Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 37111 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 37111 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/07/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/03/2023 COGNOMEa CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME, cha ha concluso per l’inammissibilità dei ricórsi;
udito l’AVV_NOTAIO COGNOME NOME, del Foro di Roma, in difesa di RAGIONE_SOCIALE, che insiste nell’accoglimento del ricorso;
udito l’AVV_NOTAIO, del Foro di Roma, in difesa di COGNOME NOME, che insiste per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Roma, con la pronuncia indicata in epigrafe, in parziale riforme COGNOMEa sentenza di primo grado, per quanto di rilievo ha confermato la responsabilità di NOME COGNOME per la partecipazione, con il ruolo di «vedetta», a un’associazione di cui all’art. 74, comma 6, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (capo 1). Il giudice d’appello, per quanto ancora rileva in questa sede, ha altresì accolto le richieste di concordato ex art. 599-bis cod. proc. pen., con riferimento alle posizioni di NOME COGNOME, NOME COGNOME e COGNOME NOME, condannati in primo grado per le fattispecie di cui agli artt. 74, comma 6, e 73 d.P.R. n. 309 del 1990.
Avverso la sentenza gli imputati, tramite i rispettivi difensori, hanno proposto ricorsi deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
Con motivo unico di ricorso, nell’interesse di NOME COGNOME si deduce il vizio di motivazione COGNOMEa sentenza per non aver la Corte d’appello, nell’accogliere la richiesta di concordato ex art. 599-bis cod. proc. pen., derubricato la fattispecie di detenzione di stupefacente di cui al capo 36 nell’ipotesi di «lieve entità», prevista dal comma quinto COGNOME‘art. 73, d.P.R. n. 309 del 1990, pur trattandosi, a dire del ricorrente, COGNOME‘episodio «più oscuro» tra quelli per i quali l’imputato è stato condannato.
Con il motivo unico di ricorso, nell’interesse di NOME COGNOME si deduce l’illegalità COGNOMEa pena accessoria COGNOME‘interdizione dai pubblici uffici per la durata anni cinque, in luogo COGNOMEa medesima pena accessoria ma per la durata di tre anni, applicata dalla Corte territoriale all’esito COGNOME‘accoglimento del concordato sul trattamento sanzionatorio ex art. 599-bis cod. proc.
4.1. Il ricorrente premette che l’imputato sarebbe stato condannato all’esito di giudizio abbreviato in primo grado, per i reati di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. 309 del 1990 (capi 1 e 7), ritenuti in continuazione tra loro, alla pena finale d tre anni e otto mesi di reclusione, con conseguente interdizione dai pubblici uffici per cinque anni (ex art. 29 cod. pen.). In accoglimento del concordato in appello, la pena finale sarebbe stata ridotta a tre anni di reclusione, partendo dalla pena base, per la partecipazione all’associazione di cui al capo 1, di tre anni di reclusione, aumentata a tre anni e sei mesi di reclusione per la ritenuta aggravante del numero di persone, ulteriormente aumentata a quattro anni di
reclusione, per la continuazione con le accertate ipotesi di cui all’art. 73 d.P.R. n 309 del 1990 (ascritte al capo 7), e infine ridotta per il rito.
All’esito COGNOME‘accoglimento del concordato la Corte d’appello avrebbe però errato nel confermare la pena accessoria COGNOME‘interdizione dai pubblici uffici per la durata di cinque anni, invece di ridurla ad anni tre in applicazione COGNOME‘art. 3 cod. pen. laddove stabilisce che «Quando la legge stabilisce che la condanna importa una pena accessoria temporanea, e la durata di questa non è espressamente determinata, la pena accessoria ha una durata eguale a quella COGNOMEa pena principale inflitta…».
4.2. Con motivo nuovo, proposto ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen., si deduce l’illegalità COGNOMEa pena accessoria perché applicata con riferimento alla condanna alla pena principale (già ridotta per il rito) di tre anni di reclusion risultante dal cumulo giuridico per la continuazione, laddove, il corretto riferimento, ai fini COGNOME‘applicazione COGNOME‘art. 29 cod. pen., alla misura COGNOMEa pe base stabilita in concreto per il reato più grave, come risultante a seguito COGNOMEa diminuzione per la scelta del rito, nella specie pari a due anni e quattro mesi di reclusione, avrebbe escluso l’applicabilità COGNOMEa detta pena accessoria.
