Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 6582 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 6582 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Roma il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/3/2023 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Monza;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 14/3/2023, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Monza applicava a NOME COGNOME – ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. – la pena di tre anni di reclusione con riguardo ai reati di bancarotta fraudolenta, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti ed emissione di fatture della stessa natura.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo – con unico motivo – la mancanza di motivazione con riguardo alla durata delle pene accessorie.
,.)
Premesso il richiamo alla giurisprudenza di questa Corte, si lamenta che il G.i.p. avrebbe applicato le pena accessorie nella misura massima, senza però sviluppare alcuna motivazione quanto ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., specie con riferimento alla gravità del fatto, che sarebbe stata affermata senza un concreto esame della vicenda di specie (che l’atto sinteticamente riporta).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso risulta fondato.
Al riguardo, occorre premettere che, in tema di cd. patteggiamento allargato, il giudice che applica una pena accessoria non concordata ha l’onere di motivare specificamente sul punto e la statuizione è impugnabile, anche dopo l’introduzione dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., con ricorso per cassazione per vizio di motivazione, riguardando un aspetto della decisione estraneo all’accordo sull’applicazione della pena (tra le molte, Sez. 6, n. 16508 del 27/5/2020, Condò, Rv. 278962).
Tanto premesso, la Corte riscontra effettivamente il difetto motivazionale denunciato. Il Tribunale di Monza, infatti, ha applicato le pene accessorie, nella misura massima, solo “tenuto conto della significativa gravità delle condotte”, senza ulteriori considerazioni; si tratta, all’evidenza, di una motivazione generica, che non specifica o puntualizza i tratti propri delle condotte, in termini oggettivi e psicologici, né evidenzia quali profili di particolare gravità giustificherebbero le pene accessorie nella più alta cornice edittale. La motivazione, pertanto, deve essere annullata con rinvio in parte qua, ferma peraltro restando la piena validità del negozio processuale quanto alle sanzioni principali (per tutte, Sez. 5, n. 19400 del 24/3/2021, Tuci, Rv. 281263).
Dalla nuova valutazione della durata delle pene accessorie (di cui all’art. 12, d. Igs. 10 marzo 2000, n. 74, e 216, r.d. 16 marzo 1942, n. 267), peraltro, dovrà essere sottratta l’interdizione temporanea dai pubblici uffici, che il Tribunale ha applicato contra legem e con riguardo alla quale, pertanto, la sentenza deve essere annullata senza rinvio.
6.1. Al riguardo, occorre innanzitutto richiamare l’art. 29 cod. pen., a mente del quale la condanna all’ergastolo e la condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni importano l’interdizione perpetua del condannato dai pubblici uffici; e la condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a tre anni importa l’interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque. Si sottolinea poi, che il G.i.p., Individuata la pena base per il delitto di bancarotta documentale in 3 anni di reclusione, l’ha poi aumentata di 6 mesi a titolo di continuazione interna, per poi ridurla per le circostanze attenuanti generiche a 3 anni di
reclusione, quindi per il rito a 2 anni e 6 mesi di reclusione, infine aumentata per continuazione esterna (capi B e C) a 3 anni di reclusione.
6.2. Tanto premesso, occorre tener presente il principio secondo cui – ai fini dell’applicazione della pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici – in caso di più reati unificati sotto il vincolo della continuazione occorre fa riferimento alla misura della pena base stabilita per il reato più grave e non a quella complessiva risultante dall’aumento della continuazione con altri reati (Sez. 5, n. 28584 del 14/3/2017, COGNOME, Rv. 270240; Sez. 6, n. 3633 del 20/12/2016, COGNOME, Rv. 269425; Sez. 7, n. 48787 del 29/10/2014, COGNOME ed altri, Rv. 2644780. Tra le non massimate, Sez. 2, n. 26772 del 2/4/2021, Zona).
6.3. Il G.i.p. del Tribunale di Monza, dunque, non ha correttamente applicato tale principio, in quanto – come riportato – la pena detentiva applicata per il reato più grave, congruamente diminuita di un terzo per il rito, era inferiore a tre anni.
6.4. Ai sensi dell’art. 29 cod. pen., pertanto, la pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici deve essere eliminata.
6.5. A tale riguardo, peraltro, il Collegio rileva che la questione, estranea al ricorso, ben può essere rilevata d’ufficio, interessando una pena accessoria illegale, perché adottata in assenza dei presupposti di legge (come peraltro già affermato da Sez. 2, n. 26772/21, citata). Da ultimo con la sentenza n. 877 del 14/7/2022, infatti, le Sezioni Unite di questa Corte hanno sottolineato che “pena legale” è quella: a) del genere e della specie predeterminati dal legislatore entro limiti ragionevoli; b) comminata da una norma (sostanzialmente) penale, vigente al momento della commissione del fatto-reato, o, se sopravvenuta rispetto ad esso, più favorevole di quella anteriormente prevista; c) determinata dal giudice, nel rispetto della cornice edittale, all’esito di un procedimento di individualizzazione che tenga conto del concreto disvalore del fatto e delle necessità di rieducazione del reo. “Pena illegale” è, conseguentemente, quella che si colloca al di fuori del sistema sanzionatorio come delineato dal codice penale, perché diversa per genere, per specie o per quantità da quella positivamente prevista.
6.6. Muovendo da queste premesse, certamente qui da ribadire, ecco allora che una pena, ancorché accessoria, irrogata in assenza dei presupposti di legge, dunque non già solo diversa da quella che risponde al modello legale (magari eccedendone la misura), deve essere considerata illegale ed espunta dal trattamento sanzionatorio, anche d’ufficio. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata senza rinvio limitatamente all’applicazione della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, pena che si elimina.
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio limitatamente alla pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, pena che elimina, e con rinv Tribunale di Monza limitatamente alla durata delle pene accessorie di cui agli ar 12, d. Igs. n. 74 del 2000 e 216, r.d. n. 267 del 1942, per nuovo giudizio sul pu
Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2023
Il é r kigliere estensore
Il Presidente