Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 6559 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 6559 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nata ad Ancona il 27/05/1972 avverso la sentenza del 21/03/2024 della Corte d’appello di Ancona; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Ancona ha confermato la condanna, emessa dal Tribunale di Ancona, nei riguardi di COGNOME NOME e NOME COGNOME, per il delitto di furto di merce dal valore di circa 250,00 euro, sottratta al supermercato RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO ad Ancona, aggravato dalla esposizione alla pubblica fede. Le predette sono state condannate, con le circostanze attenuanti generiche e quella di cui all’articolo 62, numero 4, cod. pen., ritenute prevalenti, e con la riduzione per il rito prescelto, alla pena di sei mesi di reclusione e 300,00 euro di multa.
Ha proposto ricorso per Cassazione la COGNOME evidenziando, con un unico motivo, la violazione degli artt. 20-bis cod. pen. e 56-quater I. 689/1981.
Parte ricorrente assume di aver chiesto, con motivi d’appello aggiunti, l’applicazione delle menzionate norme e la conversione della pena detentiva in quella pecuniaria sostitutiva, in ragione anche della documentata sottoscrizione di un contratto di lavoro che garantiva alla COGNOME uno stipendio mensile cospicuo, di circa 1.200,00 euro mensili, al fine di far fronte al relativo pagamento.
In particolare, anche considerato il disposto di cui all’articolo 133-ter cod. pen., l’odierna ricorrente assume di aver proposto l’applicazione del minimo della pena pecuniaria previsto dalla normativa, pari a 5,00 euro per ogni giorno di pena detentiva, e dunque 900,00 euro in tutto, per i sei mesi di reclusione irrogati, con rateazione in rate mensili di 100,00 euro.
Si sostiene che la Corte d’appello avrebbe rigettato senza adeguata motivazione l’istanza, ritenendo inadeguata la proposta della COGNOME omettendo di disporne l’accoglimento per un eventuale diverso importo, e formulando, poi, un giudizio prognostico di inadempimento agli obblighi di pagamento da parte dell’imputata, nonostante costei avesse prodotto la detta documentazione sulla sua situazione reddituale.
Peraltro, sempre a dire del ricorrente, in caso di inadempimento, sarebbe stato compito del giudice dell’esecuzione revocare eventualmente il beneficio.
Essendovi tutti i presupposti per l’applicazione della pena sostitutiva e la possibilità di convertire la pena con un importo diverso rispetto a quello proposto dalla difesa, la sentenza avrebbe violato le menzionate norme e, secondo parte ricorrente, andrebbe annullata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso va rigettato.
2. Con esso, in definitiva, si chiede una nuova valutazione in relazione alla sostituzione della pena detentiva, superando il negativo giudizio espresso dalla Corte territoriale, allorché ha ritenuto che tale sostituzione non fosse idonea a prevenire il pericolo di commissione di altri reati e a garantire le finalità rieducative, ai sensi dell’articolo 58 della legge 689/1981, e, nel contempo, si propone un’errata interpretazione delle disposizioni in materia.
Nella specie, la Corte di appello ha negato la pena sostitutiva pecuniaria facendo leva non certo, e solo, sulla ritenuta inadeguata misura della stessa proposta dall’istante (5,00 euro giornalieri), quanto per non aver la medesima dato “dimostrazione del superamento del periodo di prova fissato in 26 giorni di lavoro effettivo” e per essere ella “adusa ad una sostanziale inosservanza delle
regole sulla scorta di quanto risulta dal suo casellario giudiziale”, essendo già stata condannata “per plurimi furti commessi in un arco compreso tra il 1993 e il 2016”, nonché per altri reati “comunque lesivi del patrimonio quale il reato di truffa e di rapina”, tanto da ritenere “abituale” la sua inclinazione al delitto.
Tale valutazione è conforme ai principi di diritto affermati da questa Corte, secondo cui la sostituzione delle pene detentive brevi è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice sulla base dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. e, dunque, considerando, in primis, le modalità delle violazioni commesse e la personalità del condannato (ex multis, Sez. 3, n. 19326 del 27/01/2015, Rv. 263558-01).