Con motivo unico di ricorso, nell’interesse di NOME COGNOME si deduce l’illegalità COGNOMEa pena, concordata ex art. 599-bis cod. proc. pen., per aver la Corte d’appello considerato, su accordo COGNOMEe parti, la circostanza aggravante di cui all’art. 74, comma 3, d.P.R. n. 309 del 1990 con riferimento a un’associazione costituita per commettere i fatti descritti dall’art. 73, comma 5, COGNOMEo stesso d.P.R., laddove, a detta del ricorrente, la menzionata aggravante sarebbe compatibile solo con la fattispecie associativa di cui ai commi primo e secondo COGNOMEo stesso art. 74.
Con i due motivi a sostegno del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME si deducono violazioni di legge e vizio di motivazione per aver la Corte territoriale confermato la responsabilità COGNOME‘imputato con riferimento alla partecipazione, con il ruolo di «vedetta», a un’associazione di cui all’art. 74, comma 6, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (capo 1), sulla base COGNOMEa valutazione degli elementi probatori emergenti dalle captate conversazioni, specificatamente indicate in sentenza e ritenute di significato inequivoco circa la consapevole e «costante» messa a disposizione del sodalizio, che, invece, per il ricorrente, sarebbero suscettibili di una diversa lettura. L’esiguità dei contatt telefonici con soggetti ritenuti appartenenti al sodalizio, cinque nel periodo compreso tra il 15 dicembre 2017 e il 2 settembre 2019, e il contenuto COGNOMEe conversazioni intercettate, posto dai giudici di merito a fondamento
COGNOME‘accertata e costante messa a disposizione del sodalizio quale «vedetta» nel quartiere zona di spaccio, nella valutazione proposta dal ricorrente, dimostrerebbero l’assenza di una disponibilità indiscussa e incondizionata del prevenuto all’associazione alla quale NOME COGNOME parrebbe quindi accostarsi, «… solo fisicamente ed in ragione COGNOMEa pregressa conoscenza…», quale soggetto solo presente nella detta piazza di spaccio, in quanto antistante alla propria abitazione, e conoscente i relativi residenti.
Le parti hanno discusso e concluso nei termini di cui in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili, pur dovendosi d’ufficio, circa le posizioni d NOME COGNOME e di NOME COGNOME, eliminare l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, con applicazione a carico di NOME COGNOME COGNOME‘interdizione da pubblici uffici per la durata di anni cinque, nonché, per il primo citato imputato eliminare l’interdizione legale durante la pena, in quanto pene accessorie illegali perché applicate al di fuori del paradigmi , normativi di cui agli artt. 29 e 32 cod. pen.
I ricorsi proposti negli interessi di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME sono suscettibili di trattazione congiunta, in quanto tutti diretti a censurare una sentenza emessa in accoglimento di concordati in appello, ex art. 599-bis cod. proc. pen., con rinuncia ai restanti motivi d’appello.
2.1. In merito occorre preliminarmente rilevare che secondo il costante orientamento di legittimità in materia, la rinuncia COGNOME‘imputato ai motiv d’appello in funzione COGNOME‘accordo sulla pena ex art. 599-bis cod. proc. pen., introdotto dall’art. 1, comma 56, COGNOMEa legge 23 giugno 2017, n. 103 (entrata in vigore il 3 agosto 2017), limita la cognizione del giudice di secondo grado ai motivi non oggetto di rinuncia. L’accordo in esame produce quindi effetti preclusivi, anche sulle questioni rilevabili d’ufficio, sull’intero svolgimen processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità, analogamente a quanto avviene nell’ipotesi di rinuncia all’impugnazione (cfr. Sez. 4, n. 30040, del 23/05/2024, COGNOME, in motivazione; Sez. 4, n. 2644 del 16/12/2022, dep. 2023, COGNOME, non massimata; Sez. 4, n. 49411 del 16/10/2022, COGNOME, Rv. 283939 01, in motivazione; e; Sez. 5, n. 29243 del 04/06/2018, COGNOME, Rv. 273194 01).
