Pena sostitutiva: Non basta la sola gravità del reato per negarla
La concessione di una pena sostitutiva rappresenta un momento cruciale nel processo penale, in cui il giudice valuta la possibilità di evitare il carcere per l’imputato in favore di misure alternative. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i principi fondamentali che guidano questa delicata decisione, sottolineando come la valutazione non possa limitarsi alla gravità del reato, ma debba estendersi a un’analisi completa della personalità del condannato. Vediamo nel dettaglio il caso e le conclusioni degli Ermellini.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato contro la sentenza della Corte d’Appello che gli aveva negato l’applicazione di una pena sostitutiva, come previsto dall’art. 20-bis del codice penale. La difesa sosteneva che la decisione dei giudici di secondo grado fosse viziata da errori di legge e da una motivazione carente. In sostanza, l’imputato chiedeva alla Suprema Corte di annullare la decisione e di poter accedere al beneficio.
L’Analisi della Corte di Cassazione sulla pena sostitutiva
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le argomentazioni della difesa manifestamente infondate. Gli Ermellini hanno chiarito che la decisione della Corte d’Appello di negare la pena sostitutiva non era affatto illogica o illegittima, ma poggiava su solide basi argomentative.
Il punto centrale della pronuncia risiede nel perimetro del giudizio di merito, che spetta ai giudici delle prime istanze e non alla Corte di Cassazione, se non per vizi di logica manifesta. La Suprema Corte ha infatti specificato che la valutazione sulla concessione di un beneficio come la pena sostitutiva è un giudizio ‘tipicamente di merito’.
Le motivazioni della Decisione
La Corte d’Appello aveva negato il beneficio basandosi su elementi concreti e ineccepibili. Le motivazioni del rigetto includevano:
* Mancanza di segnali di resipiscenza: L’imputato non aveva mostrato alcun segno concreto di pentimento o di revisione critica del proprio operato criminale.
* Impossibilità di una prognosi favorevole: Di conseguenza, era impossibile per i giudici formulare una previsione positiva sulla sua condotta futura, ritenendo probabile il rischio di recidiva.
* Vicinanza ad ambienti criminali: Era emersa la contiguità dell’imputato a contesti e persone legate alla criminalità, un fattore che aggrava la valutazione sulla sua pericolosità sociale.
La Cassazione ha evidenziato come questa analisi non si sia fermata alla semplice ‘astratta gravità del reato’, ma abbia approfondito ‘l’incidenza dell’illecito sulla capacità a delinquere dell’imputato’ e gli ‘aspetti soggettivi della personalità’. In altre parole, il giudice ha compiuto una valutazione a tutto tondo, come richiesto dalla legge, che giustifica pienamente il giudizio negativo sulla concessione della pena sostitutiva.
Conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio cardine del diritto penale: la concessione di benefici non è un automatismo, ma il risultato di una valutazione discrezionale e approfondita del giudice. Per ottenere una pena sostitutiva, non è sufficiente che la pena rientri nei limiti di legge, ma è necessario che l’imputato dimostri un percorso di cambiamento e che il giudice possa ragionevolmente prevedere un suo futuro reinserimento sociale lontano dal crimine. La decisione evidenzia che aspetti come la personalità, il contesto sociale e i segnali di pentimento sono elementi determinanti che possono legittimamente portare a negare il beneficio, senza che tale scelta possa essere censurata in sede di legittimità se adeguatamente motivata.
Quando un giudice può negare la concessione di una pena sostitutiva?
Un giudice può negare una pena sostitutiva quando, sulla base di una valutazione complessiva, esprime un giudizio negativo sulla personalità dell’imputato. Elementi come la mancanza di segnali di pentimento (resipiscenza), l’impossibilità di formulare una prognosi favorevole sulla condotta futura e la vicinanza ad ambienti criminali sono motivazioni valide per il rigetto.
La gravità del reato è l’unico fattore per negare una pena sostitutiva?
No, la decisione non deve basarsi solo sulla gravità astratta del reato. Come chiarito dalla Corte, la valutazione deve esaminare l’incidenza dell’illecito sulla capacità a delinquere dell’imputato e altri aspetti soggettivi della sua personalità che orientano la decisione.
Cosa succede se il ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso viene dichiarato inammissibile, la decisione impugnata diventa definitiva. Inoltre, come in questo caso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8208 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8208 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 04/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SAN SEVERO il 13/03/1993
avverso la sentenza del 24/11/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che con l’unico motivo di ricorso la difesa dell’imputato ha dedotto violazione di legge e vizi di motivazione in punto di mancata concessione della pena sostitutiva ex art. 20-bis cod. pen.
che il motivo di ricorso che denuncia i vizi della sentenza impugnata legati alla mancata applicazione del beneficio di cui sopra è manifestamente infondato;
che la sentenza impugnata (si vedano, in particolare, pagg. 8 e 9 della sentenza impugnata) ha posto a base del rigetto della richiesta di applicazione del beneficio argomentazioni logiche e ineccepibili (la mancanza concreta di segnali di resipiscenza, l’impossibilità di formulare una prognosi favorevole sulla condotta futura, la vicinanza ad ambienti criminali) esprimendo pertanto un giudizio negativo sulla applicazione di detto beneficio tipicamente di merito (quindi non sindacabile in sede di legittimità) che non scade nell’illogicità quando, come nel caso in esame, la valutazione del giudice non si esaurisca nel giudizio di astratta gravità del reato, ma esamini l’incidenza dell’illecito sulla capacità a delinquere dell’imputato e, quindi, evidenzi aspetti soggettivi della personalità dell’imputato che ne hanno orientato la decisione;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 4 febbraio 2025.