Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 47285 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 47285 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a ROMA il 31/08/1973
avverso la sentenza del 26/04/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente alla sostituibilità della pena detentiva, con declaratoria di irrevocabilit dell’affermazione di responsabilità.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 26 aprile 2024, la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma in data 27 marzo 2023, pronunciata all’esito di un rito abbreviato, con la quale NOME COGNOME era stato condannato alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione in quanto riconosciuto colpevole, esclusa la recidiva e con la diminuente del rito, del reato di cui agli artt. 497-bis, primo comma, cod. pen., per essere stato trovato in possesso di una carta d’identità elettronica, rilasciata a tale NOME COGNOME nella quale risultava apposta la sua fotografia; fatto accertato in Roma il 6 marzo 2023.
Quanto, poi, alla circostanza, evidenziata dalla Corte territoriale, che Giovinazzo non fosse in grado di sostenere un programma terapeutico, il Giudice di appello avrebbe trascurato la documentazione allegata all’atto di appello e rilasciata dall’Ufficio responsabile della redazione del programma trattamentale, che si sarebbe espresso in termini favorevoli all’imputato. Tale omissione avrebbe dato luogo a una motivazione non solo illogica, ma addirittura fisicamente assente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati.
Va premesso che, nel caso di specie, il Tribunale aveva inizialmente disposto, ai sensi dell’art. 20-bis cod. pen., la sospensione del procedimento, finalizzata a consentire all’UIEPE competente la predisposizione di un programma trattamentale necessario per l’esecuzione dei lavori sostitutivi di pubblica utilità. Nelle more, dopo che, secondo quanto si evince dalla documentazione allegata al ricorso, COGNOME aveva preso contatto con l’UIEPE, il quale aveva attestato l’atteggiamento collaborativo dallo stesso tenuto, egli era stato attinto da una misura custodiale cautelare nell’ambito di altro procedimento, per alcuni reati analoghi a quelli oggetto del presente giudizio, sicché il percorso finalizzato alla redazione del programma era stato interrotto. Conseguentemente, con ordinanza del 30 gennaio 2024, lo stesso Tribunale aveva revocato la sospensione del procedimento, conclusosi, nel merito, con la condanna dell’imputato. Nell’affrontare uno specifico motivo di appello sul punto, la Corte’ di appello ha ritenuto che la revoca fosse giustificata dalla personalità dell’imputato, non in grado di sostenere proficuamente un percorso di reinserimento non custodiale in relazione alla concreta possibilità per lo stesso di eseguire la pena sostituiva «con resipiscenza e con efficacia deterrente rispetto ad analoghe condotte».
Il procedimento finalizzato all’eventuale applicazione della pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità sostitutivo è disciplinato dall’art. 545-bis cod. pro pen., rubricato «condanna a pena sostitutiva». Tale articolo, nella formulazione vigente al momento della decisione e, dunque, antecedente alla recente modifica operata dall’art. 2, comma 1, lett. u), d.lgs. 19 marzo 2024, n. 31, prevedeva un eventuale momento bifasico, nel senso che il giudice, ai sensi del comma 1, dopo avere applicato una pena detentiva non superiore a quattro anni, subito dopo la lettura del dispositivo, il giudice, doveva dare avviso alle parti della possibilità sostituire la pena detentiva con una delle pene di cui all’art. 53, legge 24 novembre 1981, n. 689 e, in caso di consenso da parte dell’imputato, sentito il pubblico ministero, doveva procedere, quando non fosse possibile decidere immediatamente, alla fissazione di una apposita udienza, non oltre sessanta giorni, previa sospensione del processo. Nell’arco temporale precedente alla celebrazione dell’udienza, dovendo acquisire gli elementi di fatto necessari al giudizio sulla sostituzione ai sensi dell’art. 58, legge 24 novembre 1981, n. 689 e ai fini della determinazione degli obblighi e delle prescrizioni relative, il comma 2 stabiliva (e tutt’ora stabilisce) che il giudice può acquisire dall’ufficio di esecuzio penale esterna e dalla polizia giudiziaria le informazioni ritenute necessarie in
relazione alle condizioni di vita, personali, familiari, sociali, economiche e patrimoniali dell’imputato; e può richiedere, altresì, all’ufficio di esecuzione penale esterna, il programma di trattamento del lavoro di pubblica utilità con la relativa disponibilità dell’ente, potendo le parti depositare documentazione presso lo stesso ufficio di esecuzione penale esterna. Una volta acquisiti gli atti, i documenti e le informazioni di cui ai commi precedenti, il comma 3 prevedeva che all’udienza fissata, sentite le parti presenti, il giudice, ove sostituisse la pena detentiva integrasse il dispositivo indicando la pena sostitutiva con gli obblighi e le prescrizioni corrispondenti, confermando il dispositivo nel caso contrario, in cui la sostituzione non fosse stata disposta.