La rinuncia è irretrattabile; pertanto, si forma, per effetto COGNOMEe preclusioni, giudicato sostanziale sui relativi punti COGNOMEa decisione (Sez. 6, n. 44625 del
03/10/2019, NOME COGNOME, Rv. 277381 – 01; in motivazione; in merito agli effetti del concordato in termini di inammissibilità del ricorso per cassazione, si vedano altresì Sez. 4, n. 30040, del 23/05/2024, cit., in motivazione; Sez. 4, n. 2644 del 16/12/2022, cit., in motivazione; Sez. 4, n. 49411 del 16/10/2022, cit., in motivazione, Sez. 4, n. 29866 COGNOME’08/07/2022, NOME, Rv. 283451 – 01, in motivazione).
In definitiva, per l’attuale orientamento di legittimità in esame, in tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione COGNOMEa volontà COGNOMEa parte di accedere al concordato, al consenso del Pubblico Ministero sulla richiesta e al contenuto difforme COGNOMEa pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione COGNOMEe condizioni di proscioglimento nel merito ex art. 129 cod. proc. pen. nonché, come nella specie, all’omessa derubricazione ovvero a vizi attinenti alla determinazione del trattamento sanzionatorio che non si siano trasfusi nella illegalità COGNOMEa sanzione inflitta (ex plurimis: Sez. 4, n. 944 del 23/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 278170 – 01; si veda altresì Sez. 2, n. 50062 del 16/11/2023, COGNOME, Rv. 285619 – 01, per cui, nei confronti COGNOMEa sentenza resa all’esito di concordato in appello ex art. 599-bis cod. proc. pen., è inammissibile il ricorso per cassazione con cui siano riproposte doglianze relative ai motivi rinunciati, ivi compresi quelli aventi ad oggetto questioni di legittimità costituzionale, salvo il caso di irrogazione di una pena illegale, posto che l’accordo COGNOMEe parti limita la cognizione del giudice di legittimità ai motivi non oggetto di rinuncia – i fattispecie in cui il motivo d’appello rinunciato, attenendo all’eccezione d costituzionalità COGNOME‘attenuante speciale di cui all’art. 452-decies cod. pen., comportava la rinuncia a un trattamento sanzionatorio più favorevole di quello oggetto di accordo -). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Merita altresì richiamare il principio per cui il giudice di secondo grado nell’accogliere la richiesta di concordato non deve motivare sul mancato proscioglimento COGNOME‘imputato per una COGNOMEe cause previste dall’art. 129 cod. proc. pen., né sull’insussistenza di cause di nullità assoluta o di inutilizzabili COGNOMEe prove, in quanto, in ragione COGNOME‘effetto devolutivo proprio COGNOME‘impugnazione, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia (ex plurimis: Sez. 4, n. 52803 del 14/09/2018, COGNOME, Rv. 274522 – 01; Sez. 3, n. 30190 del 08/03/2018, COGNOME, Rv. 273755 – 01; Sez. 5, n. 15505 del 19/03/2018, Bresciani, Rv. 272853 – 01).
I detti approdi sono stati recentemente ribaditi da Sez. 4, n. 46847 COGNOME’11/10/2023, COGNOME, non massimata, che li ha ritenuti non contrastanti con
l’iter logico-giuridico seguito da Sez. U, n. 19415 del 27/10/2022, COGNOME, Rv. 284481 – 01, nell’affermare la ricorribilità per cassazione COGNOMEa sentenza di accoglimento del concordato per aver omesso di dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione maturata anteriormente alla pronuncia stessa (sul punto si veda altresì la successiva Sez. 5, n. 33266 del 09/05/2023, COGNOME, Rv. 284990 – 01, la quale, in considerazione COGNOMEa citata sentenza «COGNOME», ha ritenuto comunque inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza di accoglimento del concordato con il quale si deduca la prescrizione, allorché la rinuncia ai motivi di appello abbia riguardato anche il motivo relativo all’intervenuta estinzione del reato, da intendersi, quindi, come rinuncia espressa alla prescrizione, ai sensi COGNOME‘art. 157, comma settimo, cod. pen.).
2.2. Orbene, il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME è inammissibile in quanto deduce non censure relative alla formazione COGNOMEa volontà COGNOMEa parte di accedere al concordato, al consenso del Pubblico Ministero sulla richiesta e al contenuto difforme COGNOMEa pronuncia del giudice ovvero illegalità del trattamento sanzionatoria bensì l’omessa derubricazione nell’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 ancorché già oggetto di un motivo d’appello rinunciato in sede di concordato ex art. 599-bis cod. proc. pen.
