Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3992 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 3992 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 21/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Z.N.
, nato a om issis
avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna del 19 aprile 2024 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la reiezione del ricorso
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME è stato condannato in primo grado, in esito a giudizio abbreviato, alla pena di anni due e mesi due di reclusione perché ritenuto colpevole dei reati allo stesso ascritti – i maltrattamenti di cui al capo a), la violenza priva di cui al capo b) e i danneggiamenti di cui al capo c) della rubrica-, fatti uniti da vincolo della ritenuta continuazione.
Interposto appello, con la sentenza descritta in epigrafe la Corte di appello di Bologna ha parzialmente riformato quella appellata resa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Ravenna; ha dichiarato non doversi procedere per i reati di cui ai capi b), c), per intervenuta remissione di querela; ha riconosciuto la
continuazione esterna con altra condanna resa ai danni dell’imputato, relativa ad un fatto di reato (ex art 73, comma 1 , d.P.R. n. 309 del 1990) ritenuto più grave rispetto a quello di cui al capo a); ha rideterminato in complessivi anni tre e mesi otto di reclusione la pena irrogata, di cui 8 mesi per i maltrattamenti, già ridotti per il rito.
Propone ricorso la difesa dell’imputato ed evidenzia che in sede di conclusioni era stata chiesta l’applicazione di una eventuale pena sostitutiva ai sensi degli artt. 20 bis cod. pen. e 58 legge n. 689 del 1981, aspetto integralmente pretermesso dalla Corte del merito, che non ha preso in considerazione la richiesta, né ha precisato le ragioni ritenute ostative all’accoglimento della stessa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni precisate di seguito.
Giova premettere che l’art. 95 del d.lgs. n. 150 del 2022 ha disposto che il novum introdotto dalla “riforma Cartabia” in materia di pene sostitutive sia applicabile anche ai processi in corso alla data di entrata in vigore della relativa disciplina normativa innovativa – intervenuta il 30 dicembre 2022-, che si trovino in primo grado e in appello.
A tali processi, in coerenza, risulta applicabile il percorso processuale ora tracciato dall’art. 545-bis cod. proc. pen. il cui primo comma stabilisce che «uando è stata applicata una pena detentiva non superiore a quattro anni e non è stata ordinata la sospensione condizionale, subito dopo la lettura del dispositivo, il giudice, se ricorrono le condizioni per sostituire la pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui all’articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ne dà avviso alle parti».
A sua volta, l’art. 58 della legge n. 689 del 1981, come modificato dal dig. n. 150 cit., stabilisce al primo comma che «MI giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri indicati nell’articolo 133 del Codice penale, se non ordina la sospensione condizionale della pena, può applicare le pene sostitutive della pena detentiva quando risultano più idonee alla rieducazione del condannato e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati. La pena detentiva non può essere sostituita quando sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato».
Ciò premesso va evidenziato che nel caso il giudizio di appello è stato definito con sentenza del 19 aprile 2023; la sentenza appellata risale al 14 luglio
2022 e risulta depositata il 3 ottobre dello stesso anno; l’appello è stato interposto il 25 novembre 2022.
Ne consegue che la sentenza di primo grado e l’appello sono anteriori alla entrata in vigore della novella citata mentre la decisione di appello è stata resa quando la riforma in questione era già vigente, con conseguente applicabilità della disciplina transitoria sopra delineata quanto al tema delle pene sostitutive.
Emerge, anche, che la preclusione, per l’imputato, della possibilità di instare per l’applicazione di una pena sostituiva avvalendosi della novità introdotte dalla novella formulando apposito motivo di appello (impedito dalla circostanza in forza della quale, alla data di deposito del gravame, la riforma non era ancora vigente), poteva essere ovviata, nel caso, depositando appositi motivi aggiunti ex art 585 comma 4 cod. proc. pen.
Di contro, in linea con quanto evidenziato dal ricorso, è incontroverso che solo in sede di conclusioni la difesa ebbe a sollecitare l’applicazione eventuale di una pena sostitutiva; e che, altrettanto pacificamente, la Corte territoriale non ha avviato il percorso processuale previsto dall’art. 545-bis cod. proc. pen. né ha affrontato in modo esplicito il tema sollecitato dalla detta conclusione, indicando in modo espresso le ragioni ritenute ostative alla applicazione di una pena sostitutiva pur in presenza di una condanna compatibile con una siffatta valutazione discrezionale.
4.Ciò posto, va ulteriormente ribadito che – in linea con quanto si è pacificamente ritenuto in riferimento alle “sanzioni sostitutive” disciplinate dall’originario art. 53 legge n. 689 del 1981-, la sostituzione delle pene detentive brevi è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice, che deve essere condotta con l’osservanza dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., prendendo in esame, tra l’altro, le modalità del fatto per il quale è intervenuta condanna e la personalità del condannato» (ex multis, Sez. 3, n. 19326 del 27/01/2015, Rv. 263558); principio, questo, trasponibile anche alle nuove “pene sostitutive”, atteso che la disciplina normativa introdotta continua a subordinare la sostituzione a una valutazione giudiziale ancorata ai parametri di cui al citato art. 133, puntualmente richiamato anche dall’attuale tenore dell’ad 58 della legge n. 689 del 1981 (Sez. 6, n. 33027 del 10/05/2023, Rv. 285090).
