Pena Sostitutiva: la Cassazione Fissa i Paletti in Presenza di Precedenti
Quando un condannato può sperare di evitare il carcere attraverso una pena sostitutiva, come il lavoro di pubblica utilità? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti del potere discrezionale del giudice, sottolineando come la personalità e il passato criminale dell’imputato siano elementi decisivi. Il caso in esame offre uno spaccato chiaro su come la reiterazione di reati della stessa indole possa precludere l’accesso a benefici penali, inclusa la non punibilità per particolare tenuità del fatto.
I Fatti del Caso
La vicenda giudiziaria ha origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. Il ricorrente contestava due punti fondamentali della decisione dei giudici di secondo grado:
1. Il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per “particolare tenuità del fatto”.
2. Il diniego della richiesta di sostituire la pena detentiva inflitta con la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità.
L’imputato sosteneva che la sua condotta dovesse essere considerata di lieve entità e che, in ogni caso, meritasse una sanzione alternativa al carcere, più orientata alla rieducazione.
L’Analisi della Corte di Cassazione e il diniego della pena sostitutiva
La Suprema Corte ha esaminato entrambi i motivi di ricorso, ritenendoli manifestamente infondati e, di conseguenza, ha dichiarato il ricorso inammissibile. L’analisi dei giudici si è concentrata sulla coerenza e logicità delle argomentazioni della Corte d’Appello, confermandone la correttezza sia sul piano giuridico che su quello motivazionale.
Il Rifiuto della Particolare Tenuità del Fatto
Il primo motivo di doglianza è stato respinto perché la Corte di merito aveva correttamente escluso la sussistenza di uno dei presupposti fondamentali per l’applicazione di tale beneficio: la non abitualità della condotta. I giudici avevano evidenziato come l’imputato avesse commesso in passato altri reati della stessa indole. Questo comportamento seriale è, per legge, ostativo al riconoscimento della particolare tenuità, in quanto dimostra una tendenza a delinquere e non una devianza occasionale. L’argomentazione del ricorrente, basata su un presunto “tempo silente” tra un reato e l’altro, è stata giudicata irrilevante e non sufficiente a dimostrare l’occasionalità del fatto contestato.
Il Diniego della Pena Sostitutiva
Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato. La Cassazione ha ribadito che la concessione di una pena sostitutiva rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale potere, tuttavia, non è arbitrario, ma deve essere esercitato sulla base di una valutazione complessiva della personalità del reo, ai sensi dell’art. 133 del codice penale.
Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva motivato il diniego evidenziando elementi cruciali: l’imputato era stato condannato per molteplici reati e, soprattutto, aveva già beneficiato in passato di una pena sostitutiva. Nonostante ciò, aveva commesso ulteriori reati della stessa natura. Questo comportamento, secondo i giudici, era sintomo di una “personalità fortemente trasgressiva” e dimostrava che una nuova misura alternativa non sarebbe stata funzionale all’esigenza di rieducazione.
Le motivazioni
La Corte di Cassazione ha ritenuto le motivazioni della Corte territoriale logiche e giuridicamente corrette. La decisione di negare i benefici richiesti non è stata un’arbitraria applicazione della legge, ma il risultato di un’attenta analisi della storia criminale del soggetto. I giudici hanno sottolineato che i benefici penali, come la particolare tenuità e la pena sostitutiva, non sono diritti automatici del condannato. Essi sono strumenti volti a promuovere la risocializzazione e a evitare il carcere per fatti di minima importanza o per soggetti che mostrano una reale possibilità di reinserimento. Quando, al contrario, la biografia criminale di un individuo dimostra una persistente inclinazione a violare la legge, nonostante le opportunità già concesse, il diniego di tali misure è non solo legittimo, ma doveroso per tutelare la collettività e l’effettività della sanzione penale.
Le conclusioni
Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione riafferma un principio fondamentale: la valutazione della personalità del reo è centrale nel processo decisionale relativo alla concessione di benefici penali. I precedenti penali, specialmente se specifici e reiterati, costituiscono un indicatore oggettivo di una tendenza a delinquere che può giustificare il diniego sia della particolare tenuità del fatto sia della pena sostitutiva. La decisione finale è stata quindi la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Quando può essere negata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Può essere negata quando la condotta non è considerata occasionale. Secondo l’ordinanza, la presenza di precedenti condanne per reati della stessa indole dimostra l’abitualità del comportamento, escludendo così l’applicabilità del beneficio.
La concessione di una pena sostitutiva come il lavoro di pubblica utilità è un diritto automatico?
No, non è un diritto. La sua concessione è una decisione discrezionale del giudice, che deve valutare se tale misura sia funzionale alla rieducazione del condannato, tenendo conto di criteri come la sua personalità e i suoi precedenti penali, come specificato nell’art. 133 del codice penale.
Avere già ricevuto una pena sostitutiva in passato influenza una nuova richiesta?
Sì, in senso negativo. L’ordinanza evidenzia che aver commesso nuovi reati dopo aver già beneficiato di una pena sostitutiva è un forte indicatore di una “personalità fortemente trasgressiva”, che rende una nuova misura alternativa inadeguata a raggiungere un fine rieducativo.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4844 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4844 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a FIRENZE il 24/08/1977
avverso la sentenza del 18/03/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME
considerato che il primo motivo di ricorso, con il quale si deducono la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimen della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità, è manifestam infondato, poiché le argomentazioni con cui la Corte di merito ha escluso l sussistenza di uno dei presupposti applicativi della causa di non punibilità s esenti da vizi logici e giuridici (si vedano, in particolare, pagg. 1 e 2 sui rea stessa indole commessi dall’imputato, che escludono la non abitualità del condotta contestata);
che il ricorrente si limita ad invocare il “tempo silente” quale fattore osta al diniego dell’applicazione dell’istituto, omettendo di rappresentare quale posi indicatore, evidenziato in appello e dalla Corte invece ignorato, avrebbe concreto consentito di valutare la mera occasionalità della condotta;
ritenuto che il secondo motivo di ricorso, con cui si contestano la violazione di legge e il difetto di motivazione in relazione al diniego della richie sostituzione della pena detentiva inflitta con quella sostitutiva del lavo pubblica utilità, è altresì manifestamente infondato in quanto la Corte territor nell’esercizio del potere discrezionale che le è proprio, ha motivato il diniego d richiesta di pena sostitutiva con corretti argomenti logici e giuridici, alla lu criteri di cui all’art. 133 cod. pen., espressamente richiamati dall’art. 689/1981 (si vedano, in particolare, pagg. 2 e 3 ove si evidenzia che trattand di soggetto condannato per molteplici reati, già beneficiario della pena sostitut avendo successivamente commesso altri reati della stessa indole, a dimostrazione di una personalità fortemente trasgressiva, la sostituzione della pena non sareb stata funzionale all’esigenza di rieducazione dello stesso);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 17 dicembre 2024
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