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Pena sostitutiva: omessa pronuncia e annullamento

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna per evasione dagli arresti domiciliari. Il motivo non risiede nel merito della colpevolezza, ma in un vizio procedurale: la Corte d’Appello aveva omesso di pronunciarsi sulla richiesta dell’imputato di ottenere una pena sostitutiva. La Suprema Corte ha stabilito che tale omissione costituisce un errore insanabile che impone un nuovo giudizio limitatamente a tale punto, ribadendo l’obbligo del giudice di rispondere a tutte le istanze difensive.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena Sostitutiva: l’Omessa Pronuncia Causa l’Annullamento della Sentenza

La recente sentenza n. 5302/2024 della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale penale: il giudice ha il dovere di pronunciarsi su ogni istanza presentata dalla difesa. In questo caso, la mancata valutazione di una richiesta di applicazione di una pena sostitutiva ha portato all’annullamento parziale della sentenza di condanna, sottolineando l’importanza di questo istituto come alternativa al carcere.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di evasione, previsto dall’art. 385 del codice penale. Nello specifico, l’imputato, sottoposto alla misura della detenzione domiciliare, si era allontanato dalla propria abitazione al di fuori degli orari autorizzati. La condanna, emessa in primo grado dal Tribunale di Pescara, era stata successivamente confermata dalla Corte di Appello di L’Aquila.

Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando non solo vizi procedurali ma anche una grave omissione da parte dei giudici di secondo grado.

I Motivi del Ricorso e la richiesta di pena sostitutiva

Il ricorso si fondava principalmente su due motivi.

La questione procedurale

In primo luogo, il difensore sosteneva la nullità del procedimento d’appello a causa della tardiva comunicazione delle conclusioni del Procuratore Generale. Secondo la difesa, questa tardività avrebbe impedito di conoscere tempestivamente le richieste dell’accusa e, di conseguenza, di valutare l’opportunità di proporre un ‘concordato in appello’ (una sorta di patteggiamento in secondo grado).

L’omessa pronuncia sulla pena sostitutiva

Il secondo e più rilevante motivo riguardava la mancata risposta della Corte d’Appello a una specifica richiesta difensiva. Nell’atto di appello, infatti, era stata chiesta la sostituzione della pena detentiva con una sanzione di specie corrispondente, ai sensi dell’art. 53 della legge n. 689/1981. Nonostante la richiesta fosse stata ritualmente formulata, la Corte d’Appello aveva completamente ignorato il punto nella sua sentenza.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha analizzato distintamente i due motivi di ricorso, giungendo a conclusioni opposte.

Il primo motivo è stato ritenuto infondato. Gli Ermellini hanno osservato che la tardiva conoscenza delle conclusioni del Pubblico Ministero – che si era limitato a chiedere la conferma della condanna – non aveva causato alcun pregiudizio concreto alla difesa. Inoltre, la possibilità di proporre un concordato in appello è soggetta a un termine specifico (15 giorni prima dell’udienza), indipendente dal momento in cui vengono depositate le conclusioni dell’accusa. Non essendoci stato un danno effettivo, la presunta irregolarità procedurale è stata considerata irrilevante.

Al contrario, il secondo motivo è stato accolto. La Suprema Corte ha affermato con chiarezza che l’omessa pronuncia sulla richiesta di applicazione di una pena sostitutiva costituisce un vizio grave della sentenza. Il giudice di merito ha l’obbligo di esaminare e motivare ogni richiesta delle parti. Ignorare un’istanza difensiva equivale a una violazione del diritto di difesa. Dal contenuto della sentenza impugnata, infatti, non era possibile desumere neppure una motivazione implicita di rigetto. Poiché la Corte di Cassazione non ha il potere di entrare nel merito e valutare autonomamente se concedere o meno la sanzione sostitutiva, l’unica soluzione possibile era annullare la sentenza su quel punto.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha quindi annullato la sentenza della Corte d’Appello, ma solo limitatamente al punto dell’omessa pronuncia sulla pena sostitutiva. Il caso è stato rinviato alla Corte di Appello di Perugia per un nuovo giudizio che dovrà, questa volta, esaminare e decidere sulla richiesta della difesa. La condanna per il reato di evasione, nel resto, è stata confermata.

Questa decisione rafforza un principio cardine del giusto processo: il dialogo tra le parti e il giudice deve essere completo e ogni istanza deve ricevere una risposta motivata. Per gli operatori del diritto, è un monito a formulare chiaramente le proprie richieste e, per i giudici, un richiamo al dovere di completezza e rigore nella stesura delle motivazioni.

Cosa succede se un giudice d’appello ignora la richiesta di applicare una pena sostitutiva?
Secondo questa sentenza, l’omessa pronuncia su tale richiesta costituisce un vizio della sentenza che ne comporta l’annullamento con rinvio, limitatamente al punto omesso. Il caso dovrà essere riesaminato da un altro giudice per decidere specificamente su quella richiesta.

La tardiva comunicazione delle richieste del Pubblico Ministero rende sempre nullo il processo?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che, per determinare una nullità, è necessario dimostrare un pregiudizio concreto e reale per la difesa. Se la tardiva conoscenza non ha impedito l’esercizio di alcun diritto, l’irregolarità è considerata irrilevante.

Perché la sentenza è stata annullata solo in parte e non totalmente?
L’annullamento è stato parziale perché il vizio riscontrato riguardava unicamente la mancata decisione sulla sanzione sostitutiva e non l’accertamento della responsabilità penale dell’imputato. Pertanto, solo la parte della decisione viziata è stata annullata e dovrà essere riesaminata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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