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Pena sostitutiva: ricorso generico è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro la mancata concessione di una pena sostitutiva. Il motivo è stato giudicato troppo generico, poiché non contestava specificamente le ragioni della Corte d’Appello, la quale aveva negato il beneficio basandosi su un concreto pericolo di recidiva. La decisione sottolinea che le valutazioni di merito, se logicamente motivate, non sono sindacabili in sede di legittimità.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena Sostitutiva: Quando un Ricorso Generico Diventa Inammissibile

L’applicazione della pena sostitutiva rappresenta un importante strumento del nostro ordinamento per favorire il reinserimento sociale del condannato, evitando il carcere per reati di minore gravità. Tuttavia, la sua concessione non è automatica e dipende da una valutazione discrezionale del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 6151/2024) offre un chiaro esempio di come un ricorso mal formulato possa precludere ogni possibilità di discussione, portando a una declaratoria di inammissibilità.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Roma. La difesa contestava la decisione dei giudici di secondo grado di non applicare una pena sostitutiva, come il lavoro di pubblica utilità o la detenzione domiciliare, richiesta ai sensi dell’art. 20-bis del codice penale. Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello non aveva motivato adeguatamente il suo diniego.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla Pena Sostitutiva

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Il fulcro della decisione non risiede tanto nel merito della concessione o meno della sanzione alternativa, quanto in un vizio procedurale fondamentale: la genericità assoluta del motivo di ricorso. I giudici di legittimità hanno osservato che l’atto di impugnazione non si confrontava in modo critico e specifico con le argomentazioni esposte nella sentenza impugnata.

Le Motivazioni: la Genericità del Ricorso e l’Insindacabilità del Merito

La Corte di Cassazione ha evidenziato come la Corte d’Appello avesse, in realtà, fornito una motivazione congrua e logicamente coerente. I giudici di merito avevano espresso un giudizio negativo sulla possibilità di rieducazione del condannato, basando la loro valutazione su due elementi chiave:

1. Un precedente penale specifico: L’esistenza di una precedente condanna per un reato della stessa natura indicava una tendenza a delinquere.
2. Le modalità dei fatti: Le circostanze concrete del reato commesso rafforzavano la percezione di un elevato pericolo di recidiva.

Di fronte a questa motivazione, il ricorso si era limitato a una contestazione generica, senza individuare vizi logici evidenti nel ragionamento del giudice d’appello. La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: le valutazioni di merito, come quella sul pericolo di recidiva e sull’adeguatezza di una pena sostitutiva, sono di competenza esclusiva dei giudici dei primi due gradi di giudizio. La Corte di legittimità non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, a meno che quest’ultima non sia palesemente illogica o contraddittoria, cosa che non è stata riscontrata nel caso di specie.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni pratiche. La prima è che un ricorso per cassazione deve essere redatto con estrema precisione, attaccando punto per punto le argomentazioni della sentenza impugnata e dimostrando l’esistenza di specifici vizi di legittimità. Una critica vaga e generica è destinata all’insuccesso. La seconda è che la valutazione sulla personalità dell’imputato e sul rischio di recidiva, ai fini della concessione di benefici come le pene sostitutive, gode di un’ampia discrezionalità da parte del giudice di merito. Se tale valutazione è supportata da una motivazione logica e basata su elementi concreti, è molto difficile scalfirla in sede di legittimità. A seguito dell’inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il suo unico motivo è stato ritenuto affetto da “genericità assoluta”, in quanto non contestava in modo specifico la motivazione congrua e logica fornita dalla Corte d’Appello.

Quali erano le ragioni della Corte d’Appello per non applicare la pena sostitutiva?
La Corte d’Appello ha negato la pena sostitutiva esprimendo un giudizio negativo sulle prospettive di rieducazione del condannato, a causa del ravvisato pericolo di recidiva desunto da un precedente specifico e dalle modalità dei fatti.

Quali sono le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della decisione?
In conseguenza della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3000 euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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