Pena sostitutiva: la Cassazione nega l’applicazione in caso di precedenti penali
L’applicazione di una pena sostitutiva rappresenta un’alternativa cruciale alla detenzione, mirando al reinserimento sociale del condannato. Tuttavia, la sua concessione non è automatica e dipende da una valutazione discrezionale del giudice, basata su specifici criteri. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito come la presenza di numerosi precedenti penali e lo stato di detenzione dell’imputato possano costituire un ostacolo insormontabile per ottenere tale beneficio.
I Fatti del Caso: Il Ricorso in Cassazione
Il caso analizzato riguarda un individuo condannato per il reato di oltraggio a un pubblico ufficiale, previsto dall’art. 341-bis del codice penale. A seguito della sentenza di condanna della Corte d’Appello, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando la mancata sostituzione della pena detentiva con una sanzione alternativa.
Il motivo del ricorso si concentrava esclusivamente su questo punto: la difesa sosteneva che il giudice di secondo grado avesse errato nel non concedere una misura diversa dal carcere, senza però confrontarsi adeguatamente con le ragioni che avevano portato a tale diniego.
La Valutazione della Corte sulla Pena Sostitutiva
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. Il punto centrale della pronuncia risiede nella valutazione della personalità e della storia criminale del ricorrente.
Il Ruolo dei Precedenti Penali
I giudici di merito avevano evidenziato due elementi chiave:
1. Lo stato di pluripregiudicato: l’imputato aveva a suo carico numerose condanne precedenti.
2. Lo stato attuale detentivo: al momento della decisione, l’individuo si trovava già in carcere per altre cause.
Questi fattori, considerati congiuntamente, hanno reso oggettivamente difficile, se non impossibile, formulare una prognosi favorevole sull’eseguibilità e sull’efficacia di una pena sostitutiva. La concessione di pene alternative, infatti, presuppone che il condannato offra garanzie di affidabilità e che la misura possa sortire un effetto rieducativo, prospettiva compromessa da un profilo criminale consolidato.
Le Motivazioni
La Cassazione ha ritenuto il motivo di ricorso manifestamente infondato e generico. Il ricorrente, infatti, non aveva contestato nel merito la valutazione operata dalla Corte d’Appello, ma si era limitato a dolersi della mancata concessione del beneficio. Secondo gli Ermellini, il ricorso è inammissibile quando non si confronta specificamente con le argomentazioni della sentenza impugnata. In questo caso, la Corte territoriale aveva chiaramente motivato il suo diniego basandosi su elementi concreti e non sindacabili in sede di legittimità, quali i precedenti penali e la condizione detentiva dell’imputato. Di conseguenza, il ricorso non poteva che essere respinto.
Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale in materia di sanzioni penali: la concessione di una pena sostitutiva non è un diritto, ma il risultato di una valutazione prognostica positiva da parte del giudice. La presenza di un passato criminale significativo e di uno stato di detenzione in atto sono elementi che pesano negativamente su tale valutazione, rendendo legittimo il diniego del beneficio. La decisione impone al condannato, oltre al rigetto del ricorso, anche il pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, a conferma della totale infondatezza delle sue pretese.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non contestava specificamente le motivazioni della sentenza d’appello, la quale aveva negato la pena sostitutiva sulla base dello stato di pluripregiudicato e della condizione di detenzione dell’imputato.
Quali fattori ostacolano la concessione di una pena sostitutiva?
Secondo questa ordinanza, lo stato di pluripregiudicato e lo stato attuale di detenzione dell’imputato sono fattori che rendono oggettivamente difficile formulare una prognosi favorevole, elemento necessario per la concessione di una sanzione sostitutiva.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13389 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13389 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 31/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a FOGGIA il 27/04/1978
avverso la sentenza del 17/05/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
R.G. n. 21904/2024
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Visti gli atti e la sentenza impugnata (condanna per il reato di cui all’art. 341-bis cod. Esaminato il motivo di ricorso, relativo alla mancata sostituzione della pena detentiva;
Ritenuto il motivo inammissibile in quanto non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata con cui la Corte ha messo in evidenza, tra l’altro, lo stato di pluripregiudic dell’imputato, unitamente allo stato attale detentivo, e dunque la obiettiva difficoltà di form una prognosi favorevole sulla eseguibilità della pena sostitutiva;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna de ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processual e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 31 ottobre 2024.