Pena sostitutiva: quando i precedenti penali la negano
La concessione di una pena sostitutiva rappresenta un momento cruciale nel percorso giudiziario, poiché consente di evitare il carcere in favore di misure alternative volte al reinserimento. Tuttavia, questa possibilità non è automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito che la valutazione della personalità del condannato, i suoi precedenti e la mancanza di ravvedimento sono elementi decisivi che possono portare al diniego di tale beneficio. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.
I fatti del caso
Un soggetto condannato si è visto negare dalla Corte d’Appello la sostituzione della pena detentiva. Ritenendo la decisione carente di motivazione, ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando la violazione delle norme che regolano l’applicazione delle pene sostitutive. L’imputato sosteneva che i giudici di merito non avessero adeguatamente giustificato il loro diniego, basandosi su una valutazione che egli riteneva superficiale.
La decisione della Cassazione sulla pena sostitutiva
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno stabilito che la valutazione operata dalla Corte d’Appello era incensurabile, in quanto fondata su apprezzamenti di fatto logici e non contraddittori. La Cassazione non può riesaminare il merito delle decisioni dei giudici precedenti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza della motivazione. In questo caso, la motivazione è stata ritenuta solida e ben argomentata, precludendo ogni possibilità di accoglimento del ricorso. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Le motivazioni
La Corte ha evidenziato come i giudici d’appello avessero correttamente ritenuto insussistenti le condizioni per la concessione della pena sostitutiva. La decisione si basava su un’analisi approfondita della personalità criminale del ricorrente. Questa analisi teneva conto di tre fattori determinanti:
1. Le modalità del reato: il modo in cui il crimine è stato commesso può rivelare molto sulla pericolosità sociale del soggetto.
2. I precedenti penali: la presenza di numerosi e allarmanti precedenti penali è stata interpretata come un indicatore di una tendenza a delinquere persistente.
3. L’assenza di resipiscenza: la mancanza di qualsiasi segno di pentimento o di volontà di cambiare vita ha convinto i giudici che il condannato non offrisse garanzie di affidabilità.
Sulla base di questi elementi, la Corte d’Appello ha concluso che non era possibile formulare una prognosi favorevole circa il rispetto, da parte del condannato, delle prescrizioni che una pena sostitutiva avrebbe comportato. Questo giudizio negativo ha reso impossibile la concessione del beneficio.
Le conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale: la concessione delle pene sostitutive non è un diritto, ma il risultato di una valutazione discrezionale del giudice. Tale valutazione deve essere ancorata a elementi concreti che permettano di formulare una prognosi favorevole sul futuro comportamento del condannato. La personalità dell’imputato, il suo passato criminale e il suo atteggiamento post-reato sono fattori decisivi. Per i condannati, ciò significa che la mera richiesta di un beneficio non è sufficiente; è necessario dimostrare con i fatti un reale percorso di cambiamento e ravvedimento per poter sperare in un’alternativa al carcere.
Per quali motivi la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la motivazione della Corte d’Appello, che negava la pena sostitutiva, era basata su apprezzamenti di fatto non illogici né contraddittori, e quindi non sindacabili in sede di legittimità.
Quali elementi ha considerato la Corte d’Appello per negare la sostituzione della pena?
La Corte d’Appello ha considerato la personalità criminale del ricorrente, desunta dalle modalità del reato, dai numerosi e allarmanti precedenti penali e dalla mancanza di manifestazioni di resipiscenza.
Qual è la conseguenza economica della dichiarazione di inammissibilità per il ricorrente?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38739 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38739 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PIETRASANTA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/03/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto a mezzo del difensore da COGNOME NOME, il quale si duole della carenza di motivazione con riferimento agli artt. 53, 59 I. 689/81, 20 bis cod. pen.
Considerato che i giudici di appello, con motivazione fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità, hanno ritenuto insussistenti le condizioni per la sostituzione della pena detentiva in considerazione del fatto che la personalità criminale del ricorrente – desumibile dalle modalità reato, dai numerosi , allarmanti precedenti penali e dalla mancanza di manifestazioni di resipiscenza – non consente una prognosi favorevole in ordine al rispetto delle prescrizioni della pena sostitutiva proposta.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso i! 3 ottobre 2024
Il Consigliere estensore
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