salvo che il suo intervento abbia avuto la sola finalità di perseguire l’interesse della vittima e sia stato dettato da motivi di solidarietà umana» (Sez. 2, n. 37896 del 20/07/2017, COGNOME, Rv. 270723 -01).
Da ciò segue la manifesta infondatezza del motivo, che -a fronte di una sentenza compiutamente motivata e giuridicamente corretta- si risolve in valutazioni di merito non scrutinabili in sede di legittimità.
Il secondo motivo di ricorso è fondato.
Il ricorrente ha correttamente segnalato che la corte di appello ha rideterminato la pena riducendo quella originariamente inflitta dal tribunale.
In particolare, la pena di anni cinque, mesi uno di reclusione ed euro 1.110,00 di multa inflitta dal giudice di primo grado è stata ridotta dalla corte di appello ad anni tre, mesi quattro, giorni venti di reclusione ed euro 750,00 di multa.
Tale riduzione avrebbe dovuto indurre i giudici a una rivisitazione della permanente applicabilità delle sanzioni accessorie inflitte dal giudice di primo grado, ossia, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e l’interdizione legale per la durata della pena.
A tale proposito va osservato che l’art. 29 cod. pen. prevede la sanzione dell’interdiz ione perpetua dai pubblici uffici quando sia irrogata una pena non inferiore a cinque anni; analogamente, l’art. 32 cod. pen. prevede la sanzione accessoria dell’interdizione legale per la durata della pena, quando sia inflitta la reclusione per una durata non inferiore a cinque anni.
Tanto mostra come entrambe le sanzioni accessorie andavano revocate dalla corte di appello nel momento in cui irrogava una pena inferiore a cinque anni di reclusione.
Tanto porta all’annullamento della sentenza impugnata.
L’annullamento, tuttavia, può essere disposta senza rinvio, ai sensi dell’art. 620, comma 1, lett. l), cod. proc. pen.
Va osservato, infatti, che la pena base rideterminata dalla corte di appello è pari ad anni tre e mesi quattro di reclusione, così dovendosi rilevare che -a fronte di una pena non inferiore a tre annil’art. 29 cod. pen. prevede la sanzione accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque .
La pena, dunque, può essere rideterminata sulla base delle statuizioni del giudice di merito , dovendosi sostituire l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e l’interdizione legale per la durata della pena con la sanzione accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle sanzioni accessorie dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e dell’interdizione legale per la durata della pena, che revoca e sostituisce con l’interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque.
Così deciso il 01/04/2025 Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME