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Pena sostitutiva: discrezionalità del giudice e recidiva

Un soggetto condannato per reati fiscali si è visto negare la pena sostitutiva dei lavori di pubblica utilità dalla Corte d’Appello, nonostante un accordo sulla riduzione della pena. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che il giudice ha piena discrezionalità nel valutare l’idoneità della pena sostitutiva. In questo caso, i precedenti penali e la pluralità dei reati sono stati ritenuti ostativi alla concessione della misura, in quanto non idonea a garantire la rieducazione del condannato e a prevenire la recidiva.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena Sostitutiva e Discrezionalità del Giudice: La Cassazione fa Chiarezza

La concessione di una pena sostitutiva, come i lavori di pubblica utilità, non è un diritto automatico per il condannato, neanche in presenza di un accordo sulla pena. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33118/2024, ribadisce un principio fondamentale: il giudice conserva un’ampia discrezionalità nel valutare se tale misura sia realmente idonea alla rieducazione del reo, specialmente in presenza di precedenti penali e rischio di recidiva. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.

Il Caso: Dai Reati Fiscali al Ricorso in Cassazione

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un individuo per gravi reati fiscali, tra cui l’occultamento di scritture contabili e l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi. In sede di appello, la difesa e la Procura Generale raggiungevano un accordo (il cosiddetto “concordato sui motivi d’appello”) per una rideterminazione della pena a un anno e un mese di reclusione.

Contestualmente, la difesa chiedeva che la pena detentiva venisse sostituita con la misura del lavoro di pubblica utilità. La Corte d’Appello, pur accogliendo l’accordo sulla quantificazione della pena, rigettava la richiesta di pena sostitutiva. La ragione? I precedenti penali dell’imputato e la pluralità dei reati commessi rendevano la misura non adeguata a garantire la sua rieducazione. Contro questa decisione, l’imputato proponeva ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione.

La Valutazione del Giudice sulla Pena Sostitutiva

Il cuore del ricorso si basava sulla presunta inadeguatezza della motivazione della Corte d’Appello. Secondo la difesa, un unico precedente penale, peraltro risalente nel tempo, non poteva essere un ostacolo insormontabile alla concessione dei lavori di pubblica utilità. La Cassazione, tuttavia, ha respinto questa tesi, dichiarando il ricorso inammissibile.

Gli Ermellini hanno chiarito due punti cruciali:
1. Natura dell’accordo: L’accordo in appello riguardava esclusivamente l’entità della pena detentiva. La richiesta di sostituzione era una proposta separata e non vincolante per il giudice.
2. Discrezionalità del giudice: Il giudice ha il dovere di valutare in concreto se la pena sostitutiva sia la più idonea a perseguire le finalità di rieducazione e prevenzione, come previsto dalla normativa (art. 58 della legge n. 689/1981, come modificato dalla Riforma Cartabia).

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello pienamente corretta e congrua. I giudici di merito non si sono limitati a un richiamo generico ai precedenti, ma hanno compiuto una valutazione complessiva della personalità dell’imputato. Hanno considerato non solo la recidiva specifica e infraquinquennale, ma anche la pluralità dei reati per i quali era stata affermata la responsabilità penale nel processo in corso.

Questo insieme di elementi è stato logicamente ritenuto un indicatore di una persistente inclinazione a delinquere, tale da far dubitare dell’efficacia rieducativa di una misura non detentiva. La legge, infatti, conferisce al giudice il potere-dovere di scegliere la sanzione che, anche attraverso opportune prescrizioni, assicuri meglio la prevenzione di futuri reati. In questo quadro, la decisione di negare la pena sostitutiva è apparsa un esercizio legittimo e ben motivato del potere discrezionale del giudice.

Le Conclusioni

Questa sentenza offre un’importante lezione pratica: un accordo sulla pena non implica automaticamente l’accesso a benefici come le pene sostitutive. Il giudice rimane il perno della decisione sanzionatoria e deve effettuare una valutazione autonoma e approfondita sull’adeguatezza della pena al singolo caso concreto. La presenza di precedenti penali, anche se non recentissimi, unita alla gravità e pluralità dei nuovi reati, costituisce un valido fondamento per escludere l’applicazione di misure alternative al carcere, qualora si ritenga che queste non siano sufficienti a garantire la rieducazione del condannato e a proteggere la collettività dal pericolo di recidiva.

Un accordo sulla pena in appello (concordato) obbliga il giudice a concedere la pena sostitutiva?
No. La sentenza chiarisce che se l’accordo tra le parti riguarda solo l’entità della pena detentiva, il giudice mantiene piena autonomia nel decidere se concedere o meno la sostituzione della pena, valutando l’idoneità della misura al caso specifico.

Quali elementi può considerare il giudice per negare una pena sostitutiva come i lavori di pubblica utilità?
Il giudice può basare la sua decisione su una valutazione complessiva della personalità del condannato, che include i precedenti penali (anche se risalenti), la recidiva, la pluralità dei reati commessi e ogni altro elemento utile a formulare un giudizio sulla sua pericolosità sociale e sulle probabilità di rieducazione.

La presenza di precedenti penali è sempre un ostacolo alla concessione della pena sostitutiva?
Non è un ostacolo automatico, ma un elemento di grande rilevanza. La sentenza sottolinea che i precedenti penali, valutati insieme ad altri fattori come la natura dei nuovi reati, possono legittimamente indurre il giudice a ritenere la pena sostitutiva non idonea a prevenire la commissione di futuri crimini e a favorire la rieducazione del condannato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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