Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 23033 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 23033 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 14/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MILANO il 19/12/1949
avverso la sentenza del 15/11/2024 della CORTE APPELLO di MILANO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
udite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di annullare con rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alla pena sostitutiva e di dichiarare inammissibile il ricorso nel resto; udite le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME per il ricorrente, che ha chiesto di accogliere il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La sentenza impugnata è stata pronunziata il 15 novembre 2024 dalla Corte di appello di Milano, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Milano, che per quanto qui di interesse – aveva condannato COGNOME NOME alla pena di anni due e mesi sei di reclusione, per il reato di bancarotta fraudolenta, in relazione alla società “RAGIONE_SOCIALE“, fallita il 20 marzo 2014.
Secondo i giudici di merito l’imputato – in qualità di amministratore di fatto avrebbe, per effetto di operazioni dolose, cagionato il dissesto della società, mediante la sistematica omissione del versamento delle imposte dovute, a partire dalla data di costituzione della società e fino alla data di fallimento, con conseguente debito erariale pari ad euro 1.649.807,32.
Avverso la sentenza della Corte di appello, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia.
2.1. Con un primo motivo, deduce i vizi di erronea applicazione della legge penale e di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 20-bis cod. pen. e 545-bis cod. proc. pen.
Rappresenta che: l’imputato aveva chiesto la sostituzione della pena detentiva con la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità; la Corte di appello ha dichiarato inammissibile tale richiesta, in quanto mancherebbero il consenso dell’imputato, la dichiarazione di disponibilità dell’ente e il programma di lavoro.
Il ricorrente contesta tale decisione, sostenendo che: il consenso dell’imputato sarebbe chiaramente desumibile dal fatto che la sostituzione della pena detentiva era stata chiesta con memoria, dell’il settembre 2024, sottoscritta personalmente dall’imputato; non sarebbe necessario allegare all’istanza la dichiarazione di disponibilità dell’ente e il programma di lavoro.
2.2. Con un secondo motivo, deduce il vizio di inosservanza di norme processuali, in relazione all’art. 223 legge fall.
Contesta la sentenza impugnata, nella parte relativa alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, sostenendo che la Corte di appello avrebbe «fondato la pronuncia sulla prevedibilità del dissesto come effetto della condotta anti doverosa delle operazioni dolose», «nulla invece» avrebbe «valutato e quindi motivato sull’elemento intenzionale del reato e cioè in ordine al dolo eventuale per ulteriore accettazione del rischio di causare il fallimento dell’impresa». La Corte territoriale, inoltre, non si sarebbe confrontata con la produzione documentale della difesa, dalla quale emergerebbe la richiesta di rateizzazione delle imposte, che era stata concessa, con conseguente versamento delle rate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere parzialmente accolto.
1.1. Il primo motivo di ricorso è fondato.
La Corte di appello ha dichiarato inammissibile l’istanza di sostituzione della pena detentiva, in quanto mancherebbero il consenso dell’imputato, la dichiarazione di disponibilità dell’ente e il programma di lavoro.
Quanto al primo elemento, deve essere rilevato che, dagli atti, risulta che, come sostenuto dal ricorrente, l’imputato aveva chiesto la sostituzione della pena detentiva con un atto da lui personalmente sottoscritto.
Quanto ai restanti elementi, va ribadito che «è illegittima la decisione con cui è rigettata la richiesta di applicazione della pena del lavoro di pubblica utilità sostitutivo a cagione della mancata produzione, da parte dell’imputato, all’udienza in cui è emessa la sentenza di condanna, dell’assenso dell’ente presso cui deve svolgersi tale pena sostitutiva e del relativo programma di trattamento» (Sez. 3, n. 38127 del 06/06/2024, COGNOME, Rv. 287022). Nel sistema delineato dall’art. 545-bis cod. proc. pen., invero, il giudice svolge la propria valutazione, eventualmente all’interno di un’autonoma fase di giudizio, al termine della quale egli è tenuto a motivare in ordine al percorso che l’ha condotto a negare la sanzione sostitutiva, non potendosi limitare semplicemente a constatare la mancanza di elementi di valutazione, quali l’assenso dell’ente allo svolgimento del lavoro di pubblica utilità e il relativo programma, che sono da lui acquisibili d’ufficio.
1.2. Il secondo motivo è infondato.
La Corte territoriale ha fatto buon governo del principio secondo cui, in tema di bancarotta fraudolenta fallimentare, le operazioni dolose di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, legge fall. possono consistere nel sistematico inadempimento delle obbligazioni fiscali e previdenziali, frutto di una consapevole scelta gestionale da parte degli amministratori della società, da cui consegue il prevedibile aumento della sua esposizione debitoria nei confronti dell’erario e degli enti previdenziali (Sez. 5, n. 24752 del 19/02/2018, COGNOME Rv. 273337).
Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, ai fini della configurabilità della bancarotta impropria da operazioni dolose, non deve risultare dimostrata l’intenzione del reo diretta alla causazione del fallimento, ma solo il dolo generico, ossia la coscienza e volontà delle singole operazioni e la prevedibilità del dissesto come conseguenza della condotta antidoverosa (Sez. 5, n. 16111 del 08/02/2024, COGNOME, Rv. 286349).
Nel caso in esame, la Corte di appello ha correttamente ritenuto sussistenti la volontà delle condotte e la prevedibilità del dissesto, atteso che risultava che, a
partire dalla sua costituzione, la società amministrata dal ricorrente aveva omesso sistematicamente il pagamento delle imposte. Tale elemento rendeva evidente che
si trattava di una consapevole scelta gestionale, dalla quale era prevedibile che derivasse il dissesto.
Non è poi affatto vero che i giudici di merito abbiano omesso di confrontarsi con la produzione documentale della difesa, atteso che sia il Tribunale che la Corte
di appello hanno posto in rilievo la scarsa rilevanza del pagamento di rate per un importo di circa euro 24.000,00, a fronte di un debito erariale di circa 1,6 milioni
di euro.
2. La sentenza, pertanto, deve essere annullata, limitatamente al diniego della sanzione sostitutiva, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della
Corte di appello di Milano. Nel resto, il ricorso deve essere, invece, rigettato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente al diniego della sanzione sostitutiva, con rinvio per il giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Milano. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso, il 14 marzo 2025.