2.3. Manifestamente infondata è invece la doglianza con la quale NOME COGNOME deduce l’illegalità COGNOMEa pena concordata per aver la Corte d’appello considerato, su accordo COGNOMEe parti, la circostanza aggravante di cui all’art. 74,
comma 3, d.P.R. n. 309 del 1990 con riferimento a un’associazione costituita per commettere i fatti descritti dall’art. 73, comma 5, COGNOMEo stesso T.U. stup.
Non si versa difatti in ipotesi di pena illegale in quanto, come chiarito dalla Suprema Corte anche in ragione COGNOME‘autonomia COGNOMEa fattispecie di cui all’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309 del 1990 rispetto a quella prevista dal precedente comma 1 e dalla struttura del citato art. 74, con la quale il ricorrente sostanzialmente non si confronta, all’associazione finalizzata a commettere fatti in materia di stupefacenti di lieve entità, costituente reato autonomo e non mera ipotesi attenuata COGNOMEa fattispecie associativa di cui al comma 1 del medesimo articolo 74, si applicano le aggravanti previste dai precedenti commi 3, 4 e 5, stante la mancanza di clausole di riserva o salvezza nelle relative disposizioni e non essendovi profili di incompatibilità strutturale tra le diverse ipotesi (Sez. n. 10685 del 19701/2023, COGNOME, Rv. 284466 – 01; in merito all’autonomia COGNOMEe due fattispecie e alle rilevanti conseguenze si vedano, altresì: Sez. U, n. 34475 del 23/06/2011, COGNOME, Rv. 250352 – 01, ove si chiarisce che l’associazione diretta a commettere fatti in materia di stupefacente di lieve entità è fattispecie autonoma e non mera ipotesi attenuata di quella di cui al comma 1 COGNOME‘art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990; Sez. 3, n. 19150 del 22/01/2021, COGNOME, Rv. 281297 – 01, per cui il reato di cui all’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 309 del 1990, non è soggetto al raddoppio dei termini di prescrizione, dovendosi escludere che l’indicazione del citato art. 74 da parte COGNOME‘art. 51, comma 3 -bis, cod. proc. pen., a sua volta richiamato dall’art. 157 cod. pen., implicante effetti derogatori in peius, ricomprenda anche l’ipotesi di cui al comma 6 del detto art. 74, costituente fattispecie delittuosa autonoma – e non attenuata – rispetto a quella di cui al precedente comma 1).
2.4. Parimenti manifestamente infondata è altresì la doglianza con la quale NOME COGNOME deduce l’illegalità COGNOMEa pena accessoria COGNOME‘interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque, in luogo COGNOMEa medesima pena accessoria ma per la durata di tre anni, applicata dalla Corte territoriale all’esit COGNOME‘accoglimento del concordato sul trattamento sanzionatorio ex art. 599-bis cod. proc.
Il ricorrente premette che l’imputato sarebbe stato condannato all’esito di giudizio abbreviato in primo grado, per i reati di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. 309 del 1990 (capi 1 e 7), ritenuti in continuazione tra loro, alla pena finale d tre anni e otto mesi di reclusione, con conseguente interdizione dai pubblici uffici per cinque anni (ex art. 29 cod. pen.). In accoglimento del concordato in appello, la pena finale sarebbe stata ridotta a tre anni di reclusione, partendo dalla pena base, per la partecipazione all’associazione di cui al capo 1, di tre anni di reclusione, aumentata a tre anni e sei mesi di reclusione per la ritenuta
aggravante del numero di persone, ulteriormente aumentata a quattro anni di reclusione, per la continuazione con le accertate ipotesi di cui all’art. 73 d.P.R. n 309 del 1990 (ascritte al capo 7), e infine ridotta per il rito.
All’esito COGNOME‘accoglimento del concordato la Corte d’appello avrebbe però errato nel confermare la pena accessoria COGNOME‘interdizione dai pubblici uffici per la durata di cinque anni, invece di ridurla ad anni tre in applicazione COGNOME‘art. 3 cod. pen. laddove stabilisce che «Quando la legge stabilisce che la condanna importa una pena accessoria temporanea, e la durata di questa non è espressamente determinata, la pena accessoria ha una durata eguale a quella COGNOMEa pena principale inflitta…».
