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Pena sostitutiva in appello: onere dell’imputato

La Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di quattro imputati, condannati per esercizio arbitrario delle proprie ragioni. La Corte ha stabilito che la richiesta di pena sostitutiva in appello doveva essere presentata contestualmente alla richiesta di riqualificazione del reato, essendo già in vigore la normativa pertinente. L’omessa richiesta tempestiva preclude la concessione del beneficio, confermando l’importanza dell’onere processuale dell’imputato.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena sostitutiva in appello: l’onere della richiesta in caso di riqualificazione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un importante aspetto processuale introdotto dalla Riforma Cartabia: la richiesta di pena sostitutiva in appello. La decisione chiarisce che l’imputato, nel momento in cui chiede una riqualificazione del reato in una fattispecie meno grave, ha l’onere di richiedere contestualmente l’applicazione delle pene sostitutive, pena l’inammissibilità della richiesta tardiva. Analizziamo insieme questa pronuncia per comprenderne la portata.

I Fatti del Caso: Dall’Estorsione alla “Ragion Fattasi”

Il caso trae origine da un procedimento penale in cui a quattro soggetti era stato inizialmente contestato il reato di estorsione. In sede di appello, la Corte territoriale aveva riqualificato il fatto nel meno grave delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (comunemente noto come “ragion fattasi”). Secondo la ricostruzione, gli imputati avevano utilizzato violenza e minaccia, anche con l’uso di armi e in concorso tra loro, per impedire lo spossessamento di un bene. Sebbene tale condotta fosse stata ritenuta illecita, i giudici di secondo grado avevano escluso l’intento estorsivo, ritenendo che l’azione fosse finalizzata a tutelare arbitrariamente un proprio preteso diritto.

Il Ricorso in Cassazione: I Motivi degli Appellanti

Contro la sentenza d’appello, gli imputati proponevano ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:
1. La difesa sosteneva che la violenza esercitata fosse giustificata, in quanto finalizzata unicamente a impedire lo spossessamento del bene, e quindi non punibile.
2. In secondo luogo, si lamentava la mancata applicazione di una pena sostitutiva, evidenziando che tale richiesta era diventata rilevante solo dopo la decisione d’appello che, riqualificando il reato, aveva determinato una pena compatibile con tali benefici.

Le Motivazioni della Cassazione sul tema della pena sostitutiva in appello

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, fornendo chiarimenti cruciali su entrambi i punti. In primo luogo, ha ribadito che l’autotutela per salvaguardare il possesso è legittima solo se immediata e strettamente collegata all’azione di spoglio, senza mai degenerare in atti di violenza e minaccia sproporzionati, come l’uso di armi in concorso con altre persone. Tali eccessi, infatti, integrano pienamente il delitto di “ragion fattasi”.

Il punto centrale della decisione, tuttavia, riguarda il secondo motivo, relativo alla pena sostitutiva in appello. La Cassazione ha osservato che, al momento della presentazione dell’atto di appello, la normativa sulle pene sostitutive (art. 545-bis del codice di procedura penale, introdotto dalla Riforma Cartabia) era già pienamente in vigore. Di conseguenza, l’imputato che, con i motivi d’appello, chiedeva la riqualificazione del reato da estorsione a “ragion fattasi” (un reato per il quale è più probabile ottenere una pena contenuta e quindi sostituibile), aveva l’onere di formulare, in quella stessa sede, anche la richiesta di applicazione delle pene sostitutive. L’appellante non poteva attendere l’esito del giudizio per poi avanzare la richiesta. La Corte ha specificato che tale istanza doveva essere presentata con l’atto di gravame o, al più tardi, con motivi nuovi, ma non dopo la decisione.

Le Conclusioni: Onere Processuale e Preclusioni

La pronuncia consolida un principio fondamentale di strategia processuale nell’era post-Cartabia. L’imputato e il suo difensore devono agire con lungimiranza. Se si intende chiedere una riqualificazione del reato che potrebbe portare a una pena sostituibile, è indispensabile formulare la relativa richiesta di sostituzione in via subordinata e contestualmente all’atto di impugnazione. Omettere tale richiesta comporta la decadenza dal diritto di ottenerla, anche se la riqualificazione del reato viene poi effettivamente concessa dal giudice. La decisione sottolinea quindi la centralità dell’onere dell’imputato di prefigurare tutti i possibili esiti del giudizio d’appello e di formulare le proprie istanze in modo completo e tempestivo.

Quando si configura il reato di “ragion fattasi” invece che una legittima difesa del possesso?
Si configura il reato di “ragion fattasi” quando le condotte di autotutela non sono immediate e strettamente collegate alla salvaguardia del possesso, ma travalicano in atti di minaccia e violenza sproporzionati, come nel caso di utilizzo di armi e della partecipazione di più persone.

Se in appello chiedo la riqualificazione di un reato in uno meno grave, quando devo chiedere l’applicazione di una pena sostitutiva?
Secondo la Corte, la richiesta di applicazione di una pena sostitutiva deve essere presentata contestualmente alla richiesta di riqualificazione, all’interno dello stesso atto di appello o, al più tardi, con la presentazione di motivi nuovi, e non dopo che il giudice ha deciso sulla riqualificazione.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito delle questioni sollevate. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, come stabilito nella decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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