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Pena sostitutiva: no se la prognosi è negativa

Un uomo condannato per furti plurimi e violazione del foglio di via ha visto respinto il suo ricorso in Cassazione. La Corte ha confermato il diniego della pena sostitutiva, motivando che la valutazione negativa sulla futura condotta dell’imputato, basata sulla sua spregiudicatezza e i precedenti penali, è un motivo legittimo per negare il beneficio. La sentenza chiarisce inoltre la natura discrezionale della procedura di accertamento ex art. 545-bis c.p.p. e la sua inapplicabilità al patteggiamento in appello.

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Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena Sostitutiva: quando la personalità del reo ne impedisce l’applicazione

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 36128 del 2024, offre importanti chiarimenti sui criteri di concessione della pena sostitutiva. Il caso analizzato riguarda il rigetto di un ricorso presentato da un imputato condannato per una serie di furti, al quale era stata negata la possibilità di scontare la pena in una modalità alternativa al carcere. La decisione della Suprema Corte ribadisce un principio fondamentale: la valutazione discrezionale del giudice sulla personalità del condannato e sulla prognosi di un suo futuro rispetto delle regole è centrale e, se ben motivata, insindacabile in sede di legittimità.

I Fatti del Caso

L’imputato era stato condannato in appello, con rito abbreviato e pena concordata, a 3 anni e 10 mesi di reclusione per una serie di furti aggravati commessi in una sola notte ai danni di diverse attività commerciali. A suo carico, anche la violazione della misura di prevenzione del foglio di via obbligatorio. Nonostante la richiesta, la Corte d’Appello aveva negato l’applicazione di una pena sostitutiva, come la detenzione domiciliare o la semilibertà.
Il ricorso per Cassazione si fondava su due motivi principali: una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione nel diniego della pena alternativa, e l’inosservanza della procedura prevista dall’art. 545-bis del codice di procedura penale, che consente al giudice di acquisire informazioni per valutare la concessione del beneficio.

La Decisione e i Principi sulla Pena Sostitutiva

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, confermando integralmente la decisione dei giudici di merito. La sentenza si articola su due assi portanti: il primo riguarda i criteri sostanziali per la concessione della pena sostitutiva, il secondo chiarisce gli aspetti procedurali.
La Corte ha stabilito che la valutazione della Corte d’Appello era stata tutt’altro che illogica. Anzi, era correttamente ancorata agli elementi previsti dall’art. 133 del codice penale, ovvero la gravità del fatto e la capacità a delinquere del reo. Nel caso specifico, i giudici avevano evidenziato la “spregiudicatezza” dell’imputato, che aveva commesso ripetuti furti in un breve lasso di tempo e in orario notturno, incurante sia del foglio di via obbligatorio sia delle precedenti condanne, che non avevano avuto alcun effetto deterrente.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha sottolineato come, anche a seguito delle recenti riforme (d.lgs. 150/2022), il potere del giudice di concedere o negare una pena sostitutiva rimanga discrezionale e strettamente legato a una prognosi sulla futura condotta del condannato. La legge (art. 58, L. 689/1981) esclude esplicitamente la sostituzione della pena detentiva quando ci sono “fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute”.
Nel caso in esame, le modalità dei reati, la loro serialità, la violazione di una misura di prevenzione e i precedenti specifici (inclusa una condanna per evasione) costituivano un quadro indiziario solido per formulare una prognosi negativa. La Corte ha ritenuto che questi elementi fossero più che sufficienti a giustificare il diniego, rendendo secondaria la questione, sollevata dal ricorrente, della mancata presentazione di un programma di trattamento.
Per quanto riguarda l’aspetto procedurale, la Cassazione ha chiarito che l’attivazione della procedura di cui all’art. 545-bis c.p.p. (che prevede un’apposita udienza per raccogliere informazioni utili alla decisione) non è un obbligo, ma un potere discrezionale del giudice. Tale procedura presuppone una valutazione preliminare positiva sulla possibilità di concedere il beneficio. Se il giudice, sulla base degli atti, ritiene già insussistenti i presupposti, non è tenuto ad avviare ulteriori accertamenti. Inoltre, la Corte ha ribadito un orientamento consolidato: tale procedura non si applica al rito del “patteggiamento in appello”, data l’assimilabilità di questo istituto a quello di primo grado.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza n. 36128/2024 rafforza il principio secondo cui la concessione di una pena sostitutiva non è un diritto automatico, ma l’esito di una valutazione complessa e ponderata da parte del giudice. La personalità dell’imputato, desunta dalle modalità del reato e dalla sua storia criminale, gioca un ruolo cruciale. Un giudizio prognostico negativo, se logicamente motivato, è sufficiente a precludere l’accesso a misure alternative alla detenzione in carcere, confermando la centralità della funzione rieducativa della pena, che deve essere calibrata sulla specifica situazione del condannato.

Quando un giudice può negare l’applicazione di una pena sostitutiva?
Un giudice può negare una pena sostitutiva quando, sulla base dei criteri dell’art. 133 del codice penale (come la gravità del reato e la personalità del reo), formula una prognosi negativa sulla futura condotta del condannato. Se vi sono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni della misura alternativa non verranno rispettate, il diniego è legittimo.

È obbligatorio per il giudice attivare la procedura dell’art. 545-bis c.p.p. per raccogliere informazioni prima di decidere sulla pena sostitutiva?
No. La sentenza chiarisce che l’attivazione di questa procedura è un potere discrezionale del giudice. Scatta solo se il giudice ha già compiuto una valutazione preliminare positiva sull’ammissibilità del beneficio. Se i presupposti mancano fin dall’inizio, il giudice non è tenuto ad avviare la procedura.

La procedura per la pena sostitutiva dell’art. 545-bis c.p.p. si applica al “patteggiamento in appello”?
Secondo questa sentenza, che conferma un orientamento consolidato, la procedura prevista dall’art. 545-bis, comma 1, c.p.p. non è applicabile al concordato di pena in appello (comunemente detto patteggiamento in appello), data la sua assimilabilità al patteggiamento di primo grado.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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