Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 42519 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 42519 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 17/10/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOME COGNOME nato a San Severo 1112/2/1971 COGNOME NOMECOGNOME nato a San Severo il 3/5/1972 COGNOME NOMECOGNOME nato a San Severo il 15/2/1974 NOMECOGNOME nato a San Severo il 21/7/1989 COGNOME NOMECOGNOME nato a San Severo il 24/10/1970 COGNOME NOMECOGNOME nato a San Severo il 29/10/1992 COGNOME NOMECOGNOME nato a San Severo il 30/7/1988
avverso la sentenza del 5/3/2024 del Tribunale di Foggia visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo nei confronti di NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME di annullare la sentenza impugnata, con rideterminazione della
pena sostitutiva nella parte relativa alle autorizzazioni ad allontanarsi dal proprio domicilio, e di dichiarare l’inammissibilità dei ricorsi di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 5 marzo 2024 il Tribunale di Foggia ha applicato a NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME la pena concordata dalle parti in relazione ai reati loro rispettivamente ascritti.
Avverso l’anzidetta sentenza hanno proposto ricorsi per cassazione NOME COGNOME personalmente e il difensore degli altri imputati.
NOME COGNOME ha censurato la mancata assoluzione e l’eccessività della pena.
L’Avv. NOME COGNOME quale difensore di NOME COGNOME e NOME COGNOME ha dedotto la carenza di motivazione della sentenza impugnata in ordine al difetto dei presupposti per un proscioglimento degli imputati ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
L’Avv. NOME COGNOME quale difensore di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME ha dedotto l’illegalità della pena. Il Giudice di primo grado, nel sostituire ai sensi dell’art. 56 L. n. 689/1981, la pena detentiva applicata ai predetti ricorrenti, ha imposto, tra le prescrizioni, che «la detenzione domiciliare dovrà essere eseguita presso l’immobile di residenza anagrafica di ciascun imputato ovvero presso il luogo in cui ciascun imputato si trova sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, ove i predetti rimarranno ristretti per tutta giornata ad esclusione delle ore comprese tra le 10.30 e le 12.30 nonché tra le 17 e le 19 nei giorni di sabato, domenica e festivi; orari nei quali essi sono autorizzati a lasciare il rispettivo domicilio per provvedere alle loro indispensabili esigenze di vita e di salute». L’art. 56 cit. prevede, però, che il condannato possa lasciare il proprio domicilio per almeno quattro ore al giorno, così che la pena, come applicata, sarebbe illegale, avendo il Giudice autorizzato l’allontanamento dal domicilio soltanto il sabato, la domenica e i festivi.
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CONSIDERATO IN DIRITTO
Sono fondati i ricorsi di NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME mentre sono inammissibili gli altri ricorsi.
Deve premettersi che il comma 2-bis dell’art. 448 cod. proc. pen., introdotto con la L. 23/6/2017 n. 103, in vigore dal 3 agosto dello stesso anno, prevede che il ricorso per cassazione avverso la sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. è ammissibile esclusivamente per motivi attinenti: a) all’espressione della volontà dell’imputato; b) al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza; c) all’erronea qualificazione giuridica del fatto; d) all’illegalità della pena o della misura di sicurezza irrogate.
Tale disposizione si applica, per espressa previsione contenuta nell’art. 1, comma 51, della stessa legge, dal 3 agosto 2017 e, nello specifico, a tutte le impugnazioni relative a richieste di applicazione di pena formulate in data a questa successiva, come avvenuto nel caso in esame.
Ne consegue che è inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deducono vizi differenti da quelli tassativamente indicati nel citato comma 2-bis (ex plurimis: Sez. F, n. 28742 del 25/8/2020, Messnaoui, Rv. 279761 – 01; Sez. 6, n. 1032 del 7/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278337 – 01).
Alla luce di quanto precede deve rilevarsi che è consentita la censura sollevata da NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME i quali hanno dedotto l’illegalità della pena sostitutiva della detenzione domiciliare, come indicata nei loro confronti nella sentenza impugnata.