Siffatta interpretazione deve essere confermata anche in seguito alla riforma Cartabia (come già sostenuto da Sez. 6, n. 33027 del 11/5/2023, Agostino, Rv. 285090-01, in motivazione), posto che l’attuale richiamo ai «fondati motivi» di omesso adempimento, determinanti il rigetto dell’istanza ai sensi dell’art. 58, comma 1, seconda parte, legge 689/1981, impone solo di soppesare adeguatamente gli elementi prognostici disponibili, portando all’adozione di forme sanzionatorie più consone alla finalità rieducativa del condannato e all’obiettivo di assicurare effettività alla pena, non certo ad escludere che si effettui la detta prognosi in base ai parametri di cui all’art. 133 cod. pen. e, dunque, anche in base alla sua personalità dell’istante.
Il difforme indirizzo che fa leva sulle preclusioni soggettive fissate dall’art. 59 I. 689/1980, per desumere l’irrilevanza dei precedenti penali, al fine di stabilire se accordare o meno le pene sostitutive (si veda, al riguardo, Sez. 2 n. 8794 del 14/02/2024, Rv. 286006-02 e Sez. 5, n. 33078 del 21/06/2024, non massinnata), non può essere condiviso.
Invero, l’art. 58 della medesima legge prevede che: «Il giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri indicati nell’articolo 133 del codic penale, se non ordina la sospensione condizionale della pena, può applicare le pene sostitutive della pena detentiva quando risultano più idonee alla rieducazione del condannato e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati. La pena detentiva non può essere sostituita quando sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato». Orbene, è evidente che il richiamo dell’art. 133 cod. pen. comporti anche quello ai «precedenti penali e giudiziari» e, in genere, alla «condotta» e alla «vita del reo, antecedenti al reato» ivi indicati: valutati i quali, il giudice «può» – come testualmente dispone l’art. 58 citato «applicare le pene sostitutive».
In tale contesto, le condizioni soggettive per le quali «la pena detentiva non può essere sostituita» (come statuisce il comma 1 dell’art. 59) altro non sono,
allora, che quelle in presenza delle quali al giudice è preclusa ogni discrezionalità in merito, ovvero quelle che impediscono in assoluto che possa disporsi la sostituzione della pena.
Ed allora, come anzidetto e di recente ribadito: «Anche successivamente alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 150 del 2022, la sostituzione delle pene detentive brevi è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice, che deve essere condotta con l’osservanza dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., prendendo in considerazione, tra l’altro, la gravità del fatto per il quale è intervenuta condanna, le sue modalità di commissione e la personalità del condannato, per come risulti anche dai precedenti penali» (Sez. 5, n. 17959 del 26/01/2024, Rv. 286449-01, in motivazione; in tal senso, si veda, ancora Sez. 5, n. 39162 del 04/10/2024, Rv. 287062-01, che, seppur rimarca la necessità che il giudice del merito si pronunci sui motivi per cui la finalità rieducativa non possa essere perseguita attraverso la pena sostitutiva, ribadisce, in motivazione, che vada pur sempre valutata la congruità di questa alle finalità preventive e rieducative considerando anche la gravità del fatto e la pericolosità del soggetto e, dunque, anche i suoi precedenti).
Nel caso in esame, come detto, la Corte d’appello ha valutato in modo adeguato la personalità dell’imputata, pervenendo ad una prognosi negativa per i molteplici precedenti penali ed il mancato superamento del periodo di prova, tali da indurre a pensare che la stessa imputata abbia adottato quale stile di vita quello di vivere abitualmente in modo criminogeno, restando indifferente ad ogni proficua procedura di rieducazione con misure alternative al carcere.
Al riguardo, infine, va solo aggiunto che la verifica della sussistenza delle condizioni che consentono di applicare una delle sanzioni sostitutive della pena detentiva breve costituisce un accertamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità, se motivato in modo non manifestamente illogico, così come accaduto nel caso di specie (Sez. 1, n. 35849 del 17/5/2019, Rv. 276716).
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., alla declaratoria di rigetto segue la condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 14/01/2025