Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19916 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19916 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a GIOIA DEL COLLE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/06/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del 22 giugno 2023, con cui la Corte di appello di Bari – pronunciandosi, a seguito dell’annullamento con rinvio disposto 1’11 maggio 2021 dalla Corte di cassazione, Quinta Sezione penale, in relazione alla sentenza emessa dalla stessa Corte territoriale il 19 febbraio 2019, annullata limitatamente alla quantificazione delle pene accessorie del reato di cui all’art. 216, ultimo comma, r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (legge fall.) -, per quanto di interesse ai presenti fini, rideterminava le pene accessorie dell’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e dell’incapacità a esercitare gli uffici direttivi delle imprese nella misura di due anni.
Ritenuto che il ricorso in esame pur denunziando violazione di legge e vizio di motivazione, non critica la violazione di specifiche regole inferenziali, ma, postulando indimostrate carenze motivazionali della sentenza impugnata, chiede il riesame nel merito della vicenda processuale, che risulta vagliato dalla Corte di appello di Bari in conformità dell’annullamento con rinvio disposto 1’11 maggio 2021, sopra citato, in relazione alla sentenza emessa dalla stessa Corte territoriale il 19 febbraio 2019.
Ritenuto che tale riesame è inammissibile in sede di legittimità, quando la struttura razionale della sentenza impugnata abbia, come nel caso in esame, una puntuale coerenza argomentativa e sia saldamente ancorata, tenuto conto del giudicato parziale formatosi sulle parti non annullate della decisione di merito presupposta, alle indicazioni fornite dalla Corte di legittimità in sede di annullamento con rinvio (tra le altre, Sez. 2, n. 37689 del 08/07/2014, Dori, Rv. 260327 – 01; Sez. 3, n. 18502 dell’08/10/2014, dep. 2015, Gusmeroli, Rv. 263636 – 01).
Ritenuto che la Corte di appello di Bari infatti, si pronunciava in conformità dell’annullamento con rinvio disposto dalla Corte di cassazione, che imponeva un riesame della vicenda processuale limitato alla quantificazione delle pene accessorie per il reato di cui all’art. 216, ultimo comma, legge fall., che doveva essere effettuata nel rispetto dei principi affermati nella sentenza della Corte costituzionale n. 222 del 2018.
Ritenuto che a tali indicazioni ermeneutiche il Giudice del rinvio barese si conformava correttamente, rideterminando in due anni le pene accessorie dell’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e dell’incapacità a esercitare gli uffici direttivi delle imprese, sull’assunto, esplicitato a pagina 3 del provvedimento impugnato, tenuto conto «della personalità e della gravità della condotta serbata dall’imputato la cui gestione sociale è stata orientata, sin
dalla costituzione dell’impresa in forma collettiva, al “ricorso selvaggio” al cre nella piena consapevolezza di non potere onorare le obbligazioni assunte cos aggravando il dissesto della società »; considerazioni, queste, imponevano di attestare le pene accessorie irrogate a NOME in una misura dosimetrica inferiore a quella applicata.
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, a versamento di una somma alla cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa dell ammende.
Così deciso il 18 aprile 2024.