3.1. Giova ricordare che, secondo l’insegnamento offerto recentemente dalla Suprema Corte (Sez. U, n. 877 del 14/7/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 283886 – 01; Sez. U, n. 47182 del 31/3/2022, COGNOME, Rv. 283818 – 01), la nozione di pena illegale va correlata ai casi di illegalità ab origine della pena, in quanto inflitta extra o contra legem, perché non corrispondente, per specie o per quantità edittale, a quella disposta dalla fattispecie astratta incriminatrice (v. anche tra le più recenti: Sez. 5, n. 1205 del 20/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280434 – 01; Sez. 5, n. 45360 del 04/10/2019, COGNOME, Rv. 277956 – 01).
La nozione di illegalità è stata poi estesa alla pena determinata dal giudice sulla base di una norma dichiarata incostituzionale e, dunque, inesistente (Sez. U, n. 37107 del 26/02/2015, COGNOME, Rv. 264857 – 01; Sez. U, n. 33040 del 26/2/2015, COGNOME, Rv. 264205 – 01; Sez. U, n. 18821 del 24/10/2013, dep. 2014, Ercolano, Rv. 258651 – 01), ovvero in violazione del principio di irretroattività della
legge penale più sfavorevole, sancito dall’art. 24, comma secondo, Cost. (Sez. un. 40986 del 19/7/2018, P., Rv. 273934 – 01).
Con particolare riferimento alla determinazione della nozione di pena illegale quale limite alla ricorribilità per cassazione delle sentenze emesse ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la giurisprudenza di legittimità, anche prima della tipizzazione dei motivi di cui all’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., aveva rilevato come l’accordo tra le parti si formi sul risultato finale delle operazioni di computo e determinazione della pena (Sez. 4, n. 1853 del 17/11/2005, dep. 2006, Federico, Rv. 233185 – 01; Sez. 4, n. 518 del 28/01/2000, Carrello, Rv. 216881; Sez. 5, n. 3351 del 29/05/1998, deo. 1999, COGNOME, Rv. 212379 – 01; nello stesso senso si veda, tra le più recenti, Sez. 5, n. 18304 del 23/01/2019, COGNOME, Rv. 275915).
Si è precisato che gli errori relativi ai passaggi interni per la determinazione della pena concordata conducono, al più, a una pena illegittima e non illegale (Sez. U, n. 40986/2018 cit., Sez. 6, n. 44907 del 30/10/2013, COGNOME, Rv. 257151 – 01).
La ricostruzione compiuta consente di giungere alla conclusione secondo cui la nozione di pena illegale attiene non già al trattamento sanzionatorio nel complesso considerato, bensì alla pena inflitta contra o extra legem, perché non prevista dall’ordinamento giuridico ovvero perché non corrispondente, per specie o per quantità, a quella individuata dalla fattispecie astratta. Per contro, con la pena illegittima, il giudice, pur nel rispetto della cornice valoriale determinata dal legislatore, incorre in un errore nella determinazione del quantum o del modus procedendi relativi alla sua applicazione.
3.2. Nel caso in esame, come dedotto dal difensore di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, l’art. 56 L. n. 689/1981 prevede che il condannato possa lasciare il proprio domicilio per almeno quattro ore al giorno mentre il Giudice di primo grado, nel sostituire la pena detentiva, applicata ai predetti ricorrenti, con quella della detenzione domiciliare, ha autorizzato l’allontanamento dal domicilio, limitandolo ai soli giorni di sabato, domenica e festivi.
Così disponendo, il Giudice ha applicato una pena sostitutiva diversa dal modello legale.
Non ignora il Collegio che le Sezioni Unite hanno affermato che la nozione di pena illegale non possa estendersi sino al punto da includere profili incidenti sul regime applicativo della sanzione, a meno che ciò non comporti la determinazione di una pena estranea all’ordinamento per specie, genere o quantità (Sez. U, n. n. 38809 del 31/03/2022, COGNOME, Rv. 283689 – 01).
