Pena Sostitutiva: Quando è Troppo Tardi per Chiederla? Il Chiarimento della Cassazione
L’introduzione della pena sostitutiva con la Riforma Cartabia ha aperto nuove prospettive nel sistema sanzionatorio penale, ma ha anche sollevato questioni procedurali cruciali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 12083/2024) ha fatto luce su un aspetto fondamentale: i limiti temporali per presentare tale richiesta, specialmente quando il processo è già concluso. La decisione ribadisce la netta distinzione tra la fase di cognizione e quella di esecuzione, stabilendo che la finestra per chiedere la sostituzione della pena è molto stretta una volta che la sentenza è diventata definitiva.
I Fatti del Caso
Il ricorrente si era visto revocare il beneficio della sospensione condizionale della pena, concessogli in due precedenti sentenze del 2012. La revoca è scattata perché, entro cinque anni dall’irrevocabilità di quelle condanne, aveva commesso un nuovo reato, nello specifico un delitto di bancarotta fraudolenta nel 2017. Di fronte alla prospettiva di dover scontare le pene precedentemente sospese, l’imputato ha presentato ricorso al giudice dell’esecuzione, chiedendo che la pena detentiva venisse convertita in una pena sostitutiva.
La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La motivazione si basa su un’interpretazione rigorosa delle norme procedurali che disciplinano la richiesta di pene sostitutive. I giudici hanno chiarito che la sede naturale per tale istanza è la fase di cognizione, ovvero il processo che porta alla sentenza di condanna. La fase di esecuzione, che inizia solo dopo che la sentenza è diventata irrevocabile, non è il momento opportuno per avanzare questa richiesta.
Le Motivazioni: la regola dell’art. 545-bis e l’eccezione transitoria
Il cuore della decisione risiede nell’analisi dell’articolo 545-bis del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che la sostituzione della pena detentiva è una decisione riservata al giudice del processo (la cosiddetta fase di cognizione). Tuttavia, la Riforma Cartabia ha previsto una norma transitoria (l’art. 95 del d.lgs. 150/2022) per gestire le sentenze divenute definitive poco dopo l’entrata in vigore della legge. Questa norma eccezionale consentiva di presentare l’istanza di pena sostitutiva al giudice dell’esecuzione, ma fissava un termine perentorio: trenta giorni dall’irrevocabilità della sentenza di condanna. Nel caso in esame, questo termine era ampiamente decorso, rendendo la richiesta tardiva e, quindi, irricevibile. La Corte ha sottolineato che, una volta scaduta questa finestra temporale eccezionale, torna ad applicarsi la regola generale che confina la richiesta alla fase di cognizione.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza della Cassazione offre un importante monito per la difesa tecnica e per chiunque sia coinvolto in un procedimento penale. La possibilità di accedere a una pena sostitutiva è strettamente legata al rispetto delle tempistiche procedurali. La richiesta deve essere formulata e decisa durante il processo, prima che la sentenza diventi definitiva. La norma transitoria della Riforma Cartabia ha rappresentato un’opportunità limitata nel tempo, non una deroga permanente. Pertanto, chi intende beneficiare delle pene sostitutive deve agire tempestivamente, poiché la fase esecutiva non offre, di regola, una seconda possibilità per presentare tale istanza. La decisione rafforza la certezza del diritto e la scansione rigorosa delle fasi processuali.
È possibile richiedere la conversione in pena sostitutiva durante la fase di esecuzione della sentenza?
Di norma, no. L’articolo 545-bis del codice di procedura penale riserva questa possibilità alla fase di cognizione, ovvero durante il processo, prima che la sentenza diventi definitiva.
La Riforma Cartabia ha previsto un’eccezione a questa regola?
Sì, la norma transitoria contenuta nell’art. 95 del d.lgs. 150/2022 ha concesso una finestra temporale per presentare l’istanza al giudice dell’esecuzione. Tuttavia, tale richiesta doveva essere effettuata entro il termine perentorio di trenta giorni dal momento in cui la sentenza di condanna era divenuta irrevocabile.
Cosa comporta la commissione di un nuovo reato per chi ha ottenuto la sospensione condizionale della pena?
Se il nuovo reato viene commesso entro cinque anni dalla condanna precedente, il giudice revoca il beneficio della sospensione condizionale. Di conseguenza, il condannato dovrà scontare sia la pena che era stata sospesa, sia quella inflitta per il nuovo reato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12083 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12083 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CASTELNUOVO DI GARFAGNANA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 30/11/2023 del GIP TRIBUNALE di MODENA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso di NOME COGNOME e la ordinanza impugnata.
Considerato che il giudice dell’esecuzione, in puntuale applicazione dei principi in materia, ha correttamente revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso all’odierno ricorrente con le sentenze del Tribunale di Modena pronunciate il 25 giugno 2012 (irrevocabile il 25 ottobre 2015) ed il 19 novembre 2012 (irrevocabile il 31 luglio 2016), avendo egli commesso il delitto ex art.216 I. fall. in data 13 marzo 2017 e, quindi, entro i cinque anni dalla irrevocabilità delle due sentenze sopra indicate;
Rilevato, GLYPH che l’unico motivo del ricorso è manifestamente infondato poiché la sostituzione della pena detentiva con la pena sostitutiva è riservata, come espressamente indicato dall’art.545-bis del codice di rito, alla fase della cognizione; inoltre, la norma transitoria di cui all’art.95 del d.lgs. 150/202 consente di presentare l’istanza di pena sostitutiva al giudice dell’esecuzione entro trenta giorni dalla irrevocabilità della sentenza di condanna, termine già ampiamente decorso nel caso in esame;
Ritenuto che deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 7 marzo 2024.