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Pena sostitutiva: precedenti non bastano per negarla

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di una Corte d’Appello che negava la concessione di una pena sostitutiva a un condannato per furto, basandosi unicamente sui suoi precedenti penali. Secondo la Suprema Corte, per negare la pena sostitutiva, il giudice deve effettuare una valutazione complessiva che tenga conto non solo dei precedenti, ma anche della gravità del reato e di tutti gli altri parametri indicati dall’art. 133 del codice penale, motivando adeguatamente la decisione.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena sostitutiva: i precedenti non sono un ostacolo assoluto

La concessione di una pena sostitutiva, come il lavoro di pubblica utilità o una sanzione pecuniaria in luogo di una breve detenzione, rappresenta un importante strumento del nostro ordinamento. Ma quali sono i limiti alla discrezionalità del giudice? I precedenti penali del condannato possono da soli giustificare un diniego? Con la sentenza n. 22272/2024, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la valutazione del giudice non può fermarsi alla mera constatazione della ‘recidivanza’, ma deve essere completa e ancorata ai criteri di legge.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Sostituzione della Pena

Il caso riguarda un uomo condannato in via definitiva per furto aggravato a una pena di 3 mesi e 10 giorni di reclusione e 150 euro di multa. Tramite il suo difensore, presentava istanza per ottenere la sostituzione della pena detentiva con una pena pecuniaria o con il lavoro di pubblica utilità, ai sensi dell’art. 20 bis del codice penale.

La Corte di Appello di Roma, tuttavia, rigettava la richiesta. La motivazione era netta: l’istante aveva numerosi precedenti penali, tra cui sei per furto. Secondo i giudici di merito, questo fatto integrava una causa ostativa alla concessione del beneficio, richiamando l’art. 59 della Legge 689/1981, che impedirebbe la sostituzione per chi è stato condannato più di due volte per reati della stessa indole.

La Decisione della Corte d’Appello e il Ricorso in Cassazione

Contro questa decisione, il difensore proponeva ricorso in Cassazione, lamentando la violazione degli articoli 53, 58 e 59 della Legge 689/1981. La difesa sosteneva che i precedenti penali non figurano tra le cause ostative assolute alla sostituzione e che la Corte d’Appello aveva completamente omesso di valutare gli altri parametri, previsti dall’art. 133 del codice penale, necessari per giudicare la meritevolezza del condannato, come la gravità oggettiva e soggettiva del fatto.

Anche il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione si è espresso a favore dell’accoglimento del ricorso, sottolineando che, alla luce delle norme più favorevoli introdotte dalla Riforma Cartabia, le cause ostative valorizzate dai giudici romani non erano più applicabili.

Le Motivazioni della Cassazione: Oltre i Precedenti Penali

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato, annullando con rinvio l’ordinanza impugnata. Il cuore della decisione risiede nella critica alla motivazione dei giudici di merito, giudicata manchevole e in violazione di legge.

La Violazione degli Artt. 58 e 59 della L. 689/1981

La Cassazione chiarisce che la motivazione della Corte territoriale è errata perché si è limitata a considerare i precedenti penali come un ostacolo insormontabile. Le norme in materia, in particolare l’art. 59, non indicano la recidivanza tra le condizioni soggettive che impediscono in assoluto la sostituibilità delle pene detentive brevi. Sebbene i precedenti possano e debbano essere presi in considerazione, il loro peso va inserito in un quadro valutativo più ampio.

L’Imprescindibile Valutazione ex Art. 133 c.p.

Il punto cruciale, evidenziato dalla Corte, è che la decisione sulla pena sostitutiva è rimessa alla discrezionalità del giudice, ma si tratta di una discrezionalità ‘vincolata’. Il giudice ha l’obbligo di effettuare una valutazione completa basata sui criteri dell’art. 133 del codice penale, che impone di considerare:

1. La gravità del reato: analizzando le modalità dell’azione, l’entità del danno o del pericolo.
2. La capacità a delinquere del reo: desunta non solo dai precedenti penali, ma anche dal carattere del reo, dalla sua condotta di vita, dai motivi che lo hanno spinto a delinquere e dalla sua condotta successiva al reato.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello si era fermata al primo punto della capacità a delinquere (i precedenti), tralasciando completamente ogni altra valutazione, inclusa quella sulla gravità del reato specifico per cui era stata inflitta la pena da sostituire.

Le Conclusioni: Un Monito per i Giudici di Merito

La sentenza rappresenta un importante promemoria per i giudici di merito. Negare una pena sostitutiva richiede una motivazione robusta e completa. Non è sufficiente elencare i precedenti penali del condannato. È necessario spiegare perché, alla luce di una valutazione complessiva che include la gravità del fatto e tutti gli indici della personalità dell’imputato, si ritiene che la sostituzione non sia opportuna o che la sanzione non sarebbe efficace. La decisione viene quindi annullata, e la Corte d’Appello dovrà riesaminare il caso, attenendosi ai principi espressi dalla Cassazione.

I precedenti penali impediscono sempre di ottenere una pena sostitutiva?
No. Secondo la Corte di Cassazione, i precedenti penali non costituiscono una causa ostativa automatica. Devono essere considerati all’interno di una valutazione più ampia e completa sulla personalità del condannato e sulla gravità del reato.

Cosa deve valutare il giudice per decidere sulla concessione di una pena sostitutiva?
Il giudice deve esercitare la sua discrezionalità seguendo i criteri legali dell’art. 133 del codice penale. Ciò significa che deve effettuare una valutazione complessiva che tenga conto sia della gravità del reato commesso, sia della capacità a delinquere del condannato, desunta da vari elementi e non solo dai precedenti.

Perché la decisione della Corte d’Appello è stata annullata?
È stata annullata perché la motivazione era insufficiente e illegittima. I giudici si sono limitati a negare il beneficio sulla base dei plurimi precedenti penali del richiedente, senza effettuare la necessaria valutazione complessiva sulla gravità del reato e sugli altri elementi indicativi della capacità a delinquere, come richiesto dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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