Ne consegue che la sostituzione della reclusione con una pena sostitutiva, non costituisce diritto dell’imputato; e che dunque, in assenza di una richiesta formulata in tal senso dall’appellante, non vi è obbligo per il giudice di secondo grado di motivare in ordine alla insussistenza dei presupposti per la sostituzione della reclusione con una delle pene sostitutive, ora elencate nell’art. 20-bis cod. pen.
5.Tali premesse pongono, nel caso, il tema, pregiudiziale, della ritualità del devoluto inerente alla rivendicata pena sc:istitutiva, atteso che la relativa sollecitazione non è stata formulata con l’appello, né risulta articolata con i motivi aggiunti (che, per quanto detto, alla luce della data di trattazione del gravame, potevano recepire una siffatta richiesta in ragione di quanto consentito dalla disciplina transitoria); di contro, risulta veicolata solo in sede di conclusioni.
5.1. Secondo un orientamento più restrittivo (Sez. 6, n. 41313 del 27/9/23, n.m.), anche nel vigore della descritta fase transitoria, tale possibilità sarebbe preclusa, dovendosi fare applicazione delle indicazioni di principio offerte dalle sezioni unite di questa Corte (n. 12872 del 19/01/2017, Punzo, Rv. 269125) con le quali si è rimarcato che al giudice di appello deve ritenersi preclusa la possibilità di applicare d’ufficio le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi se nell’atto di appello o al più tardi con i motivi aggiunti, non risulta formulata alcuna specifica e motivata richiesta in merito; e ciò perchè le eccezioni alla regola generale del principio devolutivo dell’appello, tassativamente indicate dall’art. 597, comma 5, cod. proc. pen., non autorizzano alcuna generalizzata estensione della detta previsione alla possibilità di sostituire la pena detentiva prevista dall’art. 58 dell legge n. 689 del 1981.
5.2. In senso diverso e meno rigoroso, questa stessa sezione della Corte ( con la già citata sentenza n. 33027 del 10/05/2023) ha invece ritenuto prospettabile il tema anche nel corso dell’udienza di trattazione del gravame, occorrendo coordinare i principi esposti dalla sentenza “Punzo” delle sezioni unite con il dettato della suindicata disciplina transitoria, che ha espressamente stabilito l’applicabilità delle nuove pene sostitutive – in quanto più favorevoli – ai giudizi d appello in corso all’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, senza introdurre limitazioni attinenti alla fase – introduttiva o decisoria – del giudizio medesimo e, quindi, senza imporre che la richiesta sia contenuta nei motivi – originari o aggiunti – del gravame.
6. Nel caso, anche a voler aderire a siffatta ultima interpretazione ( che oltre a risultare conforme al contenuto letterale della disposizione, si pone nella linea di favorire, in conformità con l’intenti° legislatods, la più ampia applicazione delle nuove pene sostitutive anche nel periodo di tempo coperto dalla disciplina transitoria, sempre che il giudice di appello ritenga ne ricorrano i presupposti suindicati), resta da dire che il ricorso che occupa, anche a considerare siccome ritualmente introdotto il tema in questione, non supera comunque la soglia pregiudiziale di ammissibilità, perché irrimediabilmente affetto da genericità nel relativo assunto.
È, infatti, inammissibile il ricorso per cassazione i cui motivi siano generici perché privi della puntuale prospettazione delle ragioni in fatto o in diritto da
sottoporre alla verifica della Corte.
E
nel caso, poiché, per quarto già rimarcato, i presupposti per l’adozione di una pena sostitutiva restano comunque legati ad un
giudizio prognostico positivo da rendere facendo leva sugli indici individuati dall’art. 133 cod. pen., gravava sul ricorrente l’onere di precisare quali fossero gli
elementi, pretermessi nel caso dai giudici del merito, utili ad una positiva delibazione della sollecitazione in tal senso veicolata con le conclusioni rese in sede
di appello.
Sul punto il ricorso è gravemente deficitario, perchè contiene un laconico e non altrimenti argomentato riferimento alla “personalità del giovanissimo
imputato, attualmente sottoposto a un percorso di recupero comunitario dalla tossicodipendenza”. Accenno, questo, di per sé inadeguato sul piano della
necessaria determinatezza della censura;
e
ciò ancor più considerando le argomentazioni spese dalla Corte del merito nel ritenere non concedibili le
attenuanti generiche (paragrafo 3.2. della sentenza gravata), per l’appunto, in ragione di una valutazione negativa della personalità dell’imputato. Argomentazioni che – oltre a poter essere implicitamente valorizzate a sostegno della assunta decisione di non attivare il modulo processuale bifasico di cui all’art. 545 bis in ragione di una prognosi non positiva riferita alla personalità del ricorrente – andavano, in ogni caso, espressamente affrontate e superate dall’impugnazione, proprio perchè dirette a smentire l’unica indicazione difensiva diretta a sostenere il devoluto.
Alla inammissibilità del ricorso seguono le pronunce di cui all’ad 616 cod. proc. pen. definite nei termini di cui al dispositivo.
P.Q.M.,
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 21/11/2023.