Orbene, l’articolazione COGNOMEa doglianza soffre irrimediabilmente di un difetto di prospettiva caratterizzante l’incipit COGNOMEa censura, operando nella specie non l’art. 37 cod. pen., che rileva solo nel caso di condanna a pena accessoria per una durata non espressamente determinata dalla legge, bensì il precedente art. 29, essendo la durata COGNOMEa pena accessoria espressamente predeterminata in anni cinque, nel caso di condanna alla reclusione non inferiore a tre anni, ovvero perpetua, nel caso di condanna all’ergastolo o a reclusione non inferiore a cinque anni.
In tema di pene accessorie, difatti, l’art. 37 cod. pen. svolge una funzione residuale rispetto all’art. 29 COGNOMEo stesso codice ed è pertanto destinato a operare nei soli casi, diversi da quello di specie, in cui la durata COGNOMEe pene accessorie non è normativamente predeterminata (ex plurimis: Sez. 1, n. 8126 del 06/12/2017, del 2018, COGNOME, Rv. 272408 – 01, in motivazione; Sez. 1, n. 25476 del 09/02/2017, COGNOME, non massimata; Sez. 2, n. 53001 del 06/10/2016, COGNOME, Rv. 268541 – 01, in fattispecie relativa ad applicazione COGNOME‘interdizione dai pubblici uffici conseguente a condanna per induzione indebita consumata e tentata; Sez. 1, n. 36299 del 03/06/2015, COGNOME, Rv. 264677 01, in fattispecie in cui la Suprema Corte ha ritenuto che correttamente la sentenza impugnata, dopo aver inflitto per il reato principale la pena di anni tre e mesi quattro di reclusione, avesse applicato la pena accessoria COGNOME‘interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque e non per la durata di anni tre mesi quattro).
2.5. L’inammissibilità del motivo unico di ricorso proposto nell’interesse di NOME RAGIONE_SOCIALE comporta l’inammissibilità derivata del motivo nuovo, ai sensi COGNOME‘art. 585, comma 4, ultima parte, cod. pen., deducente l’illegale applicazione COGNOMEa pena accessoria COGNOME‘interdizione dai pubblici uffici che, invece, a dire del ricorrente, non sarebbe applicabile nella specie neanche per la durata di anni tre.
3. Il motivo nuovo proposto da NOME COGNOME prospetta però, ancorché in termini inammissibili, iina illegalità COGNOMEa pena accessoria rilevabile d’uf
Circa le posizione di NOME COGNOME e di NOME COGNOMECOGNOME COGNOME evidenziato in premessa e di seguito specificato, deve difatti procedersi d’ a eliminare l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, con applicazione a ca NOME COGNOME COGNOMECOGNOMEinterdizione dai pubblici uffici per la durata di anni nonché, per il primo citato imputato, ad eliminare l’interdizione legale dura pena, in quanto pene accessorie illegali perché applicate al di fuori del para normativi di cui agli artt. 29 e 32 cod. pen.
Trova difatti applicazione il principio governante la materia, più ribadito dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento all’interdizi pubblici uffici ex art. 29 cod. pen. e, mutatis mutandis, ritenuto applicabile per medesimezza di ratio anche all’altra pena accessoria di cui innanzi, l’interdizi legale disposta anch’essa, ex art. 32 cod. pen., in ragione COGNOME‘entità de principale (Sez. 4, n. 30040 del 23/05/2024, COGNOME, cit., in motivazione).