3.1. Nel caso di specie, come detto, nella fase successiva alla sospensione del processo e in vista dell’udienza in esito alla quale il giudice doveva decidere sulla eventuale sostituzione della pena detentiva originariamente inflitta, l’istruttoria svolta ha registrato l’avvenuta esecuzione di una misura cautelare per una serie di ulteriori episodi di falsificazioni documentali. E tale sopravvenienza è stata valorizzata dal Tribunale monocratico, in maniera determinante, al momento della decisione finale sulla sostituzione della pena, che non è stata disposta.
Secondo quanto emerge dall’ordinanza in data 30 gennaio 2024, l’esecuzione della misura cautelare non ha costituito, in sé, la ragione formale della mancata sostituzione. E ciò per la ragione che l’eventuale sottoposizione dell’imputato a misura cautelare per altra causa non è ostativa alla eventuale sostituzione, come non lo è l’attuale esecuzione di una misura alternativa alla detenzione (Sez. 1, n. 13133 del 07/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286129 – 01; Sez. 1, n. 11950 del 02/02/2024, Maggio, Rv. 285989 – 01), né persino l’espiazione di una pena detentiva (Sez. 1, n. 19776 del 05/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286400 – 01), poiché il giudice deve decidere in via autonoma sulla domanda di sostituzione, valutando unicamente se sussistano i presupposti richiesti dalla legge per il suo accoglimento, potendo eventuali problemi derivanti dalla coesistenza di più titoli possono essere risolti in sede esecutiva, nei modi indicati dall’art. 70 legge 24 novembre 1981, n. 689.
Né una ragione ostativa alla mancata sostituzione ha potuto essere rappresentata dalla circostanza che, per effetto della sottoposizione alla misura cautelare, COGNOME non abbia potuto recarsi presso gli uffici dell’UIEPE per partecipare alla fase istruttoria propedeutica alla predisposizione del programma. In disparte che egli avrebbe ben potuto essere autorizzato dal giudice della cautela a presenziare ai relativi incontri, va infatti ricordato che nel caso di mancata produzione del programma di trattamento, la cui elaborazione sia stata ritualmente chiesta all’ufficio di esecuzione penale, incombe comunque sul giudice l’obbligo di sollecitare l’ente competente al fine di acquisire gli elementi utili ai f della decisione (Sez. 6, n. 21929 del 23/04/2024, Rv. 286486 – 01). Dunque, il
riferimento contenuto nell’ordinanza, all’impossibilità, attestata dall’UIEPE con la nota in data 29 gennaio 2024, di elaborare il programma a causa dell’ordinanza di applicazione della misura cautelare, deve essere inteso non in senso letterale, ma unicamente come dato informativo, privo di qualunque connotazione preclusiva.
