Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 12309 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 12309 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nata a Pomigliano D’Arco il 28/05/1977
avverso la sentenza emessa il 27/05/2024 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Nola;
del Sostituto Procuratore Generale, dott.ssa NOME COGNOME che udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME lette le conclusioni ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Nola ha applicato la pena d mesi dieci e giorni sei di reclusione nei riguardi di Savina Campanella per il reato peculato; il Tribunale ha inoltre applicato, ai sensi dell’art. 317 bis cod. pen., le accessorie della interdizione dai pubblici uffici e del divieto temporaneo di contratta con la pubblica amministrazione per la durata di cinque anni.
Ha proposto ricorso l’imputata articolando tre motivi.
Il presupposto del ricorso è che il Giudice non avrebbe considerato come la richiesta di applicazione di pena fosse subordinata alla esenzione, ai sensi dell’art. 444, comma 3 bis, cod. proc. pen., dalle pene accessorie previste dall’art. 317 bis cod. pen.
Il Giudice avrebbe erroneamente ritenuto che il comma 1 secondo periodo dell’art. 444 cod. proc. pen., secondo cui le parti possono patteggiare, oltre che la pena principale, anche quelle accessorie, avrebbe valenza solo per il c.d. patteggiamento allargato.
Tale tesi, secondo il Tribunale, sarebbe confortata dall’art. 445, comma 1, secondo periodo e comma 1 ter, cod. proc. pen., che, in caso di patteggiamento a pena non superiore a due anni per i reati contro la pubblica amministrazione, riconosce al giudice il potere discrezionale di infliggere le pene accessorie.
Assume invece l’imputato che detta disposizione, introdotta con la legge 9 gennaio 2019 n. 3, sarebbe stata espressamente mitigata dal medesimo legislatore proprio con la previsione dell’art. 444, comma 3 bis, cod. proc. pen.
2.1. In tale contesto, con il primo motivo si deduce violazione di legge.
Il Giudice, in violazione dell’accordo, avrebbe errato nell’applicare le pene accessorie di cui all’art. 317 bis cod. pen., sul presupposto che, trattandosi di patteggiament ordinario, le parti non avrebbero avuto il potere negoziale in relazione alle pene accessorie.
Si sostiene che il legislatore, invece, con la legge n. 3 del 2019 avrebbe riconosciuto la facoltà per il giudice di applicare le pene accessorie e, in particolare, avrebbe previs
all’art. 445 che non si applicano le pene accessorie per le sentenze di condanna ad una pena fino a due anni di reclusione, ad eccezione che per i reati contro la Pubblica amministrazione per i quali, invece, le pene accessorie restano nella discrezionalità del giudice (comma 1 ter dell’art. 445);
avrebbe previsto all’art. 444 per detti ultimi reati (cioè quelli contro la pubb amministrazione) il potere della parte di patteggiare anche le pene accessorie e la confisca, lasciando tuttavia al giudice solo la possibilità di rigettare l’accordo (comma bis)
3.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge.
Pur volendo ritenere che il Giudice abbia il potere di irrogare le pene accessorie disapplicando l’accordo delle parti, il Tribunale avrebbe comunque omesso di motivare, limitandosi a fare riferimento alla pervicacia e alla spregiudicatezza (pag. 5 sentenza) senza tuttavia dare atto di una serie di circostanze.
3.2. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge
Con la sentenza impugnata, in violazione dell’art. 444, commi 2-3, cod. proc. pen. e del principio di correlazione tra la richiesta e la sentenza, il Tribunale avrebbe applic le pene accessorie sebbene la richiesta fosse espressamente subordinata alla esenzione di esse.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato.
Non è in contestazione che l’accordo intervenuto tra le parti fosse subordinato alla esenzione della applicazione delle pene accessorie (cfr. pag. 2 della sentenza)
La Corte di cassazione ha già chiarito come, per effetto dell’art. 1, comma 4, lettera d), della legge n. 3 del 2019, sia stato aggiunto all’art. 444 cod. proc. pen. il comnna 3-bis, ai cui sensi, nei procedimenti per i delitti di cui agli artt. 314, primo comma, 318, 319, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis e 346-bis cod. pen., «la parte, nel formulare la richiesta, può subordinarne l’efficacia all’esenzione dal pene accessorie previste dall’articolo 317-bis del codice penale ovvero all’estensione degli effetti della sospensione condizionale anche a tali pene accessorie. In questi cas il giudice, se ritiene di applicare le pene accessorie o ritiene che l’estensione d sospensione condizionale non possa essere concessa, rigetta la richiesta».
Con l’art. 1, comma 4, lettera e), numeri 1) e 2), della legge indicata, inoltr legislatore ha, rispettivamente, modificato il comma 1 dell’art. 445 cod. proc. pen., introdotto nella stessa norma un nuovo comma 1-ter.
La prima modifica all’art. 445 cod. pen., incidente sulla disposizione che prevede i beneficio della esenzione dalle pene accessorie per i casi in cui il rito si concluda c l’applicazione di una pena detentiva non superiore ai due anni (cosiddetto “patteggiamento ordinario”), riguarda la specificazione in forza della quale «nei cas previsti dal presente comma è fatta salva l’applicazione del comma 1-ter».
La seconda modifica aggiunge all’art. 445 cod. proc. pen. il comma 1-ter, in cui si stabilisce che «con la sentenza di applicazione della pena di cui all’articolo 444, comma 2, del presente codice per taluno dei delitti previsti dagli articoli 314, primo comm 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322- bis e 346-bis del codice penale, il giudice può applicare le pene accessorie previste dall’articolo 317 bis del codice penale».