Ai fini COGNOME‘applicazione COGNOMEa pena accessoria COGNOME‘interdizione dai pub uffici, in caso di più reati unificati sotto il vincolo COGNOMEa continuazione difatti fare riferimento alla misura COGNOMEa pena base stabilita in concret reato più grave, come risultante a seguito COGNOMEa comparazione tra circostan COGNOMEa diminuzione per la scelta del rito, e non a quella complessiva risu dall’aumento per la continuazione (per la ricostruzione COGNOMEa giurisprudenz legittimità sul punto e per l’applicabilità dei relativi principi anche a accessoria COGNOME‘interdizione legale oltre che alla loro rilevabilità d’ufficio legittimità si veda la recente Sez. 4, n. 30040 del 23/05/2024, COGNOME, ci motivazione; trattasi di orientamento, pacifico, che fonda le proprie radici i U, n. 8411 del 27/05/1998, COGNOME, Rv. 210980 – 01, circa il rilievo, a COGNOME‘applicazione COGNOMEa pena accessoria, dalla pena finale all’esito COGNOMEa ri per il rito, e che si è successivamente confermato e sviluppato come emerge, ex plurimis, da: Sez. 2, n. 7188 del 11/10/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 276320 01, in motivazione, la quale ha peraltro chiarito che l’illegalità del accessoria applicata è rilevabile d’ufficio nel giudizio di cassazione anche ne in cui i motivi di ricorso, come nella specie, siano inammissibili; Sez. 5, n. del 14/03/2017, COGNOME, Rv. 270240 – 01; Sez. 1, n. 8126 del 06/12/201 COGNOME, Rv. 272408 – 01, la quale, oltre a ritenere applicabile il principio a all’interdizione legale, in motivazione, opportunamente e condivisibilmen evidenzia che l’orientamento per cui occorre fare riferimento alla p complessiva emergente dalla continuazione nel caso di reati omogenei – per cu si veda, tra le tante, Sez. 6, n. 17564 del 06/04/2023, Fuschino, Rv. 2845 01 – non trova applicazione con riferimento all’art. 29 cod. proc. pen., be
ordine alla diversa ipotesi in cui è applicabile l’art. 37 cod. pen.; Sez. 6, n. 36 del 20/12/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269425, con riferimento all’applicazione degli artt. 28 e 29 in relazione a più fattispecie in materia stupefacenti ritenute in continuazione tra loro all’esito di rito alternativo; Sez. n. 17542 del 13/02/2006, COGNOME, Rv. 234496 – 01).
3.1. Orbene, quanto alla posizione di NOME COGNOME, la Corte d’appello, in accoglimento del concordato, ha riformato la sentenza di primo grado condannando l’imputato alla pena finale (ridotta per il rito) di tre anni reclusione, partendo dalla pena base, per la partecipazione all’associazione di cui al capo 1, di tre anni di reclusione, aumentata a tre anni e sei mesi di reclusione per la ritenuta aggravante del numero di persone, ulteriormente aumentata a quattro anni di reclusione, per la continuazione con le accertate ipotesi di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 (ascritte al capo 7), e infine ridotta per il rit
Ne consegue l’insussumibilità COGNOMEa fattispecie nel paradigma di cui all’art. 29 cod. pen., dovendosi fare riferimento alla misura COGNOMEa pena base stabilita in concreto per il reato più grave (tre anni di reclusione), come risultante a seguito COGNOME‘aumento per l’aggravante (tre anni e sei mesi di reclusione) e COGNOMEa diminuzione per la scelta del rito, pari a due anni e quattro mesi di reclusione e quindi inferiore ai tre anni di reclusione necessitanti per l’applicazione COGNOME‘interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque.
3.2. Quanto alla posizione di NOME COGNOME, invece, la Corte d’appello, in accoglimento del concordato, ha riformato la sentenza di primo grado condannando l’imputato alla pena finale, già ridotta per il rito, di sei anni e nove mesi di reclusione e 28.000,00 euro di multa, ma partendo da una pena base (poi aumentata ex art. 81 cod. pen.) di sei anni di reclusione e 30.000,00 euro di multa.
Ne consegue che, dovendosi considerare per le dette pene accessorie la pena COGNOMEa reclusione determinata con riferimento al reato base (nella specie non circostanziato) ma ridotta per il rito, pari a quattro anni, quindi inferiore a cinqu anni ma non inferiore a tre anni, trova applicazione, per quanto innanzi detto, non l’interdizione in perpetuo dai pubblici uffici bensì l’interdizione dai pubblic uffici per la durata anni cinque, ex art. 29 cod. pen. Essendo la pena COGNOMEa reclusione inferiore a cinque anni, infine, non può essere applicata la pena accessorie COGNOME‘interdizione legale durante la pena di cui all’art. 32 cod., pen.
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME è inammissibile, ai sensi COGNOME‘art. 606, comma 3, cod. proc. pen., in quanto deducente motivi diversi da quelli proponibili in sede di legittimità in quanto costituiti da doglianze fatto, con le quali si prospettano anche erronee valutazioni COGNOMEa prova date dal
giudice di merito, non scandite dalla necessaria analisi critica COGNOMEe argomentazioni poste a base COGNOMEa decisione impugnata (sul contenuto essenziale COGNOME‘atto d’impugnazione si vedano ex plurimis: Sez. 4, n. 30040 del 23/05/2024, COGNOME, cit., in motivazione; Sez. 4, n. 16098 del 22/02/2023, COGNOME, non massimata; Sez. 4, n. 2644 del 16/12/2022, dep. 2023, COGNOME, non massimata; Sez. 4, n. 49411 del 16/10/2022, COGNOME, Rv. 283939 – 01, in motivazione; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, COGNOME, Rv. 254584 – 01; Sez. 7, n. 9378 del 09/02/2022, COGNOME, in motivazione; si veda altresì Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01, in ordine ai motivi d’appello ma sulla base di principi pertinenti anche al ricorso per cassazione).
