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Pena sostitutiva: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per truffa. I motivi del ricorso, riguardanti la qualificazione del reato come tentato e la mancata concessione della pena sostitutiva, sono stati respinti. La Corte ha stabilito che il primo motivo era una mera ripetizione di argomenti già disattesi, mentre la decisione di negare la pena sostitutiva era correttamente motivata dal giudice di merito sulla base dei precedenti penali e delle condizioni economiche disagiate dell’imputato, elementi che delineavano un giudizio prognostico negativo.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena sostitutiva e Inammissibilità: la Cassazione chiarisce i limiti del ricorso

L’ordinanza in esame offre importanti spunti sulla valutazione dei requisiti di ammissibilità di un ricorso in Cassazione e sui criteri che guidano il giudice nella concessione o meno di una pena sostitutiva. La Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso di un imputato per truffa, ribadisce principi fondamentali del processo penale, sottolineando come la specificità dei motivi di impugnazione sia un requisito imprescindibile e come la valutazione sulla personalità dell’imputato rientri nel potere discrezionale, seppur motivato, del giudice di merito.

I Fatti del Caso

Un soggetto, condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello per il reato di truffa ai sensi dell’art. 640 del codice penale, proponeva ricorso per Cassazione. La difesa lamentava essenzialmente due vizi della sentenza impugnata: in primo luogo, l’errata qualificazione giuridica del fatto, che a suo dire doveva essere inquadrato nella fattispecie di truffa tentata (art. 56 c.p.) e non consumata; in secondo luogo, la mancata applicazione di una pena sostitutiva pecuniaria, come previsto dalla L. 689/1981.

I Motivi del Ricorso: Tentata Truffa e Pena Sostitutiva

L’analisi del ricorso si è concentrata su due distinti profili di censura avanzati dalla difesa.

La Qualificazione del Reato

Il primo motivo di ricorso contestava la decisione della Corte d’Appello di considerare il reato di truffa come consumato. La difesa sosteneva che gli elementi raccolti avrebbero dovuto condurre a una qualificazione del fatto come mero tentativo. Tuttavia, la Cassazione ha ritenuto questo motivo manifestamente infondato, in quanto si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte nel giudizio d’appello, senza muovere una critica specifica e argomentata alla motivazione della sentenza impugnata. Il ricorso, in questa parte, è stato giudicato come meramente apparente e non idoneo a innescare un reale vaglio di legittimità.

La Richiesta di Applicazione della Pena Sostitutiva

Il secondo motivo, anch’esso giudicato infondato, criticava il diniego della pena sostitutiva. La difesa lamentava una violazione di legge e un vizio di motivazione. La Corte di merito aveva negato il beneficio sulla base di un giudizio prognostico sfavorevole circa la futura condotta dell’imputato, evidenziando i suoi precedenti penali e le sue disagiate condizioni economiche come fattori ostativi all’applicazione di una sanzione puramente pecuniaria.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha confermato in toto la decisione dei giudici d’appello, fornendo chiarimenti cruciali.
Il primo motivo è stato dichiarato inammissibile perché non specifico. La Corte ha ricordato che il ricorso per Cassazione non può essere una semplice riproposizione dei motivi d’appello, ma deve contenere una critica puntuale e argomentata delle ragioni esposte nella sentenza impugnata. Un ricorso che si risolve in una reiterazione pedissequa di doglianze già esaminate è, per sua natura, generico e quindi inammissibile.
Per quanto riguarda il secondo motivo, la Corte ha stabilito che la valutazione sulla concessione della pena sostitutiva è un giudizio di merito, insindacabile in sede di legittimità se, come nel caso di specie, è sorretto da una motivazione logica e non manifestamente illogica. La Corte d’Appello aveva correttamente fondato il suo diniego non sulla sola gravità astratta del reato, ma su un’analisi concreta della personalità dell’imputato, desunta dai suoi precedenti penali e dalla sua situazione economica, elementi che rendevano la prognosi di non reiterazione del reato sfavorevole.

Le Conclusioni

L’ordinanza rafforza due principi cardine del nostro ordinamento processuale. In primo luogo, l’importanza della specificità dei motivi di ricorso per Cassazione: non è sufficiente dissentire dalla decisione, ma è necessario spiegare perché essa sia giuridicamente errata. In secondo luogo, viene confermata l’ampia discrezionalità del giudice di merito nel valutare la personalità dell’imputato ai fini della concessione di benefici come la pena sostitutiva. Tale valutazione, se basata su elementi concreti (precedenti, condizioni di vita, etc.) e sorretta da una motivazione coerente, non può essere messa in discussione davanti alla Suprema Corte.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano una semplice e pedissequa reiterazione di argomentazioni già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla corte di merito, risultando quindi non specifici ma solo apparenti.

Per quale ragione non è stata concessa la pena sostitutiva?
La pena sostitutiva non è stata concessa perché il giudice di merito ha espresso un giudizio di prognosi sfavorevole sulla futura non reiterazione di reati da parte dell’imputato, basando tale valutazione sui suoi precedenti penali e sulle sue disagiate condizioni economiche, ritenute ostative all’applicazione di una sanzione pecuniaria.

Cosa significa che la valutazione del giudice di merito sulla pena sostitutiva non è illogica?
Significa che il giudice ha basato la sua decisione non solo sulla gravità del reato, ma ha esaminato concretamente aspetti soggettivi della personalità dell’imputato (come i precedenti penali) che hanno orientato la sua scelta, rendendo la motivazione coerente e non censurabile in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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