Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1851 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1851 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato
. a SOLBIATE OLONA il 07/06/1959
avverso la sentenza del 28/05/2024 del GIP TRIBUNALE di COGNOME
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, COGNOME la quale ha chiesto pronunciarsi l’annullamento senza rinvio dell’impugnata sentenza limitatamente alle statuizioni in tema di pene accessorie fallimentar l’inammissibilità nel resto.
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 28 maggio 2024, adottata ex art. 444 cod. proc. pen., il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Busto Arsizio ha applicato a NOME COGNOME la pena concordata di anni quattro di reclusione, per i reati di bancarotta fraudolenta documentale e distrattiva, cagionamento doloso del fallimento della società RAGIONE_SOCIALE e bancarotta semplice per aver aggravato il dissesto della medesima società, ritenuti avvinti dal vincolo della continuazione con i reati giudicati con sentenza n. 589 del 13 luglio 2022, irrevocabile il 19 maggio 2023, pronunciata dal giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Busto Arsizio, relativa a reati tributari. Sono state altresì applicate le sanzioni accessorie di cui all’art. 216, u.c., I. fall. per la durata di anni cinque.
Con la medesima sentenza sono state confermate le statuizioni relative alle pene accessorie e alla confisca, ordinate con la citata sentenza n. 589 del 13 luglio 2022.
Avverso la sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, Avv. NOME COGNOME affidando le proprie censure a due motivi, di seguito enunciati nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, si duole di violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione agli artt. 81 cod. pen. e 445, comma 1, del codice di rito, per avere il Tribunale omesso di motivare l’aumento di pena disposto per ciascuno dei reati satellite e per avere confermato la condanna alle pene accessorie disposta dalla precedente sentenza n. 589 del 2022, nonostante l’aumento di pena sia stato contenuto nei due anni di reclusione. Ne consegue che, ex art. 445, comma 1, del codice di rito, le pene accessorie non dovevano trovare applicazione.
2.2 Col secondo motivo, si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 12 bis d. Igs. 74 del 2000 e ai principi di legalità e proporzionalità della pena, avendo il Tribunale confermato la confisca senza motivare in ordine alla specifica responsabilità dell’imputato per il concorso nei reati tributari ascritti.
Sono state trasmesse, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28/10/2020, n. 137, conv. con I. 18/12/2020, n. 176, a) le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME la quale ha chiesto pronunciarsi l’annullamento senza rinvio dell’impugnata sentenza limitatamente alle statuizioni in tema di pene accessorie fallimentari e l’inammissibilità nel resto. Secondo il Sostituto Procuratore generale, sarebbe infatti «fondata la doglianza relativa
all’applicazione delle pene accessorie (anche se per ragioni diverse da quell prospettate in ricorso) applicate con la sentenza ex art. 444 cpp in esame. pacifica giurisprudenza che “in ordine all’applicazione delle pene accessorie dell’interdizione dai pubblici uffici e dell’interdizione legale, è necessari riferimento, nel caso di più reati unificati sotto il vincolo della continuazione, misura della pena base in concreto stabilita per il reato più grave, eventualment ridotta per la scelta del rito, e non a quella complessiva, risultante dall’aume per la continuazione” (Sez. 4, n. 30040 del 23/05/2024, Rv. 286862 – 03). Nel caso di specie, il GIP ha applicato le sanzioni accessorie in virtù dell’entità d pena risultante dalla continuazione, senza la quale non sarebbe stato raggiunto i minimo (quattro anni) per l’applicazione delle stesse. Il rilievo dell’illegalità pene accessorie applicate comporta l’annullamento senza rinvio della relativa statuizione ma non travolge l’accordo e l’intera sentenza di patteggiamento (v. ex multis, Sez. 5, n. 19400 del 24/03/2021, COGNOME, Rv. 281263)».