Quanto all’ambito applicativo della nuova disciplina, non è in contestazione che essa incida sul “patteggiamento ordinario”; in tal senso depone il rinvio all’art. 445, comm 1-ter, contenuto nella clausola aggiunta al comma 1, norma quest’ultima che, come detto, si riferisce alle pene patteggiate di entità non superiore ai due anni di reclusio
Dunque, per effetto delle modifiche introdotte dalla legge n. 3 del 2019, gli imputa per i reati contro la pubblica amministrazione non si giovano più automaticamente, in caso di “patteggiannento ordinario”, del beneficio della esenzione dalle pene accessorie
previste dall’art. 317-bis cod. pen., poiché la valutazione sul punto è ora rimessa a giudice.
In tal senso, si è fatto correttamente notare in dottrina, il primo dato che emerg dalla novellata disposizione normativa è che le modifiche apportate art. 445 cod. proc. pen. incidono su uno dei principali profili di premialità tradizionalmente tipici patteggiamento ordinario.
Nella versione previgente, come è noto, il principio generale contenuto nell’art. 445, comma 1, cod. proc. pen. era quello del divieto di applicazione delle pene accessorie nei casi in cui la pena applicata fosse contenuta nel limite di due anni di reclusione soli congiunti a pena pecuniaria.
La nuova clausola di salvezza posta al termine della disposizione in esame, richiamando in modo simmetrico la previsione normativa che ha introdotto il potere del giudice del patteggiamento di decidere, per alcune tipologie di reati contro la pubblica amministrazione, se applicare o meno le pene accessorie dell’interdizione dai pubblici uffici e del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione (art. 445, comma 1 ter, cod. proc. pen.), implica che, nei casi ed entro i limiti indicati, l’applicazion pene accessorie, da oggetto di un rigido divieto, viene attualmente rimodulata ad opzione decisoria, rimessa alla valutazione discrezionale del giudice.
Si è osservato come, per effetto dell’intervento legislativo, si sia realizzato un siste obiettivamente mutato in quanto il combinato disposto dei commi 1 e 1 ter dell’art. 445 così come modificati dalla legge in esame implica, infatti, che il giudice “non è p confinato al ruolo di mero veicolo di decisioni – id est, applicazione obbligatoria, n generalità dei casi; divieto di applicazione, nel caso di patteggiamento ordinario – pres a monte dal legislatore alle quali egli, pertanto, può solo passivamente conformarsi, ma assurge all’inedito ruolo di organo chiamato a decidere, su base discrezionale, sull’an di applicazione delle pene accessorie dell’interdizione dai pubblici uffici e divieto di contrarre con la pubblica amministrazione” (Così, Sez. 6, n. 14238 del 11/01/2023, Nucera, Rv. 284575).
4. In tale contesto il Tribunale ha ritenuto, da una parte, di esercitare il prop potere discrezionale nonostante il patto convenuto fosse subordinato alla esenzione delle pene accessorie, e, dall’altra, che “l’applicazione delle pene accessorie non può essere oggetto dell’accordo delle parti, essendo rimessa solo alla valutazione discrezionale del giudice” (così a pag. 5 della sentenza impugnata).
Da tale presupposto il Tribunale ha fatto conseguire il corollario che la condizione a cui era stata subordinato l’accordo tra le parti dovesse considerarsi non apposta.
5. Si tratta di un ragionamento viziato.
La novella legislativa non impone alle parti di estendere il patteggiannento alle pene accessorie, ma attribuisce loro la facoltà di accordarsi in tal senso, con la conseguenza che, qualora le parti nulla abbiano previsto in proposito con il loro accordo, il giudic può applicare le pene accessorie, esercitando il suo potere discrezionale.
E tuttavia, nel caso in cui le parti si siano accordate per l’esclusione delle pene accessorie, addirittura subordinando l’intero accordo alla mancata applicazione delle sanzioni in questione, il giudice, ove ritenga in tale parte l’accordo non accoglibile, dev rigettare il patteggiamento nella sua interezza e non può limitarsi né a recepirlo nella sola parte relativa alla pena principale negoziata, e, tantomeno, ad applicare le pena accessorie, ritenendo non apposta la condizione a cui l’intero patto è subordinato.
Ciò spiega l’affermazione delle Sezioni unite, correttamente richiamata dalla ricorrente, secondo cui l’art. 1, comma 4, lett. d) della legge 9 gennaio 2019, n. 3, che ha introdotto nell’art. 444 cod. proc. pen. il comma 3-bis, consente all’imputato di subordinare la propria richiesta alla «esenzione» dalle pene accessorie previste dall’art. 317-bis cod. pen. ovvero all’estensione alle stesse della sospensione condizionale, ma “con effetto vincolante per il giudice” (Sez. U, n. 23400 del 27/01/2022, COGNOME, in motivazione).
Ne consegue che il Tribunale non poteva considerare non apposta la condizione cui era subordinato l’accordo, relativa alla esenzione delle pene accessorie, e poteva solo, nel caso in cui avesse ritenuto di non recepire il patto nella sua interezza, rigettarl senza nessuna possibilità di scinderlo.
La sentenza impugnata deve dunque essere annullata senza rinvio con conseguente trasmissione degli atti al Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Nola per nuovo esame .
P. Q. M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Nola per nuovo esame.
Così deciso in Roma il 7 novembre 2024
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