Per tali ragioni, la mancata sostituzione è stata determinata, nella specie, nella acquisizione di informazioni, tratte dal procedimento cautelare, che sono state rilevanti nell’ambito del giudizio prognostico che l’art. 58, legge n. 689 del 1981 pone a carico del giudice, il quale è chiamato a verificare se le pene sostitutive risultino idonee alla rieducazione del condannato, se assicurino, anche attraverso opportune prescrizioni, la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati, se non sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato. Una valutazione, questa, che la giurisprudenza di legittimità ha sempre ritenuto, con riferimento alle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi originariamente previste dalla legge 24 novembre 1981, n. 681, debba essere compiuta alla stregua dei criteri dettati dall’art. 133 cod. pen. (Sez. 1, n. 25833 del 23/04/2012, Testi, Rv. 253102 – 01; Sez. 2, n. 25085 del 18/06/2010, COGNOME, Rv. 247853 – 01), in particolare prendendo in considerazione le modalità del fatto per il quale è intervenuta condanna e la personalità del condannato, pur senza dovere esaminare tutti i parametri contemplati nella suddetta previsione, potendo la sua discrezionalità essere esercitata motivando sugli aspetti ritenuti decisivi in proposito, quali l’inefficacia della sanzione (Sez. n. 10941 del 26/01/2011, Orabona, Rv. 249717 – 01), potendo la decisione essere censurata sotto il profilo degli ordinari vizi della motivazione di cui all’art. 60 comma 1, lett. e), cod. proc. pen. e, dunque, sottraendosi la conclusione raggiunta, se adeguatamente motivata, ad ogni sindacato in sede di legittimità (Sez. 1, n. 2328 del 22/05/1992, COGNOME, Rv. 191311 – 01; Sez. 1, n. 326 del 24/01/1992, COGNOME, Rv. 189611 – 01).
4. Tanto premesso, nel caso di specie, l’ordinanza emessa nel giudizio di primo grado aveva evidenziato come con provvedimento in data 15 dicembre 2023 Giovinazzo fosse stato raggiunto da una misura cautelare applicata in relazione a 7 capi d’imputazione, tutti sostanzialmente coevi ai capitikoggetto del presente processo. Muovendo dall’ordinanza cautelare genetica, il Tribunale ha espresso a carico dell’imputato un giudizio di professionalità nella realizzazione dei reati, caratterizzati dalla riproposizione del medesimo schema operativo; e, su tale base, ha ritenuto di non poter formulare una prognosi favorevole in vista della sostituzione della pena detentiva.
Tale ordinanza era stata fatta oggetto di specifica censura con l’atto di appello, ove la difesa di COGNOME aveva rilevato che la reggente dell’Ufficio aveva dato atto di come egli, nonostante le difficoltà iniziali di contatto, avesse in seguit
mostrato spirito di collaborazione in occasione dei colloqui e della visita domiciliare, nel corso della quale era emersa una difficile situazione esistenziale e socio-familiare, tanto da segnalarne la condizione ai competenti servizi sociali.
Per questa via, la motivazione della sentenza di secondo grado presenta profili di rilevante illogicità, laddove essa ha confermato la precedente statuizione richiamando, da un lato, la sottoposizione dell’imputato alla misura custodiale disposta nell’ambito di altro giudizio e, dall’altro lato, la proclività a delinquere del soggetto e la sua inidoneità a sostenere proficuamente un percorso di reinserimento alternativo a quello custodiale; e, dunque, senza compiere una specifica analisi sulla natura dei reati per i quali è stata applicata la misura sull’epoca della relativa commissione, difettando il negativo giudizio prognostico di una compiuta valutazione della condotta susseguente al reato e delle attuali condizioni di vita dell’imputato. Tanto più che, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, ai fini della prognosi negativa ai sensi dell’art. 58, giudice di merito non deve limitarsi a indicare il fattore cui abbia attribuito valenza ostativa alla sostituzione, ma deve correlare tale elemento al contenuto della specifica sanzione sostitutiva invocata, fornendo adeguata motivazione in ordine alla sua negativa incidenza sull’adempimento delle prescrizioni che ad essa ineriscono (Sez. 6, n. 40433 del 19/09/2023, Diagne, Rv. 285295 – 01).
Appare, pertanto, necessario che il Giudice di merito si pronunci nuovamente sulla questione della eventuale applicabilità della pena sostitutiva, ben potendo l’istruttoria eventualmente necessaria ai fini della sua concreta applicazione essere effettuata anche dalla Corte di appello (Sez. 6, n. 14035 del 20/02/2024, F., Rv. 286216 – 01).
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto, sicché la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio, per nuovo giudizio, ad altra Sezione della Corte di appello di Roma.
PER QUESTI MOTIVI
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Roma.
Così deciso in data 24 ottobre 2024
Il Consigliere estensore
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Il Presidente