Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 36431 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 36431 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DI NOME COGNOME NOME nato a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/05/2025 della CORTE di APPELLO di MESSINA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio limitatamente al terzo motivo di ricorso concernente l’omessa pronuncia in relazione alla pena pecuniaria ex art. 20bis cod. pen. e il rigetto nel resto;
udito l’AVV_NOTAIO , per il ricorrente, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso .
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza resa in data 2 maggio 2025 la Corte d’ appello di Messina, in parziale riforma della sentenza emessa il 15 marzo 2024 dal Tribunale di Patti, riduceva la pena inflitta all’imputato COGNOME NOME nella misura di mesi tre di reclusione con il beneficio della sospensione condizionale in relazione al contestato reato di appropriazione indebita.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, chiedendone l’annullamento e articolando tre motivi di doglianza.
2.1. Con il primo motivo deduceva violazione degli artt. 111 Cost., 125, 192, 533, 546, 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., 43 e 646 cod. pen.
Assumeva che la Corte d’ appello non si era confrontata con le deduzioni difensive relative alla non configurabilità della condotta di appropriazione indebita di un documento, non potendo questo essere ricondotto nella nozione di cosa mobile altrui, nonch é al fatto che l’imputato non avrebbe mai potuto trarre un profitto dalla mancata restituzione dei documenti indicati nell’imputazione .
Quanto all’appropriazione del gruppo elettrogeno , la difesa deduceva che la interversione del possesso era stata dalla Corte di merito ritenuta sulla scorta di mere congetture, quali il fatto che l’imputato avrebbe utilizzato il bene nella propria attività d’impresa e la circostanza che egli avesse ne avesse effettivamente la necessità; al riguardo, assumeva che non vi era prova di un atto di interversione del possesso tale da esteriorizzare in maniera inequivocabile la volontà da parte dell’imputato di modificare il titolo del possesso.
2.2. Con il secondo motivo deduceva violazione degli artt. 111 Cost., 125, 192, 533, 546, 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., 131bis e 646 cod. pen.
Assumeva che la Corte d’ appello aveva rigettato la richiesta di assoluzione dell’imputato per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131 -bis cod. pen. rendendo al riguardo una motivazione illogica e contraddittoria, considerato che gli stessi elementi di valutazione di cui all’art. 133 cod. pen., per un verso, erano stati ritenuti idonei a giustificare la conferma della concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena e, per altro verso, erano stati ritenuti inidonei a fondare una pronuncia di assoluzione per particolare tenuità del fatto.
2.3. Con il terzo motivo deduceva violazione degli artt. 111 Cost., 125, 533, 546, 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., 646 cod. pen. 53 e 56quater della legge n. 689/1981, assumendo che, a fronte di una specifica richiesta, formulata con l’atto di appello, di conversi one della pena inflitta nella pena
pecuniaria sostitutiva, la Corte territoriale, con la sentenza impugnata, non aveva fornito alcuna risposta.
Deduceva in proposito che, nonostante l’imputato avesse beneficiato del beneficio della sospensione condizionale della pena, lo stesso aveva comunque interesse a una pronuncia in relazione alla richiesta di applicazione di una pena sostitutiva, per il caso in cui il detto beneficio di cui all’art. 163 cod. pen. fosse stato, nel futuro, revocato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è inammissibile.
Si deve premettere che l a Corte d’ appello, con la sentenza impugnata (v. pag. 4), ha ritenuto l’insussistenza del reato di appropriazione indebita in relazione ai documenti amministrativi indicati nell’imputazione costituiti da visure di immobili e documenti relativi alla proprietà immobiliare di COGNOME NOME.
Quanto al gruppo elettrogeno il motivo è non consentito in quanto teso a una rivalutazione nel merito delle prove assunte, inammissibile nella presente sede.
La doglianza, invero, risulta sostanzialmente orientata a sollecitare una rivisitazione meramente fattuale delle risultanze processuali, poiché imperniata sul presupposto di una valutazione alternativa delle fonti di prova, in tal guisa richiedendo l’esercizio di uno scrutinio improponibile in questa sede, a fronte della linearità e della logica conseguenzialità che caratterizzano la scansione delle sequenze motivazionali dell’impugnata decisione. Sotto tali profili, dunque, il ricorso non è volto a rilevare mancanze argomentative ed illogicità ictu oculi percepibili, bensì ad ottenere un non consentito sindacato su scelte valutative compiutamente giustificate dal giudice di appello, che ha adeguatamente ricostruito il compendio storico-fattuale posto a fondamento dei temi d’accusa enucleati con riferimento alle condotte oggetto dei rispettivi capi d’imputazione in narrativa richiamati.
Si è dinanzi, in definitiva, ad un quadro argomentativo logicamente articolato nelle premesse e nelle relative conclusioni, esulando, come è noto, dai poteri di questa Suprema Corte quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la
mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali dal ricorrente ritenute più adeguate (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944 – 01).
La Corte di legittimità, infatti, non può sostituire una propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di giudizio, dovendo saggiare la tenuta logica della pronuncia sottoposta alla sua cognizione senza oltrepassare i limiti di un accertamento della coerenza strutturale della sentenza in sè e per sè considerata, accertamento che deve necessariamente condursi alla stregua degli stessi parametri valutativi che geneticamente le danno corpo, ancorché questi siano, in ipotesi, sostituibili da altri. L’indagine sul discorso giustificativo della decisione impugnata, pertanto, ha un orizzonte percettivo delimitato al riscontro dell’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari temi ivi apprezzati, non potendosi mai sovrapporre nella verifica dell’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è giovato per sostenere il suo convincimento o della loro rispondenza alle acquisizioni processuali. L’illogicità della motivazione come vizio denunciabile deve essere, per ciò, inevitabilmente palese e di immediata riconoscibilità, cioè di spessore e consistenza tali da emergere ictu oculi .
