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Pena sostitutiva e porto d’armi: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un uomo per il porto di una mannaia e il possesso di piedi di porco, negando l’applicazione della pena sostitutiva. La sentenza sottolinea come la valutazione della gravità del fatto e della personalità del reo siano determinanti per escludere benefici come la lieve entità del fatto, la non punibilità e le sanzioni alternative alla detenzione, anche alla luce delle nuove normative.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena Sostitutiva e Porto d’Armi: Quando il Giudice Può Negarla?

La recente introduzione delle pene sostitutive nel nostro ordinamento ha aperto nuovi scenari applicativi e, inevitabilmente, nuovi quesiti interpretativi. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su quando un giudice possa negare l’applicazione di una pena sostitutiva, anche a fronte di una richiesta esplicita della difesa. Il caso riguardava un uomo condannato per il porto ingiustificato di una mannaia e il possesso di strumenti da scasso, sollevando questioni sulla valutazione della gravità del reato e sulla discrezionalità del giudice.

I Fatti del Caso

L’imputato veniva condannato in primo grado e in appello a sette mesi di arresto per due reati: il porto di una mannaia al di fuori della propria abitazione (riqualificato come reato ai sensi dell’art. 4 della Legge 110/1975) e il possesso ingiustificato di due piedi di porco, aggravato dalla sua condizione di soggetto già condannato per delitti determinati da motivi di lucro (art. 707 c.p.).

La difesa presentava ricorso in Cassazione, basandosi su quattro motivi principali:
1. Il mancato riconoscimento del fatto di “lieve entità”, sostenendo che la mannaia era un semplice coltello da carne e che il suo trasporto nel bagagliaio non presentava particolare pericolosità.
2. La mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.), evidenziando un errore della Corte d’Appello sul numero di precedenti penali.
3. Il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
4. L’omessa pronuncia sulla richiesta di applicazione di una pena sostitutiva pecuniaria, introdotta dalla Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022) dopo la sentenza di primo grado ma prima di quella d’appello.

La Decisione della Corte di Cassazione e le Motivazioni sulla Pena Sostitutiva

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendolo infondato in ogni suo punto. La decisione si articola su argomentazioni precise che definiscono i limiti della discrezionalità del giudice di merito e gli oneri a carico della difesa.

Le Motivazioni

La Corte ha affrontato punto per punto le doglianze della difesa, offrendo spunti di riflessione di grande interesse giuridico.

In primo luogo, riguardo alla lieve entità e alla particolare tenuità del fatto, i giudici hanno ribadito un principio consolidato: la valutazione non può limitarsi alla sola natura dell’oggetto (la mannaia), ma deve estendersi a tutte le modalità del fatto e alla personalità del reo. Nel caso specifico, il possesso congiunto di una mannaia da 30 cm e di due piedi di porco è stato ritenuto un quadro indiziario significativo, che escludeva a priori la possibilità di considerare il fatto come lieve o tenue. Anche l’errore sul numero dei precedenti è stato giudicato ininfluente, poiché la presenza di anche un solo precedente penale è sufficiente a supportare la decisione del giudice di merito.

Sul diniego delle circostanze attenuanti generiche, la Cassazione ha ricordato che la decisione del giudice di merito è ampiamente discrezionale. Una motivazione che si fondi sull’assenza di elementi favorevoli e sulla presenza di dati negativi (come la condotta e i precedenti) è da considerarsi congrua e non sindacabile in sede di legittimità.

Il punto più interessante riguarda la questione della pena sostitutiva. La difesa lamentava una mancata applicazione dell’art. 545 bis c.p.p., introdotto dalla Riforma Cartabia. La Corte ha chiarito che, quando una norma più favorevole entra in vigore durante il processo d’appello, è onere della parte interessata sollecitare esplicitamente il giudice a provvedere in tal senso. Nel caso di specie, la difesa aveva effettivamente richiesto l’applicazione della sanzione alternativa. Tuttavia, la Corte d’Appello aveva motivato il proprio diniego, facendo riferimento specifico “alle modalità del fatto e alla personalità del reo”, ritenendo quindi non opportuno sostituire la pena detentiva. La Cassazione ha giudicato questa motivazione sufficiente e non illogica, confermando che la scelta di applicare o meno una pena sostitutiva rientra nel potere discrezionale del giudice, il quale deve basare la sua decisione su una valutazione complessiva del caso.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rafforza diversi principi fondamentali del diritto penale e processuale. Innanzitutto, conferma che la valutazione della gravità di un reato è un’operazione complessa che non può essere parcellizzata, ma deve considerare l’intero contesto fattuale e soggettivo. In secondo luogo, ribadisce l’ampia discrezionalità del giudice di merito nel concedere benefici come le attenuanti o la causa di non punibilità per tenuità, purché la sua decisione sia sorretta da una motivazione logica e coerente. Infine, e soprattutto, chiarisce che l’accesso alle nuove pene sostitutive non è automatico: spetta alla difesa farne richiesta e al giudice valutare, con potere discrezionale e adeguata motivazione, se la personalità del reo e le circostanze del reato siano compatibili con una sanzione diversa dal carcere.

Il porto ingiustificato di una mannaia può essere considerato un fatto di “lieve entità”?
No. La Corte ha stabilito che la valutazione non dipende solo dalle dimensioni dell’oggetto, ma deve tenere conto di tutte le modalità del fatto e della personalità del reo. Nel caso di specie, il possesso contestuale di strumenti da scasso e la presenza di un precedente penale hanno portato a escludere la lieve entità.

È possibile ottenere una pena sostitutiva se una legge più favorevole entra in vigore durante il processo d’appello?
Sì, ma è onere della parte richiederla espressamente al giudice d’appello. Se la richiesta viene presentata, il giudice deve motivare la sua decisione di accoglierla o respingerla. La scelta finale resta una valutazione discrezionale basata sulle circostanze del caso e sulla personalità dell’imputato.

Il giudice può negare le attenuanti generiche senza analizzare ogni singolo elemento a favore dell’imputato?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che il diniego delle attenuanti generiche può essere legittimamente fondato anche sull’apprezzamento di un solo dato negativo (come la condotta specifica o un precedente penale) che il giudice ritenga prevalente rispetto ad altri elementi favorevoli.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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