Considerato in diritto
1. Il primo motivo è manifestamente infondato, per le ragioni di seguito evidenziate. Per quel che ha riguardo alla parte della censura che lamenta omessa motivazione sull’aumento di pena disposto per la continuazione tra reati, si osserva che l’accordo sulla pena comprendeva anche l’aumento (di anni uno e mesi sei) disposto a titolo di continuazione per i reati tributari giudicati in altra se precisamente, con la già citata sentenza n. 589 del 13 luglio 2022, irrevocabile 19 maggio 2023. Ciò è quanto risulta dall’affermazione -peraltro incontrastata- del Tribunale (pp. 3-4 dell’impugnata sentenza). Rispetto a tale evidenza, deve pronunciarsi l’inammissibilità della censura, posto che il dedotto vizio d motivazione si colloca al di fuori dei casi previsti dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., come introdotto dalla legge n. 103 del 2017, che ha stabilito che ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento è proponibile solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difett correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Né viene in rilievo, nel caso di specie un profilo che suggerisca un accordo illegalmente formatosi, concluso, cioè, in violazione di una condizione di ammissibilità della richiesta, a cui il giudice avrebbe dovuto porre rimedio (su tema, v. ad esempio, Sez. 6, n. 19679 del 27/01/2021, Bove, Rv. 281664).
Per quel che concerne, invece, la seconda censura, relativa alla conferma della condanna alle pene accessorie disposte dalla sentenza n. 589 del 13 luglio 2022, irrevocabile il 19 maggio 2023, essa deve disattendersi alla luce del principi
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secondo cui «il giudice di merito che, ritenendo la continuazione tra i fatti oggetto di giudizio con altri per i quali è già intervenuto giudicato, aumenti la pena inflitta per questi ultimi, non può, vedendo il suo giudizio solo sull’aumento di pena da infliggere per la continuazione, compiere una nuova valutazione circa l’applicabilità o meno di una pena accessoria in relazione alla misura della pena base già inflitta con la precedente decisione» (Sez. 6, n. 1190 del 18/10/2021, 2022, Kulaj, Rv. 282996 – 01, conf. Sez.1, n.3744 del 30/1/1992, COGNOME, Rv.189711).
Il dissenso di questo Collegio rispetto alle conclusioni del Sostituto Procuratore generale si spiega, peraltro, alla luce del fatto che le sanzioni accessorie confermate con l’impugnato provvedimento sono relative non già ai reati fallimentari oggetto della sentenza di patteggiamento impugnata in questa sede, bensì ai reati tributari giudicati con la sentenza, passata in giudicato, n. 589 del 13 luglio 2022. Non si discute, pertanto delle pene accessorie di cui all’ad. 216, u.c., I. fall. (non rientranti nell’accordo ex art. 444 cod. proc. pen. e disposte dal giudice dell’impugnata sentenza con corretta e adeguata motivazione, ispirata ai principi dettati da Sez. U, n. 28910 del 28/02/2019, COGNOME, Rv. 276286 – 01), bensì delle pene accessorie di cui all’ad. 12 del d. Igs. 10 marzo 2000, n. 74.
Rispetto a tali pene accessorie inflitte per i reati tributari giudicati con sentenza passata in giudicato, il giudice dell’impugnata sentenza, alla luce del principio sopra esposto (Kulaj, 282996 – 01, cit.), non era tenuto a compiere «una nuova valutazione in relazione alla misura della pena base già inflitta con la precedente decisione».
Il secondo motivo è, del pari, manifestamente infondato, atteso che la confisca -disposta con la ricordata sentenza del 13 luglio 2022- non può, in tale sede, essere contestata in quanto oggetto di una sentenza passata in giudicato (“irrevocabile il 19 maggio 2023”, come ricordato nell’impugnata sentenza), rispetto alla quale il giudice non era tenuto a motivare. Nel caso di specie, il ricorrente intende infatti contestare un vizio motivazionale relativo a una confisca disposta in un distinto processo, ormai definito con sentenza irrevocabile; ma detta confisca, nel processo al quale si riferisce l’impugnazione, rileva solo nella misura in cui concerne reati satellite per i quali individuare gli aumenti in continuazione rispetto alla pena per il reato più grave. L’applicazione della continuazione non consente di rimettere in discussione i presupposti motivazionali della misura di sicurezza disposta nella sentenza concernente i reati satellite, quando questa sia ormai irrevocabile. Inoltre, il motivo è manifestamente infondato, anche perché il dovere di motivazione del giudice investito della richiesta di patteggiamento rispetto ai temi estranei all’accordo riguarda le questioni sollevate dal processo pendente dinanzi a lui per effetto dell’esercizio dell’azione penale.
Per le ragioni illustrate, il Collegio dichiara inammissibile il ricorso. Al pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 22/11/2024
Il consigliere estensore
pFesidente