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Pena sostitutiva: no se c’è rischio di recidiva

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di negare la conversione della pena detentiva in una pena sostitutiva pecuniaria a una donna condannata per furto aggravato. La scelta si è basata sulla valutazione della sua personalità e sui numerosi precedenti penali, elementi che hanno portato a un giudizio prognostico negativo sulla sua rieducazione e sul rischio di reiterazione del reato, rendendo la sanzione pecuniaria inadeguata.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena sostitutiva: la Cassazione la nega se c’è rischio di recidiva

L’applicazione di una pena sostitutiva al posto del carcere non è un diritto automatico. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la valutazione discrezionale del giudice sulla personalità del condannato e sui suoi precedenti penali è decisiva. Se emerge un concreto pericolo di reiterazione dei reati e la sanzione alternativa non appare idonea alla rieducazione, la detenzione resta la scelta obbligata. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Il Furto al Supermercato

Il caso trae origine da una condanna per furto aggravato a carico di due donne, emessa dal Tribunale e confermata dalla Corte d’appello di Ancona. Le imputate avevano sottratto merce per un valore di circa 250 euro da un supermercato. La condanna finale, tenuto conto delle attenuanti generiche e della riduzione per il rito abbreviato, era stata fissata in sei mesi di reclusione e 300 euro di multa.

Una delle due condannate ha presentato ricorso per Cassazione, contestando il diniego da parte della Corte d’appello di convertire la pena detentiva in una pena sostitutiva pecuniaria. La ricorrente aveva documentato di avere un contratto di lavoro con uno stipendio mensile di circa 1.200 euro, proponendo di pagare una somma calcolata al minimo di legge (900 euro totali) in rate mensili da 100 euro.

La richiesta di pena sostitutiva e le motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendo la decisione dei giudici di merito corretta e adeguatamente motivata. Il punto centrale non era la congruità dell’importo offerto, bensì un giudizio prognostico negativo sulla personalità della ricorrente. I giudici hanno sottolineato come la condannata avesse un casellario giudiziale denso di precedenti specifici, tra cui numerosi furti, truffe e una rapina, commessi in un arco temporale che andava dal 1993 al 2016. Questa lunga storia criminale è stata interpretata come un’inclinazione ‘abituale’ al delitto e una sostanziale ‘inosservanza delle regole’.

Il Ruolo dell’Art. 133 c.p. nella Valutazione

La Suprema Corte ha ribadito che la concessione delle pene sostitutive è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice, che deve tenere conto dei criteri stabiliti dall’articolo 133 del codice penale. Questi criteri includono non solo la gravità del reato, ma anche la ‘capacità a delinquere’ del colpevole, desunta dai suoi precedenti penali e giudiziari, dalla sua condotta e dal suo stile di vita. In questo contesto, la scelta di negare la pena sostitutiva era giustificata dalla necessità di applicare una sanzione che fosse realmente efficace in termini di prevenzione e rieducazione.

L’Impatto della Riforma Cartabia sulla pena sostitutiva

La sentenza chiarisce che neppure la recente Riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022) ha scalfito questo principio. Sebbene la riforma abbia ampliato l’ambito di applicazione delle pene sostitutive, non ha eliminato la necessità per il giudice di compiere una prognosi sull’adempimento delle prescrizioni e sulla finalità rieducativa della pena. Il richiamo ai ‘fondati motivi’ per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute impone al giudice di soppesare tutti gli elementi disponibili, inclusa la personalità dell’imputato.

Le Conclusioni: Quando la Pena Sostitutiva Non è Idonea

In conclusione, la Corte di Cassazione ha stabilito che la valutazione sulla concessione di una pena sostitutiva costituisce un accertamento di fatto che, se logicamente motivato, non è sindacabile in sede di legittimità. Nel caso specifico, la Corte d’appello aveva adeguatamente argomentato le ragioni della sua decisione, evidenziando come i molteplici precedenti penali e il mancato superamento di un precedente periodo di prova indicassero uno stile di vita criminogeno. Di fronte a un quadro simile, una sanzione meramente pecuniaria è stata ritenuta inidonea a prevenire la commissione di nuovi reati e a garantire le finalità rieducative previste dalla Costituzione, giustificando così il mantenimento della pena detentiva.

Un giudice può negare la conversione della pena detentiva in pena sostitutiva pecuniaria anche se l’imputato dimostra di avere un lavoro e di poter pagare?
Sì, il giudice può negarla. La capacità economica di pagare non è l’unico criterio. La decisione si basa su una valutazione discrezionale più ampia che include la personalità del condannato, i suoi precedenti penali e la prognosi sulla sua futura condotta, al fine di stabilire se la pena sostitutiva sia idonea a prevenire nuovi reati e a rieducare il reo.

I precedenti penali di una persona sono sempre rilevanti per la concessione delle pene sostitutive?
Sì, secondo la sentenza, i precedenti penali e giudiziari sono un elemento fondamentale. Essi rientrano tra i criteri dell’art. 133 del codice penale, che il giudice deve considerare per valutare la personalità del condannato e decidere se la pena sostitutiva possa essere efficace ai fini rieducativi e preventivi.

La Riforma Cartabia ha eliminato la discrezionalità del giudice nel valutare la personalità del condannato per le pene sostitutive?
No, la Riforma Cartabia non ha eliminato questa discrezionalità. La sentenza chiarisce che, anche dopo la riforma, il giudice deve continuare a effettuare una prognosi basata sui parametri dell’art. 133 cod. pen., inclusa la personalità dell’istante, per assicurare che la sanzione scelta sia la più consona alla finalità rieducativa e all’effettività della pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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