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Pena sostitutiva: quando il giudice può negarla?

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di negare la pena sostitutiva pecuniaria a un’imputata condannata per tentate lesioni. La richiesta è stata respinta a causa dei precedenti penali, considerati indicativi di una personalità incline a delinquere. La Suprema Corte ha chiarito che il giudice ha un potere discrezionale nel valutare l’idoneità della pena sostitutiva, basandosi sui criteri dell’art. 133 del codice penale, e non è obbligato a seguire la procedura bifasica (sentencing) se ha già elementi sufficienti per decidere.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena sostitutiva: Non un diritto automatico, decide il giudice

La recente Riforma Cartabia ha ampliato l’applicazione della pena sostitutiva, uno strumento volto a evitare il carcere per reati minori. Tuttavia, una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce che la sua concessione non è un automatismo. Il giudice mantiene un’ampia discrezionalità nel valutarne l’opportunità, basandosi sulla personalità e sui precedenti penali dell’imputato. Analizziamo questo caso per capire i limiti di questo istituto.

I Fatti del Caso

Una donna veniva condannata in primo e secondo grado per concorso nel reato di tentate lesioni personali. La Corte d’Appello, pur riducendo la pena a quattro mesi di reclusione con sospensione condizionale, respingeva la sua richiesta di applicazione della pena sostitutiva pecuniaria, come previsto dall’art. 56-quater della L. n. 689/1981.

L’imputata decideva quindi di presentare ricorso in Cassazione, sollevando due questioni principali:

1. Violazione di legge processuale: Sosteneva che la Corte d’Appello avesse erroneamente omesso di attivare la procedura “bifasica” (cd. sentencing) prevista dall’art. 545-bis c.p.p. per decidere sulla pena sostitutiva.
2. Vizio di motivazione: Contestava le ragioni del diniego, fondate su due precedenti penali, uno dei quali era stato dichiarato estinto. A suo avviso, la decisione era contraddittoria, dato che per un reato successivo le era stata concessa proprio una pena sostitutiva.

La Decisione della Corte sulla pena sostitutiva

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello. La sentenza offre importanti chiarimenti sia sulla procedura da seguire sia sui criteri di valutazione per la concessione delle pene sostitutive.

La Procedura per la Pena Sostitutiva (Art. 545-bis c.p.p.)

Il primo motivo di ricorso è stato ritenuto infondato. La Suprema Corte ha spiegato che, a seguito delle modifiche introdotte dal “Correttivo Cartabia” (d.lgs. n. 31/2024), il giudice non è sempre obbligato a fissare un’udienza apposita per decidere sulla pena sostitutiva.

Se il giudice dispone già di tutti gli elementi per decidere, incluso il consenso dell’imputato, e ritiene che non sussistano i presupposti per la sostituzione, può pronunciarsi direttamente nel dispositivo della sentenza. L’udienza di sentencing è necessaria solo quando il giudice, pur ritenendo applicabile la misura, ha bisogno di acquisire ulteriori elementi o il consenso dell’imputato. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva già valutato negativamente i presupposti, rendendo superflua un’udienza dedicata.

La valutazione della personalità e il diniego della pena sostitutiva

Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato. La Cassazione ha ribadito che la decisione sulla concessione della pena sostitutiva rientra nel potere discrezionale del giudice, il quale deve basarsi sui criteri dell’art. 133 del codice penale e su un giudizio prognostico circa l’idoneità della misura a rieducare il condannato e prevenire la recidiva.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte sono state chiare e lineari. Il diniego della pena sostitutiva si fondava sulla valutazione complessiva della personalità dell’imputata, desunta dai suoi due precedenti penali. La Corte ha sottolineato che la reiterazione di un reato analogo a quello per cui si procedeva, commesso successivamente, era un forte indicatore della sua capacità a delinquere.

Inoltre, è stato chiarito un punto fondamentale: la circostanza che uno dei precedenti reati (in materia di stupefacenti) fosse stato dichiarato estinto ai sensi dell’art. 445 c.p.p. non impedisce al giudice di tenerne conto. Tale pronuncia, infatti, non cancella il fatto storico e può comunque fornire elementi rilevanti per formulare un giudizio prognostico negativo sul rischio di future commissioni di reati. La Corte d’Appello ha quindi legittimamente valorizzato la commissione di tali reati come indicativa di una tendenza a delinquere, rendendo la pena sostitutiva inadeguata.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio cruciale: la pena sostitutiva non è un diritto dell’imputato, ma una possibilità subordinata a una valutazione discrezionale del giudice. I precedenti penali, anche se estinti, costituiscono un elemento fondamentale per delineare la personalità del reo e formulare un giudizio sulla sua pericolosità sociale. Il giudice può negare la sostituzione se ritiene, sulla base di una valutazione complessiva, che essa non sia sufficiente a prevenire la commissione di nuovi reati e a promuovere la rieducazione del condannato. La decisione rafforza l’importanza del giudizio prognostico come pilastro del sistema sanzionatorio, garantendo che le pene siano sempre individualizzate e adeguate al singolo caso.

Il giudice è sempre obbligato a fissare un’udienza specifica (cd. sentencing) per decidere sulla pena sostitutiva?
No. Secondo le modifiche del Correttivo Cartabia, se il giudice ha già tutti gli elementi per decidere e ritiene che non sussistano i presupposti per la sostituzione, può negarla direttamente nel dispositivo della sentenza, senza fissare un’udienza apposita.

Un precedente penale dichiarato estinto può essere usato per negare la concessione di una pena sostitutiva?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’estinzione del reato non cancella il fatto storico. Il giudice può legittimamente considerare tale precedente come un elemento rilevante per formulare un giudizio prognostico negativo sulla personalità dell’imputato e sulla sua capacità a delinquere.

Quali sono i criteri principali per cui un giudice può rifiutare la richiesta di una pena sostitutiva?
Il giudice basa la sua decisione su un potere discrezionale guidato dai criteri dell’art. 133 del codice penale. Effettua un giudizio prognostico per valutare se la pena sostitutiva sia idonea alla rieducazione, alla prevenzione del pericolo di recidiva e al rispetto delle prescrizioni. Elementi come la personalità dell’imputato e i suoi precedenti penali sono determinanti in questa valutazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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