Il riferimento di cui innanzi deve intendersi altresì al ricorrente tentativo sostituire a quella del giudice di merito una diversa valutazione degli esiti COGNOME comunicazioni captate, con riferimento a un apparato motivazionale che non si mostra manifestamente illogico.
In materia di intercettazioni telefoniche, difatti, costituisce questione d fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto COGNOMEe conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti COGNOMEa manifesta illogicità irragionevolezza COGNOMEa motivazione con cui esse sono recepite (Sez. 4, n. 30040 del 23/05/2024, cit., in motivazione; Sez. 4, n. 16098 del 22/02/2023, cit., non massimata; Sez. 4, n. 2644 del 16/12/2022, dep. 2023, cit., non massimata; Sez. 4, n. 49411 del 16/10/2022, cit., in motivazione; Sez. 4, n. 29076 del 22/07/2022, COGNOME, ( in motivazione; Sez. 4, n. 15503 del 22/03/2022, Riitano, in motivazione; Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337 – 01). Ne consegue che la prospettazione di un’interpretazione del significato di un’intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito, come sostanzialmente propone il ricorrente, è ammissibile in sede di legittimità solo in presenza del travisamento COGNOMEa prova, ossia nel caso, non ricorrente nella specie, in cui sia stato indicato il contenuto in modo difforme da quello reale e la difformità risulti decisiva e incontestabile (Sez. 4, n. 30040 del 23/05/2024, cit. in motivazione; Sez. 4, n. 16098 del 22/02/2023, cit., non nnassinnata; Sez. 4, , n. 2644 del 16/12/2022, dep. 2023, cit., non massimata; Sez. 4, n. 49411 del 16/10/2022, cit., in motivazione; Sez. 4, n. 29076 del 22/07/2022, COGNOME, in motivazione; Sez. 4, n. 15503 del 22/03/2022, Riitano, in motivazione; Sez. 3, n. 34439 del 02/07/2019, dep. 2020, COGNOME, in motivazione; Sez. n. 6722 del 21/11/2017, dep. 2018, Di Maro, Rv. 272558 – 01).
La Corte territoriale ha difatti confermato la responsabilità COGNOME‘imputato con riferimento alla partecipazione, con il ruolo di «vedetta», a un’associazione di cui all’art. 74, comma 6, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (capo 1) sulla base COGNOMEa
valutazione degli elementi probatori emergenti dalle captate conversazioni, specificatamente indicate in sentenza e ritenute di significato inequivoco circa la consapevole «costante» messa a disposizione del sodalizio. Il ricorrente, invece, in termini inammissibili per quanto innanzi evidenziato, pretende di muovere dai medesimi elementi probatori, ritenendosi suscettibili di una lettura alternativa a quella del giudicante, per concludere nel senso per cui gli stessi dimostrerebbero l’assenza di una disponibilità indiscussa e incondizionata del prevenuto all’associazione alla quale NOME COGNOME, sempre all’esito di una valutazione di merito operata dal ricorrente, si sarebbe accostato «… solo fisicamente ed in ragione COGNOMEa pregressa conoscenza…», quale soggetto solo presente nella detta piazza di spaccio, in quanto antistante alla propria abitazione, e conoscente i relativi residenti.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente alle statuizioni COGNOMEa interdizione perpetua dai pubblici uffici e COGNOME interdizione legale durante la pena, statuizioni che elimina ed applica al medesimo l’interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque. Annulla la medesima sentenza nei confronti di speciale COGNOME limitatamente alla
statuizione COGNOME‘interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque, statuizione che elimina. Dichiara inammissibili i ricorsi di tutti i ricorrenti e condanna i medesimi al pagamento COGNOMEe spese processuali e COGNOME NOME e COGNOME NOME anche al pagamento COGNOMEa somma di euro tremila ciascuno in favore COGNOMEa Cassa COGNOMEe ammende.
Così deciso il 4 luglio 2024
Il Pr idente