Pena Sostitutiva: Quando il Ricorso Generico Porta all’Inammissibilità
La recente ordinanza della Corte di Cassazione Penale offre un importante chiarimento sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi e sui limiti del sindacato di legittimità riguardo la concessione della pena sostitutiva. Con questa pronuncia, la Suprema Corte ha delineato con fermezza il principio secondo cui un ricorso, per essere esaminato nel merito, deve confrontarsi specificamente con le motivazioni della sentenza impugnata, specialmente quando queste riguardano valutazioni discrezionali del giudice.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Ancona. La difesa lamentava, come unico motivo, il mancato accoglimento della richiesta di applicazione di una pena pecuniaria sostitutiva alla detenzione, ai sensi dell’art. 20-bis del codice penale. Secondo il ricorrente, la Corte territoriale non aveva adeguatamente motivato il proprio diniego, limitandosi a una valutazione negativa generica.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione di tale drastica decisione risiede nella “genericità assoluta” del motivo di impugnazione. I giudici di legittimità hanno osservato che il ricorso non si era affatto confrontato con le argomentazioni specifiche addotte dalla Corte d’Appello per giustificare il diniego della pena sostitutiva.
Le Motivazioni sul Diniego della Pena Sostitutiva
La Corte ha evidenziato come i giudici d’appello avessero, in realtà, fornito una motivazione congrua e logica. La decisione di non applicare la sanzione sostitutiva era fondata su un giudizio prognostico negativo riguardo alle “prospettive di emendabilità del condannato”. Tale giudizio non era astratto, ma basato su elementi concreti: i numerosi precedenti penali dell’imputato, che facevano desumere un concreto pericolo di recidiva.
La Cassazione ha quindi ribadito un principio cardine del proprio ruolo: le valutazioni di merito, come quella sulla personalità dell’imputato e sul rischio che commetta nuovi reati, non sono sindacabili in sede di legittimità, a meno che non presentino vizi logici evidenti. In questo caso, la motivazione della Corte d’Appello era stata ritenuta coerente e immune da censure. Di conseguenza, il tentativo del ricorrente di ottenere una nuova e diversa valutazione dei medesimi fatti è stato giudicato inammissibile.
Le Conclusioni
La pronuncia consolida l’orientamento secondo cui non è sufficiente lamentare un presunto errore del giudice di merito, ma è necessario che il ricorso per cassazione demolisca, punto per punto, le argomentazioni della sentenza impugnata. In materia di pena sostitutiva, la cui concessione implica una valutazione discrezionale del giudice sulla idoneità della misura a prevenire la recidiva, l’onere della difesa di articolare una critica specifica e pertinente è ancora più stringente. La conseguenza dell’inammissibilità, come previsto dall’art. 616 c.p.p., è stata la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, a sanzione della temerarietà dell’impugnazione.
Quando un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile per genericità?
Un ricorso è dichiarato inammissibile per genericità quando non si confronta specificamente con le motivazioni della sentenza impugnata, ma si limita a riproporre le stesse doglianze o a chiedere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa alla Corte di Cassazione.
Per quali motivi un giudice può negare l’applicazione di una pena sostitutiva?
Un giudice può negare l’applicazione di una pena sostitutiva esprimendo un giudizio negativo sulle prospettive di emendabilità del condannato. Tale giudizio, come nel caso di specie, può essere basato su elementi concreti come i precedenti penali, che indicano un elevato pericolo di recidiva.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, il cui importo è determinato equitativamente dalla Corte.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5118 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5118 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 10/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SANT’ELPIDIO A MARE il 23/11/1993
avverso la sentenza del 05/04/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che i! motivo unico dedotto dal ricorrente è affetto da genericità assoluta rispetto alla motivazione della Corte di appello di Ancona che, contrariamente a quanto dedotto nel ricorso, ha congruamente motivato in merito al trattamento sanzionatorio ed alle ragioni della mancata applicazione della pena pecuniaria sostitutiva richiesta ex art. 20-bis c.p., esprimendo un giudizio negativo sulle prospettive di ennendabilità del condannato attraverso detta pena sostitutiva per il ravvisato pericolo di recidiva desunto dai plurimi precedenti, di conseguenza si tratta di valutazioni che non possono dirsi affette da evidenti vizi logici e quindi non sono suscettibili di una diversa ed autonoma rivalutazione in sede di legittimità;
rilevato che dalla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 10 gennaio 2025