Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 3398 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 3398 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 30/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a NAPOLI il 19/08/1965
avverso la sentenza del 27/02/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; ·
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Trattazione scritta
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Bologna ha confermato la condanna, resa dal Tribunale in sede, in data 12 giugno 2023, nei confronti di NOME COGNOME alla pena di mesi uno di arresto in relazione al reato di cui all’art. 76 comma 3 d. Igs. 159 del 2011, commesso in Casalecchio di Reno il 7 agosto 2021.
L’imputato propone tempestivo ricorso per cassazione, per il tramite del difensore, avv. NOME COGNOME affidandosi ad un unico motivo, con il quale si lamenta errata applicazione degli artt. 545-bis cod. proc. pen. e 58 legge 689 del 1981, nonché mancanza e contraddittorietà della motivazione.
La motivazione posta alla base della decisione, di non procedere neppure con la richiesta del consenso alla sostituzione della pena erogata con sanzione sostitutiva diversa da quella pecuniaria, non rispetta il disposto normativo; richiamati i testi delle norme di riferimento, artt. 545-bis cod. proc. pen. e 58 legge 689 del 1981, la Difesa si duole che il Giudice, anziché valutare gli effetti rieducativi e preventivi che possono attendersi dalla pena sostitutiva, abbia erroneamente previsto il mancato rispetto delle prescrizioni connesse alle misure sostitutive da parte del Verde, desumendolo dai precedenti penali del medesimo che, tuttavia, non sono gravi, dal momento che alcune condanne sono state scontate in regime di detenzione domiciliare o affidamento in prova al servizio sociale, con pieno rispetto dei limiti imposti.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha fatto pervenire requisitoria scritta, con la quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Con memoria la difesa ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
L’art. 545 bis cod. proc. pen., introdotto con il D. Lgs 150 del 2022 e in vigore dal 30 dicembre 2023, prevede che, quando la pena detentiva applicata sia contenuta nei quattro anni, il giudice, se ritiene che ricorrano le condizioni, avvisa le parti della possibilità che sia disposta una pena sostitutiva tra quelle previste dell’art. 53 L. 681 del 1989. La norma non prevede alcuna sanzione né il caso in cui il giudice
ometta di procedere in tal senso configura una delle nullità di ordine generale di cui all’art. 178 cod.. proc. pen.
La possibilità di provvedere come previsto, cioè di avvisare le parti, dopo la lettura del dispositivo, della possibilità che sia applicata una pena sostitutiva, infatti, è rimessa alla discrezionalità del giudice di merito, tenuto, in prima battuta, a verificare se ricorrano le condizioni previste per la sostituzione.
È stato a tale proposito recentemente affermato il principio, cui va data continuità, che «in tema di sanzioni sostitutive di pene detentive brevi, il giudice non è tenuto a proporre, in ogni caso, all’imputato l’applicazione di una pena sostitutiva, essendo investito di un potere discrezionale al riguardo, sicché l’omessa formulazione, subito dopo la lettura del dispositivo, dell’avviso di cui all’art. 545-bis, comma 1, cod. proc. pen., non comporta la nullità della sentenza, presupponendo un’implicita valutazione dell’insussistenza dei presupposti per accedere alla misura sostitutiva» (Sez. 1, n. 2090 del 12/12/2023, dep. 2024, Rv. 285710 – 01).
Nel caso in esame, peraltro, la Corte d’appello ha, con GLYPH motivazione adeguata, esplicitato le ragioni per le quali ha ritenuto di non dare gli avvisi di cui al novellato art. 545-bis, comma 1, cod. proc. pen., non ricorrendo le condizioni per sostituire la pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui all’art. 53 legge 689 del 1981, osservando, nello specifico, come «alla luce dei criteri di cui all’art. 133 c.p. come richiamati dall’art. 58 L. 689/81 ed in particolare della capacità delinquenziale del prevenuto, desunta dai plurimi precedenti a suo carico anche per la medesima violazione per cui si procede, non può farsi alcun affidamento in ordine al rispetto da parte dello stesso delle prescrizioni connesse alle sanzioni sostitutive né sussistono i presupposti per applicare la pena pecuniaria sostitutiva in quanto inidonea alla rieducazione del condannato e ad assicurare la prevenzione dal pericolo di commissione di ulteriori reati».
Ricordato a tale proposito che «in tema di sanzioni sostitutive, l’accertamento della sussistenza delle condizioni che consentono di applicare una delle sanzioni sostitutive della pena detentiva breve, previste dall’art. 53 I. n. 689 del 1981, costituisce un accertamento di fatto, non sindacabile in sede di legittimità, se motivato in modo non manifestamente illogico» (Sez. 1, n. 35849 del 17/05/2019, Rv. 276716 – 01), deve concludersi che la motivazione resa dalla Corte territoriale nell’impugnata sentenza, coerente ed esente da palesi illogicità, non è sindacabile in questa sede, senza che i mancati avvisi di cui all’art. all’art. 545-bis, comma 1, cod. proc. pen., per quanto sopra già evidenziato, determini la nullità della sentenza.
Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, e il ricorrente deve essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese
processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nel ricorso (Corte Cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 30/10/2024