Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 3725 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1   Num. 3725  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BRINDISI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 09/12/2022 della CORTE APPELLO di LECCE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. La Corte di appello di Lecce, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha dichiarato inammissibile la richiesta di rideterminazione della pena irrogata a NOME COGNOME dalla sentenza emessa dall’Autorità giudiziaria greca, già oggetto di riconoscimento, per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina pluriaggravato.
La sentenza di condanna ha inflitto la pena di anni trentuno di reclusione ed euro 155.000,00 di pena pecuniaria, così determinata: anni sei di reclusione ed euro 30.000,00 di pena pecuniaria per il trasporto di un cittadino straniero, aumentata di un anno ed euro 5.000,00 di pena pecuniaria per ciascuna delle altre venticinque persone trasportate, poi rideterminata – quella effettiva da scontare – in anni venticinque.
Detta pena è inferiore a quella massima di anni trenta prevista in Italia per il delitto così come circostanziato, sicché non è stato ritenuto necessario alcun adattamento conformativo del trattamento sanzionatorio riservato dallo Stato emittente all’ordinamento nazionale. Su tale punto s’è formato il giudicato, non essendo stata la sentenza di riconoscimento impugnata con ricorso per cassazione.
Né si è in presenza di una pena abnorme che non trova fondamento in una norma di legge in quanto, come detto, la sanzione massima irrogabile in Italia, per quel reato, è pari ad anni trenta di reclusione e, quindi, la minore pena di anni venticinque inflitta a COGNOME non può qualificarsi illegale.
Il richiamo difensivo alla violazione dell’art. 81 cod. pen. sotto il profilo dell’aumento della pena base (di anni sei di reclusione per un immigrato, aumentata di un anno per ciascuno degli altri venticinque trasportati) in misura eccedente il triplo è suggestivo, ma inconferente. Quel che interessa è il quantum e la species non il quomodo della pena inflitta all’estero. Si è già detto che quella di venticinque anni di reclusione rientra nella cornice edittale prevista per il medesimo reato dalla legge italiana.
Del resto, non si è in presenza di una pluralità di reati autonomi avvinti da continuazione, ma di un unico reato pluriaggravato la cui disciplina comporta una deroga al principio di cui all’art. 63, comma quarto, cod. pen.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore di NOME COGNOME, che ha dedotto vizio di violazione di legge. La pena irrogata dall’Autorità giudiziaria greca con la sentenza che è stata oggetto di riconoscimento è illegale, atteso che è stata determinata in violazione della regola, vigente nel nostro ordinamento, per la quale l’aumento di continuazione non può in ogni caso essere superiore al triplo della pena base.
Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Considerato in diritto
 Il ricorso non merita accoglimento, per le ragioni di seguito esposte.
È principio di diritto non controverso che “in tema di riconoscimento di sentenza penale straniera, sono deducibili con incidente di esecuzione solo le nullità attinenti al titolo esecutivo, non essendo riproponibili le eccezioni relative al giudizio, salvo che si tratti di inesistenza del titolo esecutivo, perché sentenza emessa a non iudice, o di illegittimità intrinseca della pena” – Sez. 1, n. 46923 del 21/10/2022, Rv. 283783 -.
Per quanto attiene alle doglianze sulla pena sono dunque proponibili in sede esecutiva soltanto quelle inscrivibili nella categoria della pena illegale.
Di pena illegale, nel caso in esame, non può certo dirsi. Il ricorrente ha dedotto l’illegalità quale risultato della asserita violazione della disposizione sui limiti all’aumento per continuazione della pena base, ma il richiamo a tali limiti è errato perché il reato oggetto di condanna non si prospetta in termini di continuazione quanto di reato unico aggravato dal numero di cittadini di Paesi terzi rispetto all’Unione europea illegalmente trasportati.
Va poi rammentato che, ai sensi dell’art. 3 I. n. 257 del 1989, la Corte di appello, con la sentenza di riconoscimento della sentenza straniera di condanna, determina la pena sulla base di quella contenuta nella sentenza straniera, e ciò in applicazione dei criteri dettati dall’art. 10 della Convenzione sul trasferimento delle persone condannate, resa in Strasburgo nel 1983. Il menzionato art. 10 stabilisce che lo Stato di esecuzione è vincolata alla durata della sanzione come determinata dalla sentenza emessa dall’Autorità giudiziaria dello Stato della condanna e,solo quando essa è incompatibile con la propria leggq può adattare quella sanzione alla pena prevista nell’ordinamento interno per quello stesso tipo di reato. In ogni caso, la misura di detta pena deve corrispondere, per quanto possibile, a quella inflitta con la condanna da eseguirsi, ma non può eccedere il massimo previsto dalla legge dello Stato di esecuzione.
È appena il caso di osservare, allora, che la pena di venticinque anni di reclusione, come determinata in sede di riconoscimento della sentenza di condanna straniera, è del tutto compatibile con i limiti legali posti dall’ordinamento italiano, non superando la soglia degli anni trenta di reclusione e restando estranea ai meccanismi legali di quantificazione della pena per il reato continuato.
Per le ragioni esposte, il ricorso deve essere rigettato, con conseguen condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 5 dicembre 2023.