Nel caso di specie, invero, l’adeguatezza e logicità (nel senso appena specificato) della motivazione della sentenza impugnata non sono state minimamente aggredite dal ricorrente, limitatosi a prospettare critiche sulle valutazioni dalla Corte d’appello rese in ordine alla fondatezza ed ai risultati del materiale probatorio sottoposto al suo esame, delineandone, tuttavia, una diversa ed alternativa lettura, la cui rivisitazione, come già osservato, non è in alcun modo percorribile in questa sede.
Del pari inammissibile, in quanto manifestamente infondato, è il secondo motivo.
La Corte territoriale, invero, ha reso una motivazione immune da vizi in relazione alla ritenuta non applica bilità al caso di specie dell’istituto previsto dal l’art. 131 -bis cod. pen., considerando il ‘ non scarso valore economico ‘ (v. pag. 6 del provvedimento impugnato) del bene sottratto alla parte civile, ciò che le aveva impedito di destinare il detto bene ad ausilio degli impianti agricoli di sua proprietà.
Del resto, nessuna contraddizione emerge per il fatto che il giudice del merito ha negato l’applicazione dell’ art. 131bis cod. pen. e, nel contempo, ha
concesso all’imputato il beneficio della sospensione condiz ionale della pena, considerato che i due istituti hanno presupposti di applicazione del tutto diversi, ciò che emerge dalla semplice lettura delle norme di riferimento (cfr., in termini, Sez. 2, n. 31861 del 28/09/2020, Muleta, Rv. 279818 – 01, secondo cui il mancato riconoscimento della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto è compatibile con la concessione della sospensione condizionale della pena, atteso che il beneficio di cui all’art. 163 cod. pen. pone l’accento sulla pena in concreto irrogata e su una prognosi favorevole di non ricaduta nel delitto, ossia su requisiti che non richiedono che il fatto sia lieve).
3. Diversamente, è fondato il terzo motivo di ricorso.
Secondo il consolidato orientamento del Giudice di legittimità, condiviso da questo Collegio, in tema di pene sostitutive di pene detentive brevi, la disposizione di cui all’art. 61bis legge 24 novembre 1981, n. 689, che ne esclude la cumulabilità con la sospensione condizionale della pena e che, per effetto della norma transitoria di cui all’art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, risulta applicabile anche in relazione a procedimenti penali pendenti in primo grado o in grado di appello, dev’essere ritenuta meno favorevole rispetto a quella integrante il regime previgente, che prevedeva, viceversa, la cumulabilità con l’anzidetto beneficio, ove le sanzioni alternative -come nella fattispecie -fossero state concretamente applicabili (Sez. 4, n. 26557 del 20/06/2024, COGNOME, Rv. 286677 -01; v. anche, Sez. 5, n. 45583 del 03/12/2024, COGNOME, Rv. 287354 – 01, secondo cui, in tema di pene sostitutive di pene detentive brevi, il divieto di farne applicazione nei casi in cui sia disposta altresì la sospensione condizionale della pena, previsto dall’art. 61bis , legge 24 novembre 1981, n. 689, introdotto dall’art. 71, comma 1, lett. i), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, non si estende ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore di tale ultima disposizione, trovando applicazione, per la natura sostanziale della previsione con essa introdotta, il disposto di cui all’art. 2, comma quarto, cod. pen., che, in ipotesi di successione di leggi penali nel tempo, prescrive l’applicazione della norma più favorevole all’imputato).
Nella sentenza ‘ COGNOME ‘ si afferma infatti che ‘… q uesta Corte ha … enunciato i principi in base ai quali la sostituzione della pena detentiva con la corrispondente pena pecuniaria fosse compatibile con il beneficio della sospensione condizionale della pena, poiché l’interessato è portatore di un interesse giuridicamente rilevante ad ottenere entrambi i benefici; invero, in
ipotesi di eventuale revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena, il condannato che abbia ottenuto la sostituzione della pena detentiva irrogatagli con la corrispondente pena pecuniaria sarebbe sottoposto all’esecuzione non della pena detentiva, ma soltanto della pena pecuniaria, come determinata in sede di conversione, con conseguente trattamento sanzionatorio meno afflittivo (Sez. 3, n. 46458 del 22/10/2009, COGNOME, Rv. 245618 – 01; Sez. 2, n. 40221 del 10/07/2012, COGNOME, Rv. 253447 – 01; Sez. 4, n. 46157 del 24/11/2021, Solazzo, Rv. 282551 – 01) ‘ .
In applicazione del principio sopra richiamato, essendo stato il fatto qui in trattazione commesso nel mese di gennaio 2022, e dunque anteriormente all’entrata in vigore dell’art. 61bis , legge 24 novembre 1981, n. 689, introdotto dall’art. 71, comma 1, lett. i), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, nel caso di specie trova applicazione il regime previgente, che prevedeva la cumulabilità della sostituzione della pena con l’applicazione del beneficio di cui all’art. 163 cod. pen.
Deve pertanto ritenersi sussistente la denunciata violazione di legge.
Per le ragioni esposte la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente alla richiesta di conversione della pena, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di Messina; nel resto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla richiesta di conversione della pena, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di Messina. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso il 07/10/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME