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Pena sostitutiva: richiesta generica inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che lamentava la mancata applicazione di una pena sostitutiva, introdotta dalla Riforma Cartabia. Nonostante la richiesta fosse stata avanzata in appello dopo l’entrata in vigore della nuova legge, la Corte ha ritenuto il ricorso troppo generico, poiché non argomentava in modo specifico i presupposti per la concessione del beneficio né contestava la valutazione implicita sulla personalità dell’imputato fatta dal giudice di merito.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena Sostitutiva: Quando la Richiesta in Appello è Troppo Generica?

La recente Riforma Cartabia ha ampliato notevolmente l’ambito di applicazione della pena sostitutiva, offrendo nuove opportunità per evitare il carcere in caso di condanne a pene detentive brevi. Tuttavia, una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 3992/2024) chiarisce un aspetto procedurale cruciale: la richiesta di applicazione di tale beneficio deve essere specifica e ben argomentata, altrimenti rischia di essere dichiarata inammissibile per genericità. Analizziamo insieme il caso per comprendere le implicazioni pratiche di questa decisione.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine dalla condanna in primo grado di un imputato per i reati di maltrattamenti, violenza privata e danneggiamento. In seguito all’appello, la Corte territoriale di Bologna riformava parzialmente la sentenza. Dichiarava il non doversi procedere per la violenza privata e il danneggiamento a causa della remissione della querela da parte della persona offesa. Tuttavia, confermava la responsabilità per i maltrattamenti e, tenendo conto di un’altra condanna per un reato più grave, rideterminava la pena complessiva in tre anni e otto mesi di reclusione.

La Richiesta di Pena Sostitutiva e la Riforma Cartabia

Il punto centrale del ricorso in Cassazione riguarda la richiesta, avanzata dalla difesa solo in sede di conclusioni nel giudizio d’appello, di applicare una pena sostitutiva ai sensi della nuova normativa introdotta dalla Riforma Cartabia (D.Lgs. n. 150/2022). La difesa lamentava che la Corte d’Appello avesse completamente ignorato tale richiesta, senza motivare il diniego.

L’impatto della Riforma sui processi in corso

La questione era complessa perché l’appello era stato presentato prima dell’entrata in vigore della Riforma Cartabia, ma la discussione si era tenuta dopo. La disciplina transitoria prevede l’applicabilità delle nuove, più favorevoli, norme sulle pene sostitutive anche ai processi in corso. La Cassazione ha evidenziato l’esistenza di due orientamenti interpretativi sulla modalità di presentazione di tale richiesta in appello in fase transitoria:
1. Un orientamento più rigoroso: richiede che la domanda sia formalizzata nell’atto di appello o tramite motivi aggiunti, non essendo sufficiente una mera richiesta in sede di conclusioni.
2. Un orientamento più flessibile: ritiene che, data la natura della norma transitoria, la richiesta possa essere validamente presentata anche nel corso dell’udienza di trattazione.

La Decisione della Cassazione: Inammissibilità per Genericità

Pur mostrando una preferenza per l’interpretazione più flessibile, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per un motivo dirimente: la genericità. La difesa si era limitata a segnalare la mancata considerazione della sua richiesta, senza però articolarla adeguatamente.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha spiegato che la concessione di una pena sostitutiva non è un diritto automatico dell’imputato, ma una valutazione discrezionale del giudice. Tale valutazione si basa sui criteri dell’art. 133 del codice penale, che includono la gravità del reato, la capacità a delinquere del colpevole e la sua personalità. La Corte d’Appello, decidendo di non attivare la procedura per la valutazione della pena sostitutiva (art. 545-bis c.p.p.), ha implicitamente espresso una prognosi negativa sulla personalità dell’imputato e sulla sua idoneità a beneficiare di misure alternative al carcere. Il ricorso della difesa era generico perché non ha affrontato questo punto cruciale. Non ha fornito argomenti per contrastare questa valutazione negativa implicita né ha illustrato perché, nel caso specifico, l’imputato avrebbe meritato la concessione del beneficio. In sostanza, un’istanza di questo tipo non può essere una semplice formula, ma deve essere supportata da elementi concreti volti a convincere il giudice della meritevolezza del condannato.

Le conclusioni

La sentenza in esame offre un’importante lezione pratica: chi intende richiedere l’applicazione di una pena sostitutiva in appello, specialmente nel quadro della Riforma Cartabia, deve formulare una richiesta specifica e motivata. Non è sufficiente invocare la norma, ma è necessario argomentare in modo convincente, anticipando e contrastando le possibili obiezioni del giudice riguardo ai criteri di cui all’art. 133 c.p., in particolare sulla personalità del condannato e sul pericolo di recidiva. Un ricorso generico, che non si confronta con il merito della valutazione discrezionale del giudice, è destinato a essere dichiarato inammissibile.

È possibile chiedere una pena sostitutiva per la prima volta durante le conclusioni in appello dopo l’entrata in vigore della Riforma Cartabia?
La sentenza, pur riconoscendo l’esistenza di orientamenti giurisprudenziali diversi sul punto, non risolve definitivamente la questione procedurale. Sottolinea, però, che anche qualora si ammettesse tale possibilità, la richiesta non deve essere generica.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile se la Corte d’Appello non si era pronunciata sulla richiesta di pena sostitutiva?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile per genericità. La difesa si è limitata a lamentare la mancata applicazione della pena sostitutiva senza argomentare i motivi per cui l’imputato ne avrebbe avuto diritto e senza contestare la valutazione negativa sulla sua personalità, che può essere implicitamente alla base della decisione del giudice di non concederla.

La concessione di una pena sostitutiva è un diritto dell’imputato?
No. La sentenza ribadisce che la sostituzione della pena detentiva non è un diritto, ma l’esito di una valutazione discrezionale del giudice. Questa decisione deve essere basata sui criteri stabiliti dall’art. 133 del codice penale, che comprendono le modalità del fatto e la personalità del condannato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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