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Pena sostitutiva: no in esecuzione se non chiesta prima

La Corte di Cassazione ha stabilito che la richiesta di conversione della pena detentiva in una pena sostitutiva non può essere presentata per la prima volta in fase di esecuzione, neanche dopo che il giudice ha unificato più reati sotto il vincolo della continuazione. Il beneficio deve essere richiesto durante il processo di cognizione. La sentenza sottolinea che il riconoscimento della continuazione non riapre i termini per accedere a benefici che dovevano essere richiesti prima che la sentenza diventasse definitiva, confermando così il principio della intangibilità del giudicato.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena sostitutiva in esecuzione: la Cassazione fissa i paletti

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale in materia di esecuzione penale: la possibilità di richiedere l’applicazione di una pena sostitutiva dopo che la condanna è diventata definitiva. Con la sentenza in commento, i giudici hanno chiarito che tale richiesta è preclusa se non è stata avanzata tempestivamente durante il processo di cognizione, anche nel caso in cui la pena venga ricalcolata per effetto del riconoscimento del vincolo della continuazione. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dalla Corte.

I fatti del caso

La vicenda riguarda una persona condannata con due distinte sentenze, entrambe divenute irrevocabili, per lo stesso tipo di reato commesso in periodi diversi. La prima sentenza, del Tribunale di Treviso, era diventata definitiva nel 2019; la seconda, del Tribunale di Venezia, nel 2024.

Successivamente, la condannata si è rivolta al giudice dell’esecuzione chiedendo il riconoscimento del “vincolo della continuazione” tra i due reati, ovvero che fossero considerati come parte di un unico disegno criminoso. Il giudice ha accolto questa richiesta, unificando le pene e determinando una sanzione complessiva di quattro mesi e quindici giorni di reclusione. A questo punto, la difesa ha avanzato un’ulteriore istanza: la conversione di questa nuova pena detentiva nella pena sostitutiva della multa, sfruttando le novità introdotte dalla cosiddetta Riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022).

Il Tribunale di Venezia, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto la richiesta di conversione, sostenendo che tale decisione spettasse unicamente al giudice della cognizione (cioè il giudice del processo) e non a quello dell’esecuzione. Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso per cassazione.

La decisione della Cassazione sulla pena sostitutiva

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione del giudice dell’esecuzione. I giudici supremi hanno spiegato in modo netto che la possibilità di ottenere una pena sostitutiva è legata a precisi limiti temporali e procedurali che non possono essere aggirati in fase esecutiva.

Le motivazioni

Il cuore della motivazione risiede nel principio dell’intangibilità del giudicato. La Corte ha osservato che la sentenza più recente (quella del Tribunale di Venezia, che costituiva la base per il calcolo della pena unificata) era diventata definitiva nel febbraio 2024. Al momento dell’entrata in vigore della Riforma Cartabia (30 dicembre 2022), il relativo processo era ancora in fase di appello. In quella sede, l’imputata avrebbe potuto e dovuto presentare la richiesta di applicazione della pena sostitutiva.

Non avendolo fatto, né su richiesta di parte né d’ufficio, la scelta del giudice della cognizione di non applicare la sanzione sostitutiva è diventata definitiva e “coperta dal giudicato”. Di conseguenza, tale decisione non può essere modificata in sede di esecuzione. Il fatto che successivamente sia stato riconosciuto il vincolo della continuazione non riapre i termini per una richiesta che doveva essere fatta prima. La norma transitoria della Riforma Cartabia, infatti, ha stabilito termini precisi e invalicabili per richiedere i nuovi benefici, e questi termini sono stati superati.

La Corte ha inoltre precisato che, anche nel caso di reati unificati, non è possibile considerare isolatamente la frazione di pena aggiunta per il reato “satellite” al fine di convertirla. Se la pena base (quella per il reato più grave) non è suscettibile di sostituzione perché il giudicato si è formato su di essa, l’intera pena unificata segue la stessa sorte.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: la fase dell’esecuzione non può diventare un’occasione per rimediare a omissioni o scelte strategiche avvenute durante il processo. La richiesta di benefici come la pena sostitutiva deve essere formulata nei tempi e nei modi previsti dalla legge, ovvero durante il giudizio di cognizione (primo grado, appello). Una volta che la sentenza diventa irrevocabile, le decisioni sulla natura della pena sono cristallizzate e non possono essere rimesse in discussione, neanche a seguito di una rideterminazione della sanzione per effetto della continuazione. La pronuncia offre quindi un importante monito sulla necessità di agire tempestivamente per far valere i propri diritti nel corso del processo.

È possibile chiedere la conversione della pena in una pena sostitutiva per la prima volta in fase di esecuzione?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che la richiesta di applicazione di una pena sostitutiva deve essere presentata durante il giudizio di cognizione (primo grado o appello). Una volta che la sentenza è diventata definitiva (giudicato), non è più possibile avanzare tale richiesta in fase esecutiva.

Il riconoscimento del vincolo della continuazione riapre i termini per chiedere la pena sostitutiva?
No. Anche se il giudice dell’esecuzione riconosce la continuazione e ricalcola la pena complessiva, questa operazione non consente di presentare una richiesta di pena sostitutiva che doveva essere formulata prima che la sentenza per il reato più grave diventasse irrevocabile. Il giudicato sulla natura della pena principale preclude tale possibilità.

Perché nel caso specifico la nuova normativa (Riforma Cartabia) non è stata applicata in fase di esecuzione?
La normativa transitoria della Riforma Cartabia prevedeva termini precisi per richiedere i nuovi benefici. Nel caso in esame, al momento dell’entrata in vigore della riforma, il processo per il reato più grave era ancora pendente in appello. La richiesta di pena sostitutiva doveva essere presentata in quella sede. Non essendo stata fatta, la possibilità è decaduta e non può essere recuperata in fase esecutiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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