Pena Sostitutiva in Appello: Un Potere Vincolato alla Richiesta di Parte
L’applicazione di una pena sostitutiva rappresenta un’importante alternativa alla detenzione, ma il suo accesso è regolato da precise norme procedurali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio cruciale: il giudice d’appello non può concedere d’ufficio le sanzioni sostitutive se non vi è stata una richiesta specifica e motivata nell’atto di impugnazione. Questa decisione offre spunti fondamentali per comprendere i limiti del potere del giudice e l’importanza di una difesa tecnica e precisa.
Il Caso in Esame: Dalla Ricettazione al Ricorso in Cassazione
Il caso trae origine da una condanna per il reato di ricettazione (art. 648 c.p.) emessa dalla Corte d’Appello di Lecce. L’imputato, trovato in possesso di un bene di provenienza illecita senza essere in grado di fornire una valida giustificazione sulla sua legittima provenienza, ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi a tre distinti motivi.
I Motivi del Ricorso e la Questione della Pena Sostitutiva
La difesa dell’imputato ha articolato il ricorso su tre fronti principali:
1. Correttezza della Motivazione: Si contestava la fondatezza della motivazione che aveva portato alla dichiarazione di responsabilità.
2. Mancato Riconoscimento di un’Attenuante: Si lamentava la mancata concessione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, prevista sia dall’art. 62 c.p. che dallo stesso art. 648 c.p.
3. Mancata Applicazione di una Pena Sostitutiva: Si contestava la decisione della Corte d’Appello di non applicare, neanche d’ufficio, una sanzione sostitutiva alla pena detentiva breve inflitta.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, smontando punto per punto le argomentazioni difensive.
Sul primo motivo, i giudici hanno rilevato che le censure erano una mera e pedissequa reiterazione di argomenti già esaminati e respinti dalla Corte d’Appello. Un motivo di ricorso per Cassazione, per essere ammissibile, deve contenere una critica argomentata e specifica contro la sentenza impugnata, non limitarsi a riproporre le stesse questioni.
Sul secondo motivo, relativo all’attenuante, la Corte ha ribadito che la graduazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. In questo caso, la Corte d’Appello aveva adeguatamente motivato il diniego dell’attenuante basandosi sul “valore non irrisorio” del bene oggetto di ricettazione.
Il punto cruciale della decisione, tuttavia, riguarda il terzo motivo. La Cassazione ha affermato che la richiesta di applicazione di una pena sostitutiva deve essere esplicitamente formulata nell’atto di appello. Il giudice di secondo grado non ha il potere di applicare d’ufficio tali sanzioni. Questo potere è infatti un’eccezione alla regola generale dell’effetto devolutivo dell’appello, secondo cui il giudice può pronunciarsi solo sui punti della sentenza specificamente contestati. La Corte ha richiamato un importante precedente delle Sezioni Unite (n. 12872/2017), che ha cristallizzato questo principio, segnando un limite invalicabile al potere discrezionale del giudice di sostituire la pena detentiva.
Le Conclusioni
Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza pratica. Sottolinea come, nel processo d’appello, la richiesta di benefici come la pena sostitutiva non possa essere data per scontata o lasciata alla valutazione d’ufficio del giudice. È onere della difesa formulare una richiesta specifica, chiara e motivata all’interno dell’atto di impugnazione. In assenza di tale richiesta, il giudice d’appello non ha il potere di intervenire, anche qualora ne sussistessero i presupposti sostanziali. La decisione, pertanto, funge da monito sull’importanza della precisione e della completezza degli atti difensivi nel processo penale.
Perché il motivo di ricorso sulla responsabilità penale è stato respinto?
È stato ritenuto inammissibile perché si limitava a ripetere le stesse argomentazioni già presentate e respinte nel giudizio d’appello, senza formulare una critica specifica e nuova contro la motivazione della sentenza impugnata.
Un giudice d’appello può applicare una pena sostitutiva anche se non richiesta?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il giudice d’appello non ha il potere di applicare d’ufficio le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi se nell’atto di appello non è stata formulata una specifica e motivata richiesta in tal senso.
Per quale ragione non è stata concessa l’attenuante del danno di particolare tenuità?
La Corte ha ritenuto la decisione del giudice di merito correttamente motivata, poiché il valore del bene oggetto di ricettazione è stato considerato “non irrisorio”, giustificando così il mancato riconoscimento della circostanza attenuante.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 17767 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 17767 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MESAGNE il 03/09/1996
avverso la sentenza del 29/05/2024 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME NOMECOGNOME ritenuto che il primo motivo di ricorso che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità, in relazione al reato previsto dall’a 648 cod. pen, è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merit dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di 5P4 ricorso (cfr. pag 2 della sentenza impugnata cui la Corte d’appello ha ritenuto i ricorrente responsabile del reato contestato iin assenza di una valida giustificazione circa la legittima provenienza del bene rinvenuto in suo possesso applicando l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità : Sez. 2, n.53017de1 22/11/2016, Rv. 268713);
rielevato che il secondo motivo di ricorso che contesta il mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui agli art. 62 comma 1 num. 4 cod. pen.e 648 comma 2 cod. pen. è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai prin enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.;
che nella specie l’onere argonnentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti,quale nel ca di specie il valore non irrisorio del bensioggetto di ricettazione (si veda, in partic pag.3 della sentenza impugnata);
ritenuto che il terzo motivo di ricorso con cui si contesta la mancata applicazione anche d’ufficio di una pena sostitutiva, prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità per l qualeil giudice di appello non ha il potere di applicare d’ufficio le sanzioni sostitutive pene detentive brevi se nell’atto di appello non risulta formulata alcuna specifica motivata richiesta con riguardo a tale punto della decisione, dal momento che l’ambito di tale potere è circoscritto alle ipotesi tassativamente indicate dall’art. 597, comma quint cod. proc. pen., che costituisce una eccezione alla regola generale del principio devolutivo dell’appello e che segna anche il limite del potere discrezionale del giudice d sostituire la pena detentiva previsto dall’art. 58 della legge n. 689 del 1981 (Sez. n.12872del 19/01/2017, Rv. 269125);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, c
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle processuali e al
patiaffrentb della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Così deciso in Roma, il 18 marzo 2025
Il Consigliere COGNOME
Il Presidente