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Pene accessorie bancarotta: la discrezionalità del Giudice

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite interviene su un caso di bancarotta fraudolenta per risolvere un contrasto giurisprudenziale sulla durata delle pene accessorie. A seguito di una pronuncia della Corte Costituzionale, che ha dichiarato illegittima la durata fissa di 10 anni, le Sezioni Unite stabiliscono che la durata di tali pene non deve essere automaticamente legata a quella della pena principale. Spetta invece al giudice di merito determinarla in concreto, con un potere discrezionale basato sui criteri dell’art. 133 c.p., entro il limite massimo previsto dalla legge. Di conseguenza, la sentenza viene annullata con rinvio limitatamente alla determinazione delle pene accessorie bancarotta.

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Pubblicato il 14 agosto 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Accessorie Bancarotta: la Svolta delle Sezioni Unite sulla Discrezionalità del Giudice

Con la sentenza n. 28910 del 2019, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno segnato un punto di svolta fondamentale in materia di reati fallimentari, in particolare per quanto riguarda il calcolo delle pene accessorie per bancarotta. La pronuncia stabilisce un principio di diritto innovativo: la durata di queste sanzioni non è più automatica, ma deve essere determinata dal giudice caso per caso, con ampia discrezionalità. Analizziamo insieme i fatti, il percorso logico-giuridico e le importanti conclusioni di questa decisione.

I Fatti all’Origine della Controversia

Il caso trae origine da una condanna per bancarotta fraudolenta patrimoniale, documentale e preferenziale a carico di tre soggetti, considerati amministratori di fatto di una società dichiarata fallita. In primo e secondo grado, ai tre imputati era stata inflitta una pena principale e, in aggiunta, le pene accessorie previste dall’art. 216 della Legge Fallimentare (tra cui l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacità di esercitare uffici direttivi) per la durata fissa di dieci anni, come allora previsto dalla legge.

La questione è giunta dinanzi alla Corte di Cassazione. Nel frattempo, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 222 del 2018, aveva dichiarato l’illegittimità di tale automatismo, giudicandolo sproporzionato. Si è quindi creato un contrasto giurisprudenziale: la durata delle pene accessorie doveva essere equiparata a quella della pena principale (secondo la regola generale dell’art. 37 del codice penale) o doveva essere stabilita liberamente dal giudice? Per dirimere questo dubbio, la questione è stata rimessa alle Sezioni Unite.

La Questione Giuridica sulle Pene Accessorie per Bancarotta

Il cuore della sentenza è la risoluzione del quesito sulla modalità di determinazione delle pene accessorie per bancarotta. Dopo la pronuncia della Consulta, la norma non prevedeva più una durata fissa di 10 anni, ma una forbice “fino a dieci anni”.

Le Sezioni Unite erano chiamate a decidere tra due orientamenti:

1. Orientamento tradizionale: Applicare l’art. 37 del codice penale, secondo cui, quando la legge non determina espressamente la durata di una pena accessoria, questa ha una durata uguale a quella della pena principale inflitta.
2. Orientamento innovativo: Riconoscere al giudice del merito un potere autonomo e discrezionale di determinare la durata della pena accessoria, svincolandola da quella principale e basandosi sulla gravità del fatto e la personalità del reo.

Le Motivazioni della Decisione

Le Sezioni Unite, superando un proprio precedente orientamento, hanno sposato la tesi innovativa. La Corte ha affermato che le pene accessorie, pur essendo legate alla condanna, svolgono una funzione preventiva e rieducativa distinta da quella della pena principale. L’automatismo che lega la loro durata a quella della reclusione non consentirebbe di calibrare la sanzione in modo proporzionato e individualizzato, come richiesto dai principi costituzionali di uguaglianza e finalità rieducativa della pena.

Il Collegio ha sottolineato che un sistema rigido, che applica la stessa durata della pena accessoria a fatti di bancarotta di gravità molto diversa, risulta irragionevole. La rigidità dell’automatismo finirebbe per estendere i “sospetti di incostituzionalità” a un meccanismo che non permette al giudice di valutare le specificità del caso concreto.

Pertanto, la Corte ha stabilito che la dicitura “fino a dieci anni”, introdotta dalla Corte Costituzionale, configura una pena con durata “non predeterminata” ma da stabilirsi discrezionalmente dal giudice. Questo potere non è arbitrario, ma deve essere esercitato seguendo i parametri indicati dall’articolo 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del colpevole, etc.), con l’obbligo di fornire una motivazione congrua.

Le Conclusioni

In conclusione, le Sezioni Unite hanno formulato il seguente principio di diritto: “Le pene accessorie per le quali la legge indica un termine di durata non fissa, devono essere determinate in concreto dal giudice in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen.”.

Questa decisione rappresenta una pietra miliare, poiché rafforza la centralità del giudice nella personalizzazione della sanzione penale. Per il reato di bancarotta, ciò significa che la durata dell’inabilitazione all’esercizio d’impresa o di altre sanzioni simili non sarà più una conseguenza meccanica della pena detentiva, ma il frutto di una valutazione ponderata e motivata sulla specifica vicenda criminale.

Per effetto di questo principio, la sentenza impugnata è stata annullata limitatamente a questo punto, con rinvio ad un’altra sezione della Corte di appello. Quest’ultima avrà il compito di rideterminare la durata delle pene accessorie applicate agli imputati, esercitando quella libertà cognitiva e valutativa ora pienamente riconosciutale.

Come si determina la durata delle pene accessorie per il reato di bancarotta fraudolenta?
La durata delle pene accessorie, come l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa, non è più fissa né automaticamente uguale alla pena principale. Deve essere determinata in concreto dal giudice, che esercita un potere discrezionale entro il limite massimo stabilito dalla legge (ad esempio, fino a 10 anni per la bancarotta fraudolenta).

La durata della pena accessoria deve essere uguale a quella della pena principale?
No. Le Sezioni Unite hanno superato l’orientamento che applicava la regola generale dell’art. 37 c.p. (uguaglianza tra durata della pena principale e accessoria). La durata della pena accessoria è autonoma e può essere diversa da quella della pena detentiva.

Quali criteri deve usare il giudice per decidere la durata della pena accessoria?
Il giudice deve basare la sua decisione sui criteri generali di commisurazione della pena indicati dall’art. 133 del codice penale. Questi includono la gravità del reato (valutata attraverso la natura, i mezzi, l’oggetto, il tempo, il luogo dell’azione, la gravità del danno) e la capacità a delinquere del colpevole (valutata attraverso i motivi a delinquere, il carattere del reo, i precedenti, la condotta).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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