Nel caso in disamina, però, non viene in rilievo un mero profilo incidente sul regime applicativo della pena sostitutiva ma una pena non prevista
dall’ordinamento, in quanto si è autorizzato l’allontanamento dal domicilio in violazione del limite minimo, fissato dall’art. 56 cit.
La sanzione sostitutiva, come determinata dal Giudice del merito, quindi, si pone in insanabile contrasto con le valutazioni valoriali fatte dal legislatore e sacrifica la libertà personale oltre ciò che ha previsto il legislatore stesso.
Al riguardo, deve anche ricordarsi che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 84, depositata il 10 maggio 2024, ha evidenziato che le pene sostitutive sono ispirate al principio secondo cui il sacrificio della libertà personale va contenuto entro il minimo necessario, oltre che alla necessaria finalità rieducativa della pena sancita dall’art. 27 della Costituzione.
In particolare, la previsione, da parte del legislatore della riforma, di un più favorevole regime del limite minimo di permanenza nel domicilio (almeno dodici al giorno), così come di un’ampia possibilità di uscire dal domicilio stesso in relazione a “comprovate esigenze familiari, di studio, di formazione professionale di lavoro o di salute”, è coerente – ha osservato la Corte – con la spiccata funzionalità rieducativa di questa pena sostitutiva, che prevede uno specifico programma di trattamento elaborato dall’Ufficio di esecuzione penale esterna, che prende in carico il condannato. Ciò appare conforme all’idea – che è alla base della riforma – di una “pena-programma” caratterizzata da elasticità nei contenuti, perché funzionale alla individualizzazione del trattamento sanzionatorio, in modo da garantire la risocializzazione del condannato e, assieme, una più efficace tutela della collettività.
Peraltro, la violazione dell’art. 56 cit. travolge la prevedibilità determinatezza della sanzione penale: principi, peraltro, ribaditi anche dalla Corte EDU (Corte EDU, 22 gennaio 2013, COGNOME c. Malta; Corte EDU, COGNOME c. Spagna; Corte EDU, GC, 12 febbraio 2008, COGNOME c. Cipro).
Deve, quindi, pervenirsi alla conclusione che, nel caso in disamina, è stata applicata una pena sostitutiva con profili di illegalità relativi alle modalità della s esecuzione.
Da ciò consegue in concreto che, poiché all’originario e legittimo accordo intercorso tra le parti, comprensivo della richiesta di sostituzione della pena detentiva e di per sé ritenuto congruo, si è sovrapposta l’illegale determinazione delle modalità di esecuzione della pena sostitutiva, deve in questa sede pronunciarsi l’annullamento nei confronti di NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME della sentenza impugnata limitatamente alle modalità di esecuzione della pena con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Foggia.
5. Deve, invece, dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi di NOME COGNOME e NOME
COGNOME i quali non hanno dedotto alcuno dei motivi indicati nell’art. 448, comma
2-bis, cod. proc. pen.
6. Il ricorso di NOME COGNOME è inammissibile, perché proposto personalmente dall’imputato.
Con la modifica dell’art. 613 cod. proc. pen. ad opera della L. n. 103 del 2017,
entrata in vigore il 3 agosto 2017, è stata esclusa la facoltà dell’imputato di proporre personalmente il ricorso per cassazione. A tal riguardo, questa Corte
(S.U. n. 8914 del 21/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272011 – 01) ha avuto modo di precisare che il ricorso per cassazione avverso qualsiasi tipo di provvedimento
non può essere personalmente proposto dalla parte, ma deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di
cassazione.
7. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi di NOME COGNOME, NOME
COGNOME e NOME COGNOME consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna di tali ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ragioni di esonero, della somma di euro tremila, equitativamente determinata, in favore della Cassa delle ammende
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME limitatamente alle modalità di esecuzione della pena e rinvia per nuovo giudizio al Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Foggia. Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cssa delle ammende.
Così deciso il 17 ottobre 2024.