Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 17544 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 5 Num. 17544 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/02/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 232/2025
NOME COGNOME
UP – 20/02/2025
NOME COGNOME
R.G.N. 41124/2024
NOME COGNOME
Relatore –
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nata in BULGARIA il 17/09/1992
avverso la sentenza del 17/05/2024 della CORTE D’APPELLO DI BRESCIA Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con sentenza in data 17 maggio 2024, la Corte d’appello di Brescia, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Cremona, ha ritenuto NOME responsabile di concorso nel reato di tentate lesioni personali ai danni di NOME condannandola alla pena di quattro mesi di reclusione, condizionalmente sospesa, e rigettando l’istanza di applicazione della pena sostitutiva pecuniaria di cui all’art. 56 -quater, l. n. 689 del 1981.
Avverso tale sentenza NOME ha proposto ricorso per cassazione, articolando due motivi di censura.
2.1. Con il primo motivo deduce il vizio di violazione di legge per erronea applicazione dell’art. 545 -bis cod. proc. pen. Pur a fronte della richiesta di applicazione della pena sostitutiva formulata nel giudizio di appello con le conclusioni scritte, e della ricorrenza dei limiti di pena previsti dalla legge, la Corte territoriale avrebbe omesso di instaurare il procedimento ‘bifasico’ previsto dalla richiamata disposizione, po nendosi in tal modo in contrasto con l’intenzione del legislatore di favorire l’individuazione di un trattamento sanzionatorio individualizzato.
2.2. Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione in ordine alla omessa applicazione della pena sostitu tiva richiesta dalla ricorrente. La Corte d’appello aveva motivato il rigetto dell’istanza in ragione dei due precedenti penali sulla stessa gravanti, senza tener conto della circostanza -di cui ben avrebbe potuto avere conoscenza ove avesse rispettato le cadenze procedurali dell’art. 545 -bis cod. proc. pen. -che uno dei due reati per i quali aveva riportato condanna era stato dichiarato estinto ex art. 445 cod. proc. pen. Inoltre, le ragioni del rigetto dell’istanza e cioè la sua inadeguatezza sanzionatoria alla luce della personalità dell’imputata si porrebbero in contrasto con la circostanza che in relazione al secondo dei precedenti penali, concernente una condanna per fatti successivi a quelli oggetto del presente procedimento, era stata applicata la pena sostitutiva pecuniaria.
Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato e deve pertanto essere rigettato.
Il primo motivo è infondato.
2.1. L’art. 545 -bis cod. proc. pen., introdotto dal d.lgs. n. 150 del 2022 disciplina il procedimento per l’irrogazione delle pene sostitutive. Al momento del giudizio di appello, svoltosi il 17 maggio 2024, tale disposizione era stata modificata dal d.lgs. 19 marzo 2024, n. 31 (cd. Correttivo Cartabia), entrato in vigore il 4 aprile 2024, stabilendosi che quando non è possibile decidere immediatamente in ordine all’applicazione della pena sostitutiva, «il giudice, subito dopo la lettura del dispositivo, sentite le parti, acquisito, ove necessario, il consenso dell’imputato, integra il dispositivo indicando la pena sostitutiva con gli obblighi e le prescrizioni corrispondenti e provvede ai sensi del comma 3, ultimo periodo».
Per effetto di tale modifica normativa, la fissazione di apposita udienza successiva alla pronuncia del dispositivo (cd. sentencing ), avviene soltanto quando
il giudice ritenga che non sia possibile decidere immediatamente in ordine all’applicazione della pena sostitutiva. A tale riguardo, la Relazione illustrativa al decreto cor rettivo ha chiarito le finalità dell’intervento, il quale « mira, in primo luogo, a chiarire nel codice di rito che il giudice quando, nell’esercizio del potere discrezionale previsto dall’articolo 58 della legge 24 novembre 1981, n. 689, valuta che, in concreto, non sussistono i presupposti per la sostituzione della pena detentiva, non debba attivare il c.d. meccanismo di sentencing (…), ma possa pronunciare direttamente il dispositivo di condanna a pena detentiva non sostituita. Si opera, inoltre, una complessiva semplificazione prevedendo che, se il giudice già dispone degli elementi necessari per la sostituzione, ivi compreso il consenso dell’imputato che in ipotesi lo abbia espresso in una fase antecedente o nel corso dell’udienza di discussione, possa direttamente sostituire la pena detentiva, senza necessariamente attivare il meccanismo di sentencing . Il meccanismo verrà invece attivato solo quando il giudice, pur ritenendo sussistenti i presupposti per la sostituzione, non abbia elementi sufficienti per procedervi, o perché debba acquisire il consenso dell’imputato o ritenga il consenso espresso non attuale (per esempio, in considerazione del tempo trascorso dalla manifestazione del consenso stesso) ovvero perché ritenga necessario effettuare gli ulteriori accertamenti e approfondimenti di cui al comma 2 della norma » .
2.2. Nella specie, non vi è stata alcuna violazione dell’art. 545 -bis cod. proc. pen., atteso che non era in alcun modo necessario che la Corte d’appello fissasse l’udienza di cui alla citata disposizione, dal momento che, da un lato l’imputata aveva già prestato il proprio consenso alla eventuale sostituzione della pena, avendo essa formulato specifica richiesta con le conclusioni scritte, e dall’altro la Corte territoriale, sulla base degli elementi già acquisiti, aveva valutato che non ne ricorrevano i presupposti.
Il secondo motivo, concernente il diniego della concessione della pena sostitutiva pecuniaria richiesta, è infondato.
I criteri di valutazione ai fini dell’applicazione delle pene sostitutive sono dettati dall’art. 58, l. n. 689 del 1981, il quale rimette al potere discrezionale del giudice la decisione, da effettuare comunque in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., e secondo un giudizio prognostico in ordine alla idoneità delle pene sostitutive alla rieducazione e alla prevenzione del pericolo di recidiva, nonché al rispetto delle prescrizioni da parte del condannato.
Nella specie, la Corte d’appello ha fondato il diniego della pena sostitutiva sulla valutazione della personalità dell’imputata, quale emergente dai due precedenti penali di cui la stessa era gravata, nonché specificamente dalla reiterazione di un reato analogo a quello per cui si procede commesso successivamente.
La circostanza che il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, commesso in precedenza, sia stato dichiarato estinto ex art. 445 cod. proc. pen., non esclude che il giudice possa comunque tenerne conto perché, in concreto, tale pronuncia offre elementi rilevanti ai fini di un negativo giudizio prognostico. La sentenza impugnata ha legittimamente valorizzato la commissione di tale reato, nonché di quello di lesioni personali successivo a quello oggetto del giudizio, valutand oli, nel rispetto dell’art. 133 cod. pen, come indicativi della capacità a delinquere dell’imputata e ritenendoli, in concreto, rilevanti ai fini di una prognosi negativa in ordine al pericolo di futura commissione di altri reati.
All’infondatezza dell e censure segue il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 20/